In tempi di famiglia allargata, disfunzionale e divisa, Andrea Manni torna al cinema con Voce del verbo amore, una commedia sentimentale incentrata su una separazione che "non s'ha da fare". A riportare in 200 sale il regista del Fuggiasco è dal 27 aprile è la storia di due giovani, Stefania Rocca e Giorgio Pasotti, i giorni del loro abbandono e il tentativo di ricostruirsi una vita insieme. "Lo so, il titolo è un gioco di parole "sbagliato"- sorride Manni-. Al posto del verbo uso un sostantivo, che non è coniugabile. Come l'amore. Mi sembrava perfetto per quello che volevo raccontare. Il bello del nostro mestiere è poter cambiare storie e sentimenti da raccontare. Questa prova è stata più complessa de Il fuggiasco. La commedia è un registro difficile, richiede più misura e concentrazione. Per questo ho preteso da me stesso e da tutto il cast la massima generosità". Nel cast accanto ai due protagonisti anche Cecilia Dazzi, single sognatrice e tenerissima, Eros Pagni e Simona Marchini. A interpretare l'immancabile "altra" è Magdalena Grochowska, nella parte di un'affascinante "danese-abruzzese". "Raramente ho lavorato con persone così per bene - chiosa Maurizio Costanzo, autore del soggetto e sceneggiatore insieme a Manni, Anne Riitta Ciccone e Silvia Ranfagni-. L'idea mi è nata da una domanda: perché bisogna far guadagnare gli avvocati matrimonialisti? E poi: i matrimoni finiti... lo sono davvero? Volevo raccontare questo con tutte le guasconate e gli annaspamenti che ne conseguono. Certo, è consolatorio. Anche nelle immagini: meglio, nei film spesso si esprime il peggio di noi. C'è, anche per questo, il gusto di un'immagine più sporca. Quello che mi chiedo è piuttosto se chi vedrà quest'opera capirà il suo essere controtendenza, l'insulto contingentato. Succederà in un periodo in cui la crisi del settimo anno ora arriva dopo il primo? Anzi, spesso non c'è neanche il tempo di un cambio di stagione". Insomma il ritorno al conformismo del passato come visione originale del futuro. Come finirà lo si scoprirà sulle note di una vecchia canzone di Gepi & Gepi rifatta da Fiorello e Giorgia. "Non mi è mai capitato di ricominciare - rivela Stefania Rocca -. Mi intrigava però questa donna costretta in un rapporto ormai quasi fraterno. In cui entrambi, anche dopo la separazione, avvertono una responsabilità reciproca che non permette loro di allontanarsi. Qui, poi, c'è anche un altro problema affascinante: la difficoltà di dire che si vuole tornare indietro. Sia a sé stessi, che al partner". Dopo drammi intensi e quasi disperati come Quale amore e L'aria salata, divertente è anche il ruolo di Giorgio Pasotti: "Avevo bisogno di qualcosa di leggero e solare. Monicelli, sul set, un giorno mi ha detto che la nostra generazione di attori è troppo seria. Qui sono stato libero e mi sono divertito molto. Pensavo che fosse la scelta giusta per la mia carriera, per non rimanere dentro un'etichetta. Mi piace rimbalzare a ping pong, spaziare. E poi amo molto interpretare personaggi completamente diversi da me". Così fa anche Stefania Rocca, da due anni in Francia: "E' un modo per mettermi alla prova. Lì si fa più cinema, ci sono ruoli per le donne che in Italia non ho mai trovato. E poi c'è il gusto della sfida con se stessi, con un'altra lingua, un altro contesto". L'aspettano tre film (Made in Italy, Le candidat, Le candidat libre) e una piéce teatrale, che sta scrivendo. E Maurizio Costanzo? Magari riprova a fare il regista? "L'ho fatto una sola volta e sono felice che pochi se ne ricordino. E' un impegno totalizzante e un mio limite è l'incapacità di non fare tante cose contemporaneamente".