Tutto è fermo con il Covid, anche il basket. C’è però un doc, che si può vedere sulla piattaforma Mymovies con l’iniziativa #Iorestoinsala (www.liveticket.it/saladegliartisti), che ci racconta questo meraviglioso sport. E’ Sisterhood di Domiziana De Fulvio, storia di tre squadre femminili di pallacanestro. Tutte donne, a Beirut, a Roma e a New York, che hanno in comune la passione per questo sport considerato solo per uomini.

Come è nata l’idea di questo film? “Ho conosciuto per motivi diversi tutte e tre le squadre. In quella di Roma giocavo anche. Avevo voglia di raccontare questa mia esperienza facendo incontrare queste tre realtà sullo schermo”, risponde la regista, qui al suo primo film.

Nel doc emerge chiaramente che mentre le donne accolgono, viceversa gli uomini, nel basket così come nel calcio, si pongono ancora in modo piuttosto respingente verso le giocatrici di sesso opposto.

“Tra le donne ho trovato una grande sorellanza- racconta-. Sisterhood è uno stile di vita, sta a significare il loro fare gruppo. Non tutte le donne però sono così, alcune non sono accoglienti. I maschi invece spesso sono molto competitivi e poco aperti verso chi arriva dall’esterno. Anche nel basket non professionistico, in quello amatoriale per intenderci, vogliono apparire e vincere più che godersi il gioco tra amici. Tutto è incentrato sul momento finale. Tra noi donne invece l’elemento principale è quello del divertimento”.

Un doc che ci racconta cosa significa essere una “sista”, ovvero una sorella nella cultura nera, e che si sviluppa attraverso la storia di tre squadre di basket, composte da gruppi di donne, che, con o senza il velo, nere o bianche, di quindici o di quarant’anni, mettono quotidianamente nei campi (di strada) un’ accesa e vitale sfida agli stereotipi e ai discrimini.

“La cultura di strada ha contribuito alla mia formazione tra film, arte e vita vera- dice Domiziana De Fulvio-. Ha suscitato in me l’interesse sui vari aspetti dell’aggregazione di gruppi femminili. In questi anni in cui i movimenti di donne come Ni Una Menos o Me too, solo per citare i più conosciuti, stanno contribuendo a costruire una rete internazionale di confronto e solidarietà sulla condizione delle donne, alcune realtà sportive e informali costituiscono presidi di resistenza contro la violenza maschile verso le donne, le forme di violenza di genere e le marginalizzazioni sociali e rappresentano un forte impulso verso la trasformazione della società”.