La voce è quella del discorso di chiusura del Festival dell'Unità di Torino nel 1984. Il corpo magro e lievemente piegato su se stesso e il volto segnato dal dolore, quelli del tragico comizio di Padova nel 1984 durante il quale Berlinguer fu colpito da ictus. Immagini terribili, eppure  testimonianza di una forza interiore da far impallidire qualsiasi politico italiano dei nostri giorni. Nonostante il malore,  il segretario del PCI resta inchiodato al microfono come un capitano che si ostina a non abbandonare la nave che affonda. Ma se il documento filmato è emotivamente coinvolgente,  non lo sono in misura minore le parole pronunciate da Berlinguer.  Su di esse hanno lavorato Mario Sesti e Teho Teardo fino a realizzare un film breve e tuttavia di straordinaria potenza, La voce di Berlinguer. Un lavoro delicato di incastro e sovrapposizione di parlato,  rumori di fondo, suoni, immagini di repertorio, home movies, frammenti di film di Pasolini, Bernardo Bertolucci,  Cecilia Mangini.
Quanta ispirazione vi è arrivata dall'essenza delle sue parole?
Teardo:
Ho capito subito quanto fossero imprescindibili. Per elaborare la musica sono partito dal discorso,  dall'importanza fondamentale del testo. Ma anche dalle imperfezioni sonore di cui il materiale di partenza era pieno. Ho cercato quindi di trasformare i difetti in una componente essenziale del lavoro, e per farlo li ho esaltati anziché naconderli fino a farli diventare una musica in grado di fondersi perfettamente con il parlato vero e proprio.
E per quanto riguarda invece le immagini?
Sesti:
Un film come questo non può che nutrirsi di immagini diverse. Abbiamo montato materiali che per loro natura sembrano non poter stare assieme. Da una parte c'è la potenza del girato in quel giorno cruciale,  dall'altra l'imperfezione del materiale letteralmente rubato alla rete accanto a riprese amatoriali. Poi ci sono i fotogrammi di film di autori che sentivamo vicini all'Italia di quegli anni, cioè Bertolucci Pasolini e Mangini. Il tutto forma un amalgama intenso in grado di generare sicuramente emozioni ma speriamo soprattutto il desiderio di recuperare una figura fondamentale della nostra storia recente.Nel suo discorso il segretario del PCI parla di diritto alla felicità,  un bene prezioso che non sembra più stare a cuore ai nostri politici.
Teardo:
La modalità della voce di Berlinguer è paragonabile a uno strumento solista. E non solo per il timbro,  ma per quello che dice. Nel film a volte è in armonia con le immagini altre no, ma resta potente in ogni istante. Persino il suo sguardo ha una particolare persistenza, osservandolo si ha la sensazione che sia qui proprio ora. Ciò che invece percepisco dei politici di oggi è una sorta di rumore bianco indistinguibile.Nei piani di ascolto, non necessariamente relativi agli eventi di Padova e Torino, nei volti degli astanti si avverte una tensione emotiva quasi commovente.
Sesti: Il segreto dell'interesse suscitato da Berlinguer ad ogni apparizione risiedeva nella sua totale sincerità nei confronti degli elettori,  non disgiunta dal fatto che ascoltandolo si sentiva che aveva davvero a cuore il bene comune. Non quello di chi votava PCI, ma proprio quello di tutti. Poi certo possedeva qualità istrioniche straordinarie, incantava le platee. In fondo la politica somiglia al cinema, al teatro,  alla musica: in tutti i casi si tratta di trovare la chiave per arrivare alla gente.Quanto è attuale il pensiero di Berlinguer?
Sesti:
La sua attualità è umiliante per qualsiasi politico italiano oggi sulla scena. E non è un problema di contenuti,  quanto di empatia. Casaleggio dirà anche delle cose intelligenti,  però è freddo e decisamente respingente.
Teardo: La grandezza del suo pensiero credo contribuisca a rendere il film quanto mai lontano dal rischio dell'operazione nostalgia. Il tema della ricerca della felicità e del diritto ad essa dovrebbe essere cruciale anche all'interno della nostra società. Invece i politici contemporanei fingono che non sia così, sono incapaci di indirizzarci  verso un nuovo sogno collettivo. In questo senso La voce di Berlinguer è un invito a tornare a guardare tutti da una stessa parte.