Dopo La cena per farli conoscere e Il papà di Giovanna, Pupi Avati conclude una "ideale trilogia sui padri" con Il figlio più piccolo, da lui scritto e diretto e prodotto dal fratello Antonio con Medusa, che distribuisce il film da venerdì 19 febbraio in circa 300 copie. 
Interpretato da Christian De Sica, nei panni del padre che molla moglie e due figli per costruire un impero economico da "furbetto del quartierino", Laura Morante, ovvero la moglie ingenua e comunque innamorata, Luca Zingaretti, il suo commercialista e "angelo custode", e l'esordiente Nicola Nocella, il figlio più piccolo e ugualmente ingenuo, il film, dice Avati, "presenta il padre più infame, più indecente della trilogia. Non ho mai fatto cinema di denuncia, ma il nostro presente è così indecente, e non parlo solo di politica, che anche un moderato come me insorge, con indignazione e urgenza. Ricandido l'innocenza più "cogliona", più disarmante, dobbiamo resettare tutte le gerarchie e i valori e ricominciare da capo: voglio frequentare solo persone che credono nei sogni, come questo figlio più piccolo".
"Mi diceva: "Parla piano, se no sei falso", Pupi è un grande maestro di recitazione", dice Christian De Sica, che ritrova Avati 30 anni dopo Bordella: "Il suo cinema mi ricorda quello di papà, non a caso mio figlio Brando gli fa da assistente volontario. Come per mio padre Vittorio, la sua forza è la timidezza", mentre la Morante sottolinea: "Per un personaggio drammatico è necessaria una grande vis comica, e viceversa: da Shakespeare a Kleist, è sempre stato così. Per questo, non trovo che Pupi qui sia ingenuo, ma crudele: la spietatezza è il punto di partenza per essere buoni, e Il figlio più piccolo è crudele".
"Questi personaggi non sono immorali, ma amorali - ribatte Zingaretti - perché non hanno la percezione di vivere fuori le regole e così possono far male più dei veri cattivi", con Avati che rivela: "Per questi "furbetti del quartierino", ovviamente mi sono ispirato alla cronaca, ma in realtà sono partito dalle macerie di Bologna ("Il caso Del Bono? Storielline inesistenti, me ne frego..."). Perché ragazzi come Nicola Nocella esistono, non sono disegnati in 3D, nella mia troupe ne ho tre identici. E se questo film è riuscito lo dobbiamo molto a lui", fresco diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia sotto la direzione di Giancarlo Giannini.
"L'Italia - prosegue il regista - è diventato un Paese di parole: serve meno vita pubblica, meno serate e convegni, bisogna stare a casa a scrivere, e in questo modo almeno altri 22 registi come me potrebbero fare 1,3 film all'anno, uno con Medusa e il successivo con RaiCinema. Viceversa, ci si piange addosso, e anche i media non fanno che produrre alibi".
Ultima parola a De Sica, che commenta: "Sono un attore astuto, ho fregato tanti registi, pure mio padre, ma Pupi no, non lo freghi" e sul cinepanettone prossimo venturo rivela: "Domani ho una riunione con Neri Parenti e Aurelio De Laurentiis, forse qualcosa va rivisto e cambiato, a partire da me, che ho 59 anni. Spero che dopo questa esperienza drammatica con Avati, che ha creduto nelle mie capacità, Aurelio e altri produttori si convincano che dopo aver sempre fatto il cowboy sono in grado di trasformarmi anche in Romeo".