“L'amore è là dove sei pronto a soffrire, lasciando ogni cosa al suo posto e partire”: che Pupi abbia sentito Figlio di un re?  Fatto sta, per interpretare suo nonno ha voluto lui: Cesare Cremonini, 31 anni, cantautore. Non digiuno di cinema, ma “la differenza rispetto a dieci anni fa è stata grande: nella mia testa”. Eh sì, la testa ha delle ragioni che il cuore conosce: Il cuore grande delle ragazze,  che segna il (non) debutto sul grande schermo dell'ex Luna Pop, dopo l'Amore perfetto del 2001. Da oggi in sala, ma che film è? Avati inquadra “il modo di essere maschi e quello di essere femmine in anni molto diversi da quelli di oggi”, mentre Micaela Ramazzotti parla di “un amore sconveniente per tutti,  ma questi due innamorati (lei e Cremonini) spezzano il cuore e fanno ridere”. E Cesare, alla Rivista del Cinematografo di novembre in edicola, che dice? ““Voglio che tu la viva come una prima volta”, mi aveva chiesto Pupi, e così è stato. E c'ho provato gusto”.

Carriera cinematografica spianata?
E' stata un'esperienza più unica che rara: ora aspetto di essere guardato e giudicato per capire se si possa ripeterla. Ma la musica rimane la mia passione principale: diciamo che ho vissuto il film come la laurea in filosofia presa da un ragazzo che lavora già...

Anche per un album aspetti il responso di pubblico e critica?
No, sono 15 anni che lavoro e, ti assicuro, sono io il critico più esigente con me stesso. Viceversa, non essendo il mio mondo, voglio affrontare il cinema con umiltà.

Arriviamo al tuo impenitente e innamorato Carlino. 
E' il nonno di Pupi, e sono storie degli anni '30: avevano un che di surreale, fiabesco. Tra me e Avati c'è stato un discorso continuo su come interpretare Carlino: mi chiedevo come fosse possibile rappresentare un personaggio spinto da un'attenzione carnale verso il mondo femminile – in quegli anni all'uomo si perdonava di tutto – e insieme inguaribilmente romantico. Facevo fatica a bilanciarlo, ma Pupi mi ha aiutato: “Guardati allo specchio: anche tu sei un ragazzo di trent'anni leggero e scanzonato, ma al tempo stesso scrivi canzoni d'amore”.

Attenzione carnale: non volevi fare un Berlusconi-bis, dì la verità…
(Ride) No, ma è vero che ho sempre cercato di esprimere me stesso, anche 4 anni fa con il libro collettivo Lettere ai politici: sulla scorta del Bob Dylan di Masters of War, sottolineavo come sappiamo leggere dietro le maschere di politici divenuti showman mediatici. Non un atto d'accusa, ma la rivendicazione di occhi abbastanza non ingenui per capire: oggi la situazione non è cambiata. E io non ho cambiato il giudizio.

Ma cambi frequentazioni: cinema e teatro, Edoardo Gabbriellini e Alessandro D'Alatri.
Ho firmato la colonna sonora di Padroni di casa: Edoardo è pieno di stimoli e idee, faccio il tifo per lui. E che dire di Elio Germano e Valerio Mastandrea? Umili e concentrati. E' stato un piacere, a zero cachet: oltre la moda della commedia, un film drammatico. E c'è Gianni Morandi, alias il cantante Fausto Mieli, che ha avuto successo negli anni '60 e oggi prova a risalire la china: per entrambi i periodi, una mia canzone.

E Tante belle cose?
Ho scritto le musiche, che i protagonisti balleranno. D'Alatri mi ha conquistato: è uno spirito libero, lo spettacolo parla di solitudini, oggetti d'arredamento che diventano più importanti delle persone.

Ultima parola alla sala: che spettatore sei?
Normale, vado da solo il mercoledì sera o con amici: senza snobismi, non sono esperto, ultimamente mi è piaciuto Drive. Ma cinema e musica per me sono importantissimi: uniscono le persone, e oggi è sempre più raro.