Aveva chiuso lo scorso anno, presidente poco ciarliero di una giuria eterogenea. Apre, invece, questo sessantesimo festival di Cannes di nuovo nelle vesti di regista, più a suo agio e con una scommessa tutta nuova, My Blueberry Nights. Sorride, parla in un buon inglese, coccola il suo cast di giovani di ottime speranze. "Di solito qui a Cannes mi mettono sempre verso la fine anche con i miei film. Ho deciso per il concorso perché la competizione in questa rassegna è una grande vetrina, un trampolino di lancio. Ed è un onore e un'emozione poterlo addirittura aprire". Sempre con gli occhiali neri ma senza l'abituale sigaretta (di solito supera ogni divieto, ma con Cannes non si scherza, neanche se sei Wong Kar-wai), ci tiene a raccontare questa nuova esperienza, anche con qualche punta di polemica. "Sono molto contento del film, ma soprattutto del cast". Sorridono emozionati Jude Law e Norah Jones, il primo con la solita aria distratta e divertita, la seconda più timida di come la vediamo e sentiamo davanti a un microfono. "Il primo giorno di set ero molto agitata e quando ho pronunciato la mia prima battuta con Jude Law mi è venuta fuori una voce alta stridula che non riconoscevo. Allora Wong Kar-wai mi è venuto vicino e mi ha detto di non agitarmi. Mi ha calmata, era solo questione di tensione. Ho accettato senza dubbi la sua proposta. Senza mai chiedergli qualcosa sulla storia e sul personaggio. Perché bastava il fatto di lavorare con lui e perché lui tanto non te le dice mai!". Un amore, platonico e professionale, corrisposto. "Un regista - risponde Wong Kar-wai - è attirato dagli attori per diversi motivi, non solo dall'immagine. Io e Norah ci siamo conosciuti in vari luoghi dove, casualmente, presentavamo contemporaneamente le nostre cose. La sua voce e il suo viso sono molto raffinati e, direi, cinematografici, mi hanno incantato. Basta sentire il film senza guardarlo e ve ne accorgerete". C'è tanta musica in questo film diviso in tre capitoli. Ci sono tre città a cui le note e le vicende si legano: New York, Memphis e Las Vegas, per cui si passa da Tom Waits a Otis Redding passando, naturalmente, anche per Norah Jones. Quest'ultima è una donna che per dimenticare un amore intraprende un viaggio attraverso l'America e attraverso altri cuori e vite infranti. "Ma non è un road movie - rileva il cineasta cinese adottato da Hong Kong -. Piuttosto un film di distanze: emotiva, tra i personaggi, e geografica, tra i luoghi. Solo con la lontananza forse si prende consapevolezza delle cose. Per questo ho usato molto il cinemascope". Norah è Elizabeth, e nel suo viaggio incontrerà una giocatrice d'azzardo nei guai (Natalie Portman, habituée di Cannes, ma questa volta assente), un poliziotto tormentato (David Strathairn) e la ex moglie di lui (Rachel Weisz). Ma soprattutto si troverà con un curioso barista maratoneta che le offrirà la torta di mirtilli che ispira il titolo. "Abbiamo parlato molto dell'effetto musicale della lingua con Wong Kar-wai. Per lui al di là del significato era importante il valore fisico delle parole pronunciate in inglese". Conferma il regista, sottolineando le due grandi difficoltà dell'opera, con una punta di ironia. "Una vera sfida girare in inglese. Come evitare l'esotismo, nel guardare l'America, che di solito gli artisti statunitensi hanno nel guardare la Cina. E' un omaggio a questo paese e ai suoi personaggi e non volevo fare errori". Per giudicarlo in Italia ci vorrà del tempo, il film acquistato dalla Bim, arriverà nei prossimi mesi sullo schermo. Si chiude con un divertente duetto tra il fascinoso inglese Law e il suo nuovo maestro. "Da Jude Law volevo un personaggio diverso, difficile, un maratoneta senza correre, volevo la sua perseveranza". "E io- risponde sfacciato il biondo interprete - non ho fatto altro che infilarmi le scarpe. Per me ogni film è una corsa!". La volata per la Palma, quindi, è cominciata. Vedremo se sarà lui a tagliare il traguardo qui a Cannes.