Il quarto film tedesco in concorso alla Berlinale 64, Zwischen Welten – Inbetween Worlds, della regista austriaca Feo Aladag, è un film sulla Guerra in Afghanistan girato a Kunduz e Mazar-i-Sharif, le provincie dove sono stazionati i contingenti tedeschi della forza internazionale Nato.
Un dramma militare col sapore della cavalleria Western. Il risultato è autentico. Metà degli attori sono afgani e non professionisti. Soprattutto la descrizione del quotidiano di abitanti e soldati in uno stato di emergenze permanenti è il pregio realista del film. Come le decine di misure di sicurezza che ogni giorno, da tutti e per qualunque cosa, devono essere eseguite con il massimo dell'attenzione. Il colonello Jesper (Ronald Zehrfeld), con un fratello morto sul campo, è a capo di una squadra incaricata di proteggere un villaggio dall'assalto dei Talibani. Ad assisterli il giovane traduttore Tarik (il bravissimo debuttante Mohsin Ahmady).
Aladag, che nel 2010 ha vinto il Deutscher Filmpreis con il dramma sull'immigrazione Die Fremde, questo film lo ha preparato in anni di ricerche in Afganistan. Tanto che la pellicola ha visto la luce anche grazie al sostegno irrinunciabile, visti i pericoli, dell'esercito tedesco.
La regista spiega le difficoltà affrontate per realizzarlo. “Ho condotto una lotta contro la volontà di tutti per riuscire a realizzarlo in Afganistan, nei luoghi che volevo raccontare, e non in Marocco, il Paese scelto da quasi tutte le produzioni internazionali impegnate con storie ambientate in Afganistan. Se non lo avessi girato in Afganistan, non lo avrei girato affatto”.Inbetween Worlds ci porta in mezzo al campo di battaglia e ai destini dei soldati. Ottimi gli attori Zehrfeld e Mohsin Ahmady il cui personaggio è il vero tema del film: il destino cioè di tutti quegli afgani che per anni hanno aiutato i soldati occidentali con le loro professionalità e servizi e che tra 12 mesi verranno lasciati soli, in un paese ostile, con i Talebani pronti a vendicarsi. Il problema è internazionale e questo film lo racconta senza sentimentalismi né politica. Le famiglie di questi ‘collaboratori' tra meno di un anno saranno in pericolo.
A proposito di autenticità, racconta Aladag: “Ahmady al primo casting ci convinse subito. Stentavamo a credere quanta forza drammaturgica un ragazzo così giovane, che non ha mai recitato, potesse sfoderare. Poi ho guardato la sua biografia, e ho capito un po' di più. Il padre era talebano e dieci anni fa è stato ucciso da uno dei primi droni impiegati dall'esercito americano. Le sorelle sono andate a una scuola mista creata dalla forza di pace. La madre ha ricevuto una casa dalle forze internazionali. Sulla sua pelle è segnata la storia del suo Paese. Il destino di Ahmady è quello dell'Afganistan”.