Parigi, 1953. Marcel Martin, tassista disoccupato, si arrangia recapitando pacchi al mercato nero. Un giorno, riceve l'incarico di trasportare, da un capo all'altro della città nell'arco di una notte, quattro valige piene di carne di maiale. Avendo bisogno d'aiuto per un carico così impegnativo, arruola un tizio conosciuto in un bistrot, Grandgil. Questi, non ci mette molto a rivelarsi un compagno particolare, dai comportamenti alquanto eccentrici. Per eludere i controlli della onnipresente polizia, i due si rifugiano in casa Grandgil, dove Marcel scopre la vera identità del complice: un celebre pittore. Ripreso il cammino, entrambi finiscono per essere arrestati: Grandgil, riconosciuto come artista dal comandante tedesco, se la cava; Marcel, invece, viene deportato in Germania. A guerra finita, i due si incontrano casualmente in una stazione parigina: Grangil è sempre un famoso pittore; Marcel, facchino, continua a portare le valige degli altri.
Inserito dal Bergamo Film Meeting 2010 nella retrospettiva dedicata a Jean Gabin, La traversata di Parigi, diretto nel 1956 da Claude Autant-Lara (regista troppo sbrigativamente liquidato dalla Nouvelle Vague), consegna al pubblico una delle figure più strepitose del ricco repertorio dell'attore alsaziano: il pittore tanto aggressivo e sfacciato quanto bonario e scetticamente curioso della vita. Storia, ambientazioni e personaggi calcolati con astuzia per il mercato francese, ma tanto trascinanti e accattivanti da riscuotere un buon successo all'estero; in questa pellicola, come in altre dello stesso periodo, è evidente come Gabin avesse raggiunto la tranquilla sicurezza del grande attore, avendo fatto tesoro anche della lezione di divismo, sia francese che americano. Pellicola “leggera” per raccontare uno dei periodi più drammatici della Francia (e dell'intera Europa), che solo una certa levità del tocco francese, attraverso le sue maschere inconfondibili (Louis de Funès tra gli indimenticabili) poteva permettersi. Il tutto, in una Parigi che, come spesso è accaduto nella letteratura e poi nel cinema, assurge a simbolo e metafora dell'universale: il mondo in una città, un'intera vita in una notte.