Gli scappa. E più forte di loro. Non si trattengono. Non ce la fanno. Prima o poi, i divi di Hollywood fanno la faccia brutta, cattiva. Alcuni si spingono anche oltre, e fanno piangere. Questa "tentazione", questa sorta di "abbrutimento professionale" non prende tutte le star maschili. O meglio, prende molti ma in particolare i buoni, che prima o poi nella loro carriera devono diventare anche brutti e cattivi. L'ultimo di questa "sporca dozzina" è Tom Cruise. Nella mani di Michael Mann, il divo di Top Gun subisce una decisa mutazione: capello brizzolato, barba incolta, occhiale scuro anche di notte, pistola sotto la giacca, coltello sempre a portata di mano e parolaccia facile, si aggira nella notte di Los Angeles alla ricerca di vittime. Il suo ruolo è quello di Vincent, un killer di quelli davvero cattivi, che deve ammazzare cinque persone. Come vuole il manuale "lombrosiano" del perfetto assassino, Vincent lascia sempre il suo sigillo: due colpi di pistola allo sterno e uno in mezzo alla fronte. Non ride mai, non parla mai di se stesso, non prova sentimenti. Insomma, davvero "tosto". Niente male per uno come Cruise che in passato si era quasi fatto ammazzare a furia di fare il buono e difendere cause perse, dai samurai giapponesi in pericolo di estinzione agli emigranti irlandesi in cerca di fortuna nel nuovo mondo. Ma il divo, appunto, è solo l'ultimo di una lunga schiera di colleghi "buoni" che hanno ceduto al fascino del male. Anche letteralmente. Al Pacino, ad esempio, è uno che in carriera, a dire il vero, ne ha fatte di cotte e di crude. Però qualche anno fa si è superato interpretando il demonio in persona il L'avvocato del diavolo. E basta chiedere al povero Keanu Reeves, che nel film subiva ogni tipo di angheria, se la prova di Pacino era convincente. Bruce Willis è un altro attore che le ha prese di santa ragione per fare il buono, basta citare la serie Die Hard. Poi, improvvisamente, si è stufato ed è diventato Jackal. In The Jackal, appunto, Willis era uno dei più cattivi killer in circolazione. Basti pensare che per farlo fuori hanno dovuto chiamare non uno a caso, ma a l'ex gigolo, l'ex Lancillotto: Richard Gere. Pure lui, in realtà, si è "sporcato le mani". E in modo davvero ammirevole: subito dopo il successo mondiale e buonista di Pretty Woman (anche se era pur sempre uno spietato business man che comprava l'amore) ha fatto la parte del cattivo e corrotto in Affari sporchi. E buonanotte alla buona reputazione. Forse ha pensato la stessa cosa John Travolta, attore dato per morto e risorto, che era davvero bastardo in Face/off di John Woo. Non si sa se la cattiveria nobilita artisticamente, ma Arnold Schwarzenegger ci ha provato anche se solo per gioco: in Batman, Schwarzy era Mr. Freeze, tenace avversario dell'uomo pipistrello. E che dire di Robin Williams, proprio lui. Uno che ha fatto piangere milioni di fan nei panni del professor Keating de L'attimo fuggente, che è stato Peter Pan e Patch Adams, in un attimo è diventato uno psicopatico in One Hour Photo, uno dei casi in cui il buono diventa cattivo e fa anche piangere! Tralasciando Anthony Hopkins, ormai un tutt'uno con il professor Hannibal Lecter, la Hollywood dei buoni ha "perso" anche se temporaneamente altri due nomi di spicco: Harrison Ford e Tom Hanks. Il primo, forse stanco delle fatiche di Indiana Jones, era quasi feroce in Le verità nascoste, dove tra l'altro era si macchiava della terribile colpa di tradire una moglie come Michelle Pfeiffer. Forrest Gump, invece, prima di partire per l'isola deserta di Cast Away (prima, ma molto prima di quelli de L'isola dei famosi) ha imbracciato il mitra al servizio della mafia in Era mio padre. Ma perché un divo popolare e buono decide di diventare cattivo? Forse bisognerebbe chiederlo a Michael Douglas, esperto di Delitto perfetto. Certamente la risposta potrebbe darla Denzel Washington, che ridendo e scherzando ha fatto la faccia brutta in Training Day, ci ha rimesso le penne (nel film), ma almeno ha portato a casa un Oscar.