Morricone. Tutto è già stato scritto sul loro sodalizio ventennale, che lungi dall'impantanarsi nella simbiosi armonica musica-immagine si è recentemente avventurato (La sconosciuta) su una più insolita commistione di immagini tese e rabbuiate e uno score a-melodico ed ansiogeno. E pensare che inizialmente il musicista aveva rifiutato la collaborazione, accordata grazie all'insistenza di Cristaldi e solo dopo aver letto il finale di Cinema Paradiso.

Nuovo Cinema Paradiso, ovvero il film che visse più volte. Nel settembre 1988 una versione "monstre" di 185' viene ben accolta dal pubblico ma divide i critici. Ridotto di oltre mezz'ora, esce nelle sale due mesi dopo confermando le perplessità della stampa e non cattura pubblico. Mutilato a 120', non trova compratori all'estero e conferma l'insuccesso in sala. Invitato a Berlino, viene negato dal regista dopo che il direttore del festival si avventura in una critica globale al cinema italiano. Arriva a Cannes: la stampa apprezza, il pubblico è entusiasta, conquista il Grand Prix speciale ed è venduto in 20 paesi. La terza uscita nelle sale della penisola frutta un miliardo di lire. Il resto rasenta la leggenda: nel 1990 l'Oscar come miglior film straniero, decine di premi in tutto il mondo e botteghini sbancati per la quarta uscita nei cinema italiani (10 miliardi d'incasso).

Oscar. Orgoglio, notorietà, svolta nella carriera: il premio dell'Academy è, nel bene e nel male, un po' tutto questo. E' accaduto anche al giovane regista siciliano. Era dal 1974, con Amarcord (guarda caso, un altra produzione Cristaldi), che l'Italia non si aggiudicava l'ambita statuetta e in un certo senso il trionfo del Peppuccio nazionale servì a ridestare oltreoceano l'attenzione verso il nostro cinema: due anni dopo fu la volta della candidatura di Porte aperte e, un anno più tardi, della vittoria di Mediterraneo. Con il tempo ci siamo un po' appannati.

Piani sequenza. Angoscioso e in soggettiva sui titoli di testa di Una pura formalità (un omaggio a La fuga di Delmer Daves?), sinuoso quello che si incunea nel paesino de L'uomo delle stelle, epico nell'ouverture visiva del Pianista. Pagine di grande cinema.

Remake. Destino beffardo per i pochi film italiani rifatti oltreoceano: nessuna rielaborazione ha saputo restituire la sapidità degli originali (a dire il vero, è quasi la norma). Ci auguriamo che stessa sorte non tocchi anche a Stanno tutti bene, che sta per essere americanizzato in Everibody's Fine, con De Niro nei panni di Matteo Scuro, già portati con struggente naturalezza e stupore infantile da Mastroianni.

Sicilia, oppure Sciascia. Parlare di Tornatore significa parlare della sua terra, omaggiata intensamente con la macchina da presa. Ma Sicilia vuol dire anche Sciascia, che dopo aver visto la sua seconda pellicola disse: "Peppuccio, fai sempre film sulla Sicilia e non sbaglierai mai". E sempre un'altra frase dello scrittore – "Si sono fatti, si fanno e si faranno film sulla Sicilia, perché la Sicilia è cinema" – lo fortificò nell'idea di realizzare Lo schermo a tre punte, un'antologia sull'eterna predilezione del grande schermo per l'isola a forma di triangolo.

Tunisia. Per poter ricostruire la Bagheria degli anni '30-'60 da immortalare nel suo nuovo film, dopo gli esterni dal vero Tornatore si è trasferito in una vecchia fabbrica di Ben Arous, sobborgo della capitale africana. Gli oltre 20 milioni di Euro di budget si spiegano anche così.

Una pura formalità. E' il film da riscoprire. Ignorato a Cannes, accolto con freddezza da critica e pubblico, tra citazioni da Il posto delle fragole e atmosfere hitchcockiane è una inconsueta riflessione, claustrofobica e angosciosa, sul ricordo e l'atto creativo con un Polanski misurato e sornione e un Depardieu debordante.

Vincenzoni. L'autore dell'autobiografico soggetto originale (Ma l'amore no…), ambientato in Veneto nei primi anni '40, da cui è nata la sceneggiatura di Malèna. Forse il difetto del film sta proprio nel manico, ovvero nell'aver operato un inopportuno trapianto geografico.

Z - L'orgia del potere. Uno dei film simbolo di un'epoca e di un certo modo di fare cinema – il thriller politico – in cui non si è ancora cimentato. Quale miglior viatico per rendere omaggio a temi e atmosfere dell'amato Sciascia?