Ieri era la volta di Ben Rivers. Il Milano Film Festival dedica al filmaker inglese la prima retrospettiva italiana completa delle sue opere, cominciando con Two years at sea, il lungometraggio  premio della critica internazionale a Venezia 2011, Tiger Award a Rotterdam, e nominato per il Jarman Price in Inghilterra. E' il ritratto in bianco e nero in 16mm di Jake Williams, un uomo che ha scelto un'esistenza da eremita nei boschi scozzesi. Per farlo, ha passato due anni in mare, quelli del titolo, per guadagnare i soldi necessari ad acquistare la casa nella foresta. Rivers spia la sua frugale quotidianità, attraverso le stagioni, e il suo girovagare avvolto dalla nebbia. Unici compagni, un gatto e la musica di un giradischi. Se non fosse per la fine tragica, potrebbe essere il sequel di Into the wild di Sean Penn, una sorta di “come sarebbe andata se…?”. Forse Christopher McCandless avrebbe vissuto come Jake, con l'acqua calda, l'elettricità, il gas e una piccola jeep. L'amore di Rivers per i paesaggi incontaminati, unito alla capacità di saperli osservare con approccio etnografico, ha dato vita ad un'opera a metà tra documentario e fiction: “Non ho voluto rappresentare la vita di Jake, - spiega il regista - ma una realtà onirica. Non si spiega perché Jake abbia deciso di isolarsi, ci sono fotografie e si intuisce una vita precedente, ma ho voluto lasciare libero spazio all'immaginazione”. 
Un documentario vero e proprio è invece We are legion: the story of the hacktivists (nella sezione Colpe di stato) di Brian Knappenberger, sulla storia del collettivo di hacker Anonymous, famoso per gli attacchi ai sit di PayPal, Mastercard, Sony e la guerra contro Scientology, attraverso le testimonianze a volto scoperto di attivisti ed esperti, partendo dalle origini, (gli hacker di Cult of the dead cow e il sito 4chan), fino alla maturazione politica, alla scelta della maschera di Guy Fawkes del film V per Vendetta, al ruolo assunto nella primavera araba e nel movimento Occupy. We are Legion è un'imperdibile sguardo dall'interno del movimento che ha ridefinito il concetto di disobbedienza civile su internet, la voce di migliaia di individui che, senza uscire di casa, davanti allo schermo del pc, nell'anonimato della vita reale, hanno fatto tremare multinazionali e governi al grido di libertà d'informazione. Un altro tipo di informazione è protagonista in Elles di Malgoska Szumowska con Juliette Binoche, già a Berlino nella sezione Panorama, presentato ieri sera in anteprima. La splendida attrice francese interpreta Anne, giornalista parigina della rivista “Elle” alle prese con un'inchiesta sul mondo della prostituzione tra le studentesse universitarie e la sua vita privata insoddisfatta. Nel corso dell'indagine conosce Alicja (Joanna Kulig) e Charlotte (Anaïs Demoustier), giovani escort per mantenersi gli studi, e ne rimane ammaliata, affascinata, coinvolta e sconvolta, al punto da mettere in discussione le proprie convinzionie e provare un forte senso di responsabilità. Un anno fa usciva il film scandalo, censurato in Italia, Student Sevices di Emmanuelle Bercot, che portava per la prima volta sul grande schermo questa realtà ampiamente diffusa in Francia. Anche la Szumowska adotta un punto di vista coraggioso (non solo per le scene hard): nessuna storia di abusi o traffici, ma ricerca di autodeterminazione e indipendenza economica. Elles riflette sui valori di una società che mette al primo posto il denaro, che è schiava del consumismo e riserva agli uomini, pur non facendosi baluardo della cultura femminista, un ritratto impietoso: sono tutti indifferentemente sospettabili.
Una coproduzione europea tutta la femminile, una produttrice francese (Marianne Slot, di Slot Machines ), una sceneggiatrice tedesca (Tine Byrckel) e una regista polacca, Malgoska Szumowska, sarà in sala da oggi per Officine Ubu.