Impegnato in una serie di masterclass in Georgia, Tonino Guerra si avventurò tra le montagne e, arrivato in un monastero sperduto, si trovò di fronte un anziano monaco che riconobbe in lui lo scrittore di Amarcord. Sembra un aneddoto partorito dalla fantasia del grande poeta romagnolo, e in fondo non ci interessa sapere se sia davvero andata così. Perché parliamo, appunto, di un uomo che ha vissuto dentro i contorni della poesia.

Nato a Sant'Arcangelo di Romagna il 16 marzo del 1920, Tonino Guerra avrebbe compiuto quest'anno cento primavere. Come Federico Fellini, a cui il riminese Amarcort Film Festival - ormai tradizionale appuntamento con i migliori cortometraggi internazionali, partito in streaming con la sua tredicesima edizione dal 24 novembre - deve nome e ispirazione. Ai compleanni di Fellini e Guerra, ma anche di Alberto Sordi, Franca Valeri e Gianni Rodari, il festival dedica una sezione del ricchissimo programma, con incontri e proiezioni per ricordare questi straordinari cinque centenari.

Si comincia con Tonino Guerra, eccellenza romagnola come Fellini, con Buongiorno, tira il vento, documentario in cui il regista georgiano Mikheil Mrevlishvili ha ricostruito vita e opere del poeta e cineasta a partire proprio da quel tour di masterclass tenuto nel 2000. Un lavoro lungo e laborioso, incoraggiato dalla vedova Lora Guerra, che suggella l'amicizia con il popolo georgiano che lo stesso poeta celebrò nel suo romanzo La pioggia tiepida, dedicato "a tutti gli amici georgiani e alla loro bella terra".

Una prospettiva inconsueta per inquadrare un personaggio a suo modo unico, capace di passare dalla poesia dialettale (con la convinzione che la lingua sia sentimento e non codice) al dialogo con autori provenienti da terre lontane. Un omaggio declinato sull'asse ideale che unisce la Georgia con l'amata Pennabilli, dove ideò I luoghi dell'anima, museo diffuso costituito da sette installazioni.

Numerosi i testimoni che intervengono in Buongiorno, tira il vento (titolo preso da un verso di Guerra), da Francesco Rosi a Wim Wenders, passando per Paolo Taviani, Carla Fracci, Giuseppe Tornatore, Enrica Fico Antonioni. C'è anche Emir Kusturica, che con acume sottolinea quanto, nella storia del cinema, pochi sceneggiatori abbiano influenzato così tanto registi tra i più diversi (Guerra è stato sodale di Fellini e Michelangelo Antonioni, per dire), uscendo dall'ombra degli autori proprio in virtù dello statuto poetico che li riconoscevano.

La voce di Guerra attraversa l'omaggio, restituendo degli autori suoi amici immagini di rara pregnanza, perché "i ricordi che ho di loro sono più forti dei loro film". Da Fellini, "uomo dei giochi erotici", che si commuove ripensando all'odore dei passatelli della madre a The Angeolopulos che aveva bisogno di sentire sempre il profumo del caffè. Non si sa mai dove finisca la realtà e inizi la reinvenzione poetica, eppure non importa, il fascino sta tutto lì.

 

E poi Andrej Tarkovskij che accarezzava le ombre dei fiori in una chiesa, divorato dalla nostalgia dei cari lontani, e fissava i terreni arati perché "uguali in tutto il mondo, Russia compresa". Ha ragione Rosi quando dice che per essergli vicino bisognava fare un investimento intellettuale ed emotivo per ricevere e capire la sua fantasia. Fantasia che ha segnato un'opera racchiusa in una poesia estemporanea, donata a un giovane tedesco, come ricorda Taviani: la poesia è un tentativo di essere farfalla.