(Cinematografo.it/Adnkronos) - E' Promised Land il film-shock della Mostra di Venezia. A firmarlo è il regista israeliano Amos Gitai, che concorre al Leone d'Oro. Una pellicola durissima, senza ideologie e moralismi, come nello stile di Gitai, che affronta il tema della tratta delle bianche. Il film inizia quando, sotto la luna del deserto del Sinai, alcune donne dell'Europa dell'Est si scaldano intorno a un fuoco. Prima dell'alba, un gruppo di beduini farà entrare le donne in Israele. Lì, verranno vendute all'asta da Anna, trafficante di schiave bianche. Le vittime sono destinate a essere vessate, percosse, stuprate. Non avranno altra scelta che fare ciò che è stato loro ordinato da Anna nell'appartato Hostess Club, una casa chiusa in mezzo al Mar Rosso per il "divertimento" di israeliani e occidentali. L'incontro tra una delle prostitute dell'Estonia, Diana, con un'occidentale, Rose, rappresenterà un segno di speranza per la giovane. Il finale è ancora più forte, con la discoteca in fiamme per un attentato, ambulanze che portano via i feriti e Diana che urla felice "sono libera!". Il tutto montato con le scene di un coro composto dalle prostitute, vestite di bianco, che cantano inneggiando alla Terra Promessa e a Gerusalemme. Nel cast del film, Hanna Schygulla, Anne Parillaud, Rosamund Pike. "Le donne vengono trasportate dalle loro nazioni d'origine, specialmente dall'Europa dell'Est, ed entrano facilmente in Israele attraverso il deserto del Sinai e poi smistate in varie città israeliane, alcune addirittura nei Territori palestinesi e altrove - ha spiegato Gitai -. Ho osservato il fenomeno dal mio punto di vista, cercando di tracciare un sentiero all'interno del bombardamento mediatico in Medio Oriente confrontando la natura esotica della nostra visione iconoclastica della Terra Promessa".