Woody Allen vede sempre più nero. Alla presentezione romana di Melinda e Melinda, il suo nuovo film in uscita il 22 dicembre con 100 copie, il regista newyorchese conferma il suo pessimismo, condanna la democrazia e non trova conforto "nell'illusione della religione". Particolarità della storia, come sempre da lui stesso scritta e sceneggiata, è un comune incipit da cui la stessa vicenda prende due opposti sviluppi, uno comico e uno drammatico. "Sono legittime entrambe le prospettive - spiega Allen -, ma l'unica considerazione a cui si può alla fine arrivare è che la vita è talmente tragica, da poterci soltanto ridere su". Ad aggravare il suo pessimismo, anche la rielezione di Bush alla presidenza degli Stati Uniti: "Il peggio che potesse accadere - commenta -, non ha fatto che confermare i miei dubbi sulla democrazia". Delle religioni organizzate, poi, neanche a parlarne: "Sono un'illusione e un male per tutti. La religione è una dimensione interiore. Va vissuta privatamente e non ha niente a che vedere con i rigurgiti estremistici di oggi".
Come in tutti i film di Woody Allen, anche in Melinda e Melinda abbondano gli spunti comici. Non devono però trarre in inganno, mette in guardia: "La tragedia non si misura nelle piccole cose, ma in una visione complessiva della realtà. L'esistenza umana è già un dramma di per sé. Gli eventi tristi o divertenti di cui è costellata, altro non sono che sparute oasi in un mare di tragedia". Tutto questo, spiega il regista, potrà condurci in un'unica direzione: "La distruzione della Terra e dell'Universo verso cui già stiamo andando".  è da queste considerazioni, racconta, che è nata l'idea di Melinda e Melinda e della sua struttura: "Ho sempre desiderato essere uno scrittore di tragedie. Sfortunatamente mi sono però ritrovato con uno spiccato talento comico". Dalla combinazione dei due elementi, il desiderio di esasperare la commistione di commedia e dramma, fino a svilupparla in due vicende diverse: "Tutto sta nella conclusione della storia drammatica. Il fallimento della protagonista incarna l'impossibilità di cambiare le cose. Il suo destino di anima persa".
La Melinda del titolo, protagonista degli opposti sviluppi, è l'australiana Radha Mitchell di Pitch Black e Man on Fire. "I personaggi femminili mi riescono molto meglio di quelli maschili - dice Allen -. Da uomo considero le donne più enigmatiche e più complesse. Sono un mistero che va avanti da 5000 anni ed è forse per questo che finisco sempre per considerarle come personaggi più interessanti attorno a cui costruire un film". Ad affiancare la Mitchell nel cast ci sono nelle due diverse storie Chiwetel Ejiofor, Johnny Lee Miller, Amanda Peet e Chloe Sevigny. A sorpresa, in un ruolo inedito e più sofisticato rispetto ai suoi soliti standard, compare anche il volto noto della commedia demenziale americana Will Ferrell. Chi manca all'appello del set è invece proprio Woody Allen: "Non si tratta affatto di una scelta definitiva, ma di un'esigenza di copione - spiega -. Tra pochi mesi avrò 70 anni e in una storia così non c'era spazio per me. Se la sceneggiatura me ne desse modo, sarei ben contento di tornare a recitare. Ironia della sorte, non lo faccio però neanche in Matchpoint, il mio prossimo film che ho girato a Londra con Scarlett Johansson e Jonathan Rhys-Myers".