(Cinematografo.it/Adnkronos) - Il regista e scrittore senegalese Ousmane Sembene, pioniere del cinema africano, due volte premiato alla Mostra di Venezia nel 1988 e nel 1992, è morto sabato sera nella sua casa di Dakar all'età di 84 anni. Nello scorso gennaio Sembene è stato insignito del Premio letterario Nonino 2007. Primo regista proveniente da un paese africano ad essersi guadagnato fama internazionale, Ousmane Sembene è stato la figura principale del cinema africano post-coloniale indipendente. Con Moolaadé, film uscito anche in Italia, ha vinto il premio internazionale "Un certain regard" al Festival del cinema di Cannes 2004, storia di una donna africana che si ribella alle mutilazioni genitali. Sembene nasce nel 1923 a Ziguinchor, nella regione della Casamance, in Senegal, da una famiglia modesta di pescatori. Non conclude gli studi e, dopo essere stato arruolato tra i fucilieri senegalesi nell'esercito coloniale durante la seconda guerra mondiale, compie svariati lavori: muratore, meccanico, scaricatore al porto di Marsiglia. Qui, si iscrive al partito comunista francese e diventa sindacalista. Negli anni Cinquanta si dedica alla letteratura. Nel 1956 scrive Lo scaricatore nero, romanzo autobiografico che racconta l'esperienza dei lavoratori africani all'estero. Seguono O paese, mio bel popolo (1957), su un emigrato che ritorna in patria e cerca di formare i contadini alle nuove tecniche occidentali; Le punte di legno di Dio (1960), sullo sciopero che ha interessato i lavori della ferrovia Dakar-Niger tra il 1947 e il '48, più una raccolta di racconti (Voltaico, nel 1961), L'Harmattan (1963), storia di un medico senegalese che cerca di coniugare medicina moderna e tradizionale africana; Vehi-Ciosane (1964); Il Vaglia (1964); L'impotenza temporane (1973), L'ultimo dell'impero (1981), su un immaginario colpo di Stato organizzato dal presidente senegalese. Da lungo tempo appassionato di cinema, Sembene si rese conto che per raggiungere un vasto pubblico di operai e di proletari africani al di fuori dei centri urbani, il cinema poteva essere un veicolo molto più efficace della parola scritta. Nel 1961, si recò a Mosca per studiare cinema al Vgik e poi per lavorare ai Gorky Studios. Al suo ritorno in Senegal, Sembene rivolse la sua attenzione alla produzione di film e, dopo due brevi pellicole, nel 1966 scrisse e diresse il suo primo lavoro, Noire de? (titolo inglese Black Girl). Accolto con grande entusiasmo in alcuni festival cinematografici, vinse anche il prestigioso Premio Jean Vigo come regista. Nel 1967 fa parte della giuria del festival di Cannes ed è il primo regista africano a tenere lezioni di regia. Il film seguente di Sembene, Mandabi (1968), titolo inglese The Money Order, ha segnato una brusca svolta. Basato sul suo romanzo dallo stesso titolo e girato a colori in due versioni linguistiche - francese e wolof, il principale dialetto del Senegal - The Money Order è una satira tagliente e spesso deliziosamente arguta della nuova borghesia, divisa fra tradizioni patriarcali antiquate e una burocrazia negligente, rapace e inefficiente. Emitai (1971) racconta la lotta della popolazione Diola della regione Casamance del Senegal (dove Sembene è cresciuto) contro le autorità francesi durante la Seconda guerra mondiale. Ceddo (1977), considerato da molti il capolavoro di Sembene, si discosta dall'usuale approccio realistico del regista, documentando la lotta negli ultimi secoli di una non meglio specificata società africana contro le incursioni dell'Islam e del colonialismo europeo. Nel 1988 vince il premio speciale della giuria a Venezia con Camp de Thiaroye dove si racconta una pagina oscura e drammatica sui militari trucidati durante l'ultima guerra mondiale in Senegal. Sempre a Venezia, nel 1992 vince la medaglia d'oro del Senato con Guelwaa. Nel 1999 gira Heroisme au quotidien e nel 2000 Faat Kine. L'ultima sua fatica è Moolaadé (2004), definito il più africano di tutti i suoi film. Premiato a Cannes nella sezione Un certain regard, Moolaadé è il secondo film di una trilogia che rappresenta l'Eroismo del quotidiano, una pellicola coraggiosa contro la terribile pratica dell'escissione.