“E' un uomo molto divertente. Sembra che intenda il set anche come un'occasione per dire barzellette sconce:  se avesse 30 anni di meno, avrebbe fatto il mio personaggio decisamente meglio di me”. Così Paul Giamatti confessa tutta la sua stima per il collega Dustin Hoffman, assente al Lido, ma è lui la vera star de La versione di Barney, in concorso alle 67esima Mostra di Venezia e tratto dal bestseller omonimo di Mordecai Richler (pubblicato in Italia da Adelphi).
Prodotto da Canada e Italia (Fandango) e diretto da Richard J. Lewis, verrà distribuito da Medusa: “Inizialmente, la sceneggiatura doveva essere scritta da Richler, che ha prepararato una bozza prima di ammalarsi e lasciarci. Poi, è stato difficile trovare qualcuno: tre scrittori ci hanno provato, invano. Dopo un po' di anni abbiamo trovato Michael Konyves, che ha dato il giusto il linguaggio cinematografico”, dice il regista, mentre Giamatti confessa che “anch'io come Barney non sono un tipo amabile, comunque  sullo schermo l'ho ammorbidito”.
Applaudito in sala e in conferenza stampa, il film racconta la storia di Barney Panofskiy e del suo viaggio lungo 40 anni tra Canada, Italia (Roma al posto della Parigi del romanzo), tre mogli, tra cui l'unico vero amore Miriam (Rosamund Pike), e il padre (Dustin Hoffman).
Confermando origini italiane (“Mio nonno veniva dall'Italia e faceva orologi”), Giamatti rivela che la sfida più impegnativa è stata “interpretare il Barney giovane, perché era il periodo più lontano, e poi a trent'anni lui aveva più capelli di me a quindici". E sulle analogie con il suo personaggio, precisa: “Quando mi sono sposato volevo scappare ma mi sono trattenuto: ho scelto Barney per fare ciò per cui non ho mai avuto il coraggio… Lui è un romantico frustrato, è dolce, ma anche un brutto bastardo”.