"L'idea era quella di andare avanti con la stessa comicità di Qualunquemente, sfruttando però più ritmi, più gestualità, e mi divertiva poter raccontare questo paese con tre personaggi, tre caratteri diversi: in fondo è anche una storia d'amore, il film, una sorta di abbraccio nei confronti dell'Italia, e lo facciamo sollevando qualche dubbio o qualche leggera contestazione". Antonio Albanese torna Cetto La Qualunque e, insieme a lui, rispolvera il "vecchio" Frengo e propone il "nuovo che avanza", Rodolfo Favaretto: il politico calabrese "disinvolto", lo "stupefacente" pugliese new age e un nordista estremo, veneto, deciso a realizzare con ogni mezzo il sogno secessionista. E' Tutto tutto niente niente, che Albanese ha scritto ancora una volta insieme a Piero Guerrera, per la regia di Giulio Manfredonia, prodotto da Fandango e Leo insieme a Rai Cinema, nelle sale dal 13 dicembre distribuito da 01 in circa 700 copie: "E' sempre rischioso fare un numero 2, qualcosa che potrebbe puzzare di sfruttamento dopo il successo di un film precedente - dice Manfredonia riferendosi alla precedente esperienza di Qualunquemente -. Però dal copione ho avuto molte sorprese: Cetto fa un percorso diverso e poi c'è la decisa apertura agli altri due personaggi. Lo ritengo un film a suo modo coraggioso, audace e mi fa piacere poter dire che è stato possibile realizzarlo grazie ad un produttore e ad una società che non si sono mai volute tirare indietro". Non un film ad episodi, ma un'unica storia in cui i tre protagonisti finiscono prima in galera, poi pedine politiche di un parlamento bisognoso di voti: "E' stata una sfida più difficile rispetto al film precedente perché stavolta andiamo in Parlamento e al vaticano ma, come fu per Qualunquemente, anche stavolta si parla della politica italiana ma senza nessun riferimento reale alla cronaca", spiega ancora Manfredonia. "E' un film psichedelico, grottesco, comico e drammatico: il nostro tempo, quello che proviamo a raccontare, è un po' l'insieme di tutti questi fattori", aggiunge Albanese. Che per il ruolo del sottosegretario manovratore e cinico ha voluto coinvolgere Fabrizio Bentivoglio: "E' un personaggio che esteticamente trae ispirazione da Karl Lagerfeld e che ho tentato di interpretare secondo la descrizione telefonica che mi fece lo stesso Antonio quando me lo propose, dicendomi che sarebbe stato un sottosegretario lisergico".
Un film, Tutto tutto niente niente, che attraverso la chiave della comicità tenta di riflettere sul nostro tempo, dalle dinamiche della politica corrotta al razzismo, passando per il maschilismo: "Credo sia evidente quanto sia io il primo a detestare le maschere a cui do vita - spiega Albanese -. Temo che il razzismo di Olfo Favaretto tra non molto possa rappresentare qualcosa di molto pericoloso per questo paese, anche in seguito alla crisi che stiamo vivendo. Come allo stesso modo rigetto con forza l'idea di un uomo capace di trattare le donne come fa Cetto, anche se purtroppo è una realtà per molti: quello che facciamo è ridicolizzare questi comportamenti per tentare di indebolirli, soprattutto pensando alle nuove generazioni".
Sguardo alla politica e attualità, connubio che mai come in questi giorni - dopo il guerrilla marketing de "Le vere primarie" che in questi mesi ha accompagnato il film fino all'uscita in sala - può rappresentare un'ulteriore carta a favore di Tutto tutto niente niente: "La caduta del governo?", chiede Albanese. Per poi svelare: "Ma no, niente di vero, un'altra strategia nostra a livello promozionale".