È in gran forma Gerard Butler nel presentare a Roma Geostorm, il suo nuovo disaster movie (diretto da Dean Devlin) che racconta una storia tra la fantascienza e lo spionaggio, in cui il riscaldamento globale e le sue disastrose conseguenze sul pianeta Terra si mescolano con un complotto per sabotare la stazione spaziale internazionale che controlla gli effetti del maltempo.

Butler, simpatico e disponibile, che interpreta lo scienziato anticonformista che ha creato la stazione, non può negare che Geostorm sia anche un film politico: “Viste le posizioni di Trump e la trama del film è difficile non pensare che questo sia anche un film “impegnato”. Ma è stato concepito ben prima che Trump pensasse di candidarsi alla presidenza degli USA. È chiaro che dopo la decisione di uscire dall’accordo di Parigi e le tempeste estive, è inevitabile dare una valenza politica e credo che per porre rimedio alla situazione attuale bisognerebbe pensare politiche molto diverse: i governi non dovrebbero allontanarsi ma allearsi per ricorrere a tutte le possibili tecnologie”. Anche perché il vero messaggio politico del film di Devlin è proprio nell’unità, come ribadisce l’incipit del film in cui si racconta la creazione della stazione spaziale, un’alleanza internazionale gestita da USA e Cina, le due principali potenze mondiali.

Nel film Butler ha meno spazio per l’azione, se non circoscritta dentro l’astronave, e lascia corse e sparatorie al fratello Jim Sturgess sulla Terra, ciò non toglie che il suo scienziato sia più un cowboy dello spazio che un cervellone. Ma anche da cowboy grezzo e dai modi spicci, Butler ha le idee chiare sul film e sul motivo per cui l’ambiente sia il vero filo conduttore della fantascienza degli ultimi 10/15 anni: “Credo sia vero e sia normale, anche perché è il tema che più sentiamo come urgente tra quelli di attualità e che si legano di più al racconto scientifico. Visto che la situazione in cui siamo è causata dagli errori dell’uomo, l’uomo è l’unico che può e deve porvi rimedio. Tra l’altro, in Geostorm si immagina una realtà (il 2019, anticipato rispetto al 2030 che prevedeva la sceneggiatura originale) in cui è già troppo tardi e si può solo cercare di limitare i danni”.

Ama ovviamente l’Italia, come molti attori anglosassoni (“Appena sono sceso dall’aereo ho pensato: ‘Perché vivo a Los Angeles quando potrei vivere qui?”) e ama il cinema di Paolo Sorrentino, sebbene sia ironicamente deluso dal non essere stato scelto per interpretare Berlusconi, Butler è uno specialista del cinema d’azione, sebbene ami passare per i vari generi, come i suoi ruoli in varie commedie romantiche dimostrano: ”Ci sono vari fattori che prendo in considerazione nello scegliere un film: il regista, i colleghi del cast, la storia, i luoghi, ma anche e soprattutto cosa ho fatto prima. Metto insieme questi elementi e decido. Per esempio ho fatto da poco un thriller psicologico, Keepers, in cui interpreto un personaggio borderline, girato in condizioni climatiche estreme, molto diverso da Geostorm che è divertente, avveniristico. E in Keepers ho girato con Peter Mullan, un attore scozzese fenomenale. È stato lui il motivo per cui ho accettato quel film”. Chiude con la Scozia, suo paese natale, Butler e con quell’orgoglio “britannico” che emerge anche da Geostorm, seppure in salsa global.