Un'animazione adulta per i bambini intelligenti del terzo millennio. Questa, in sintesi, la definizione che Renée Zellweger e Jerry Seinfield danno del graffiante Bee Movie, nato dalla fantasia del mattatore comico americano e divenuto realtà grazie alla DreamWorks di Steven Spielberg. Caschetto biondo e fisico minutissimo, l'attrice premio Oscar per Ritorno a Cold Mountain si spoglia dei panni di Bridget Jones e rinuncia al suo sex appeal, per bissare la sua esperienza al doppiaggio, dopo il pirotecnico Shark Tale. Questa volta le tocca il ruolo di Vanessa, l'unica "umana buona" che sposa la causa dell'apetta protagonista, impegnata a trascinare in tribunale tutto il genere umano: oggetto del contendere è l'usurpazione del miele, linfa vitale attorno a cui ruota l'intera esistenza di Barry e della sua razza: "Fiaba per bambini, morale ecologista, metafora dell'avidità umana: in Bee Movie c'è tutto, ma soprattutto il divertimento. E' questa la parola d'ordine del film e questo il motivo che mi ha spinto a partecipare". Forte dello straordinario successo al boxoffice americano, l'animazione arriva nelle nostre sale a partire dal 21 dicembre.
L'esilarante odissea di Barry, apetta ribelle al destino di una vita in catena di montaggio per produrre un miele che le verrà sottratto, offre il destro a letture adulte su dinamiche del lavoro, prepotenza dell'occidente ricco e importanza dell'ecosistema. Il tutto condito dalle cloridriche stoccate, con cui la fantasia di Seinfield condisce la storia, prendendosela con veri personaggi dello star system come Sting, Oprah Winfrey e Larry King: "L'idea - racconta il frizzantissimo comico americano - è nata a cena con Steven Spielberg. Giocando sull'assonanza inglese con la parola "bee", ape, gli ho detto che avrei voluto fare un B-Movie. Lui m'ha preso sul serio e in quattro e quattr'otto, con Katzenberg ha messo in piedi un'organizzazione colossale". Soltanto l'apparecchiatura installata nel suo ufficio di New York è costata un milione di dollari. Poi un lavoro di quattro anni, arrivato fin quasi ad oggi: "Non c'è stata grande differenza rispetto al mio impegno in tv. Ho scritto la storia pensando a un pubblico adulto. O meglio a me stesso. Non ho mai amato i cartoon come Topolino. Troppo convenzionali. Ho cercato piuttosto di pensare cosa avrebbe divertito anche me e la cosa più strabiliante è che ad apprezzarlo di più sono stati i bambini di due e tre anni".
La conferma alle parole di Seinfield arriva anche da Renée Zellweger. Doppiatrice d'eccezione e sua vicina di casa nella vita di tutti i giorni, l'attrice non si sarebbe affatto prestata a un cartoon qualsiasi: "La prima domanda che mi pongo quando ricevo un copione - spiega - è se si tratta di una cosa utile e di cui si avverte il bisogno. La seconda se divertirebbe anche me. In questo caso c'era poi anche Jerry, per cui non ho avuto dubbi. Della sua esperienza in tv ha portato il cinismo: una componente che apprezzo moltissimo". E pensare che la versione definitiva è costata a Seinfield ben 215 riscritture del copione. Autocensura? "No, per carità", risponde diplomaticamente. Fatto sta, che le sue frecciate al curaro non risparmiano davvero nessuno. Fra i più bersagliati, insieme ad avvocati assimilati a "parassiti", anche Ray Liotta che viene preso di mira come emblematica incarnazione di spocchia e antipatia. "Il fatto - conclude Seinfield - è che i bambini non sono affatto stupidi. Dai loro stimoli e vedrai che reagiranno nel migliore dei modi. Basta anestetizzarli coi prodotti idioti. Quella dell'età è soltanto una scusa".