Un milione di spettatori è la cifra record appena raggiunta in Francia da Paulette di Jérôme Enrico, presentato in anteprima italiana al Bif&st. Difficile dire se lo stesso successo potrà raccoglierlo in Italia, dove l'uscita è fissata da Moviemax per il 6 giugno, certo è che il pubblico presente alla proiezione si è spellato le mani per applaudire le gesta della povera pensionata protagonista del film.
Paulette è infatti una settantenne, la strepitosa Bernadette Lafont già musa di Truffaut e Chabrol, costretta per poter sopravvivere a cercare il cibo nei cassonetti e a raccogliere la frutta e la verdura scartate dai venditori del mercato. Un'esistenza tormentata che l'ha resa cattiva prima di tutto con sé stessa poi con la figlia, il nipote mulatto perché nato dall'unione con un francese di colore, i vicini che avverte come nemici, gli immigrati considerati feccia. Non è una simpaticona questa Paulette, ma ha sfrontatezza e fantasia da vendere e così si reinventa spacciatrice di cannabis prima nella banlieu dove vive e pian piano in altre piazze. Nonna spacciatrice abile, affidabile, invisibile alla polizia. Così brava da finire col mettere su un business in proprio a base di torte speziate cucinate con la collaborazione di un trio di formidabili amiche con i volti di Carmen Maura, Dominique Lavanant e Françoise Bertin. Un quartetto oltre la legge, ma perfettamente dentro i limiti dell'autoconservazione e incredibilmente persino della solidarietà umana.
Svelare il finale sarebbe, questo sì, davvero criminale. Più interessante riflettere sulle ragioni del successo di una commedia che parla di anziani indigenti in un quartiere anch'esso povero e senza risorse. Cos'è che funziona così bene nelle commedie francesi degli ultimi anni e invece non funziona affatto, o ormai sempre più raramente, in quelle di casa nostra? La prima ragione evidente ha a che fare con l'esportabilità dei temi. L'handicap trattato da Quasi amici era transnazionale, non da meno la povertà affrontata dal film di Enrico. Il respiro di queste opere è universale, il cinema italiano non riesce al contrario più a guardare oltre i propri confini.
Altra ragione è l'assenza di coraggio da parte dei produttori italiani, che difficilmente avrebbero accettato di produrre un film con quattro protagoniste avanti con gli anni perché nella concezione comune i vecchi non portano gente al cinema. Il milione di spettatori francesi dimostrano il contrario, ma chissà come reagirebbe i pubblico nostrano? Meglio non rischiare.
Il terzo motivo è la capacità di reinventare il genere commedia, e qui entra in scena anche un altro film passato a Bif&st e accolto benissimo, il super indipendente e low budget americano Stand up Guys con tre mostri sacri del calibro di Al Pacino, Christopher Walker e Alan Arkin. Di nuovo tre anziani – sì, Al Pacino si mostra finalmente per quello che è! -, tutti ex delinquenti di media tacca alle prese con il finale di partita. Come le amiche francesi con le quali farebbero senz'altro comunella, vedono avvicinarsi un triste declino, tanto vale giocarsi la vita a dadi sfidando la sorte. Si ride di fronte ai loro fallimentari tentativi di imbrogliare la vecchiaia e di capovolgere la sorte, ma inevitabilmente si fa il tifo per questi fuorilegge vecchio stampo goffi e fuori dai giochi che contano. L'invenzione, non nuova ma almeno sfruttata, è nell'aver portato una ventata di freschezza al genere unendo commedia e gangster movie. Poi ci sono Pacino Arkin e Walken al servizio del film, e questa è un'altra storia. Però da qualche parte si dovrà pur ripartire, e vedere nel programma del Bif&st Paulette e Stand up Guys accanto alle commedie italiane fa capire che un'inversione di tendenza è quanto necessaria,  la strada da fare è lunga e però il tempo stringe. Registi e produttori: datevi una mossa!