Di Attila, composto da Giuseppe Verdi trentaduenne, il musicista annunziò che ne avrebbe fatto "la più bella delle sue opere". Almeno di quelle già partorite e accolte dal pubblico fra entusiasmo e dissenso: da Oberto all'Alzira. Già prima che mettesse sul pentagramma una nota si era entusiasmato per il condottiero degli Unni pretendendo dai librettisti - prima Temistocle Solera poi Francesco Maria Piave - attenzione alla verità storica e soprattutto al carattere di quel popolo barbaro, che doveva ispirargli il colore della sua musica. Ma a cose fatte, con gli alti e bassi dell'esito in teatro, vari anni dopo si mostrò scontento di questa partitura nata in tempi di forte abbattimento morale e freddezza della critica. Eppure come melodramma ha una tempra musicale, anche se discontinua,che lo rende degno di figurare con frequenza nelle stagioni liriche.
Anzi di riconsiderarlo con allestimenti nuovi e approfondimenti estetici, come quello che il Teatro dell'Opera di Roma presenta sul palcoscenico del Costanzi fino a marted 22. A dirigerlo è il M°Antonio Pirolli che in Attila rileva l'equilibrio fra lo slancio serrato e quasi selvaggio dello strumentale. e la ricerca di uno stile più lirico rispetto alle opere precedenti. L'esecuzione però propende per i toni più truci. L' insieme di rudezza e lirismo si ritrova in particolare nella coprotagonista Odabella, romana, combattuta fra la voglia di vendetta per la morte del padre ucciso da Attila, e il fascino che il barbaro esercita su di lei. Ma la donna non viene meno all'amore scambiato con Foresto e fa giustizia sommaria. Un frangersi di passioni che il musicista risolve drammaturgicamente in forme stringate, con poche arie e un impianto che fa presagire il prossimo Macbeth.
Per questo Verdi di transizione il Teatro dell'Opera ha affidato una nuova messinscena al regista Paolo Baiocco, del quale è anche la scenografia strutturata con grandi schermi su cui scorrono immagini fisse e mobili, realistiche o rielaborate, degli ambienti attraverso i quali passa la vicenda: da Aquileia alla laguna veneta, a Roma. Idea ricca di dinamismo, menomata però dall'azione piuttosto statica in cui i personaggi sono costretti. E' da apprezzare comunque lo sforzo lodevole -nella bufera finanziaria che investe le fondazioni liriche - di valorizzare, senza grandi apparati, questa creazione verdiana "minore". Fra i cantanti brillano l'Attila di Roberto Scandiuzzi e la Odabella di Dimitra Teodossiou,oltre al coro istruito da Andrea Giorgi e l'orchestra.  

Foto di Corrado Falsini