"Non è necessaria un'invasione aliena per capire che bisogna cambiare rotta. Il pianeta ci sta avvertendo". Keanu Reeves si traveste da extratterrestre ecologista e lancia da Roma il suo Ultimatum alla terra, dal 12 dicembre in 500 sale italiane distribuito dalla Fox. Remake di uno dei più bei film di fantascienza della storia - l'omonimo diretto da Robert Wise nel '51 - è il tentativo "di aggiornare la storia tenendo conto delle odierne problematiche ambientali - spiega il regista Scott Derrickson (già al timone di L'esorcismo di Emily Rose) - senza per questo tradire gli elementi progressisti dell'originale - dalla tuta spaziale alla figura dell'alieno - che avevano già sovvertito la tradizionale iconografia sci-fi". Nel film ("rifatto" senza la celebre "Klaatu, Barada, Nikto!", la frase capace di fermare la furia distruttrice aliena) Reeves è un extratterestre che attraverso una sfera piomba su Central Park in compagnia di una sentinella (un robot chiamato Gort). Scettico sulle intenzioni del "visitatore" il ponte di comando americano (nella persona del Segretario alla Difesa Kathy Bates) decide di neutralizzarlo, chiamando a raccolta i migliori scienziati del paese e tutto l'arsenale militare. Ma i tentativi della superpotenza sono destinati a fallire, mentre toccherà a una giovane ricercatrice (Jennifer Connelly) e al suo figliastro (Jaden Smith, figlio di Will) convincere Klaatu/Keanu a non spazzare via l'umanità dalla faccia della terra. "Se nell'originale - spiega Reeves - l'alieno si mostrava docile all'inizio e temibile alla fine, qui succede esattamente il contrario. Se mi sono mai sentito un extraterrestre? Sì, quando ho iniziato le superiori". L'attore, che si è presentato in conferenza stampa barba incolta e voglia di scherzare, dichiara di credere nell'esistenza degli alieni, meno alla possibilità che questi si presentino alla Casa Bianca ("E cosa mai potrebbero dire a Obama, se non 'buona fortuna'?"), per niente all'eventualità di un quarto Matrix: "Il viaggio di Neo si è concluso". Glissa sul migliore regista ad averlo diretto (questione di bon ton, accanto a lui c'é Derrickson), si dichiara "scolastico" quando deve scegliere i cult della fantascienza: 2001: Odissea nello spazio, Blade Runner e Solaris (quello di Tarkovskij, ndr)". E sull'allegoria cristiana presente in Ultimatum alla terra, la sua opinione diverge nettamente da quella di Derrickson, che aveva parlato "di tirata d'orecchie alla vulgata teocon": "La cultura occidentale è intrisa di tradizione giudaico-cristiane. La si può ritrovare ovunque, anche contro la volontà degli sceneggiatori". Infine una dichiarazione d'amore a gelare i giornalisti di colore che già pregustavano lo scoop: "A colei che mi ha dato il massimo della libertà e del divertimento: la recitazione".