Aveva da poco subito una delicata operazione chirurgica al cervello. Oggi, nella sua casa di Tigre, in Argentina, Diego Armando Maradona è morto per arresto cardiocircolatorio. Aveva 60 anni.

Muore il 25 novembre, esattamente quindici anni dopo la scomparsa di George Best (altro fuoriclasse dalla vita sregolata) e quattro anni dopo Fidel Castro, il líder máximo cubano al quale lo legava una profonda amicizia.

Il più grande calciatore di tutti i tempi, talento inarrivabile sul campo da gioco, personaggio (a dir poco) discutibile fuori dal rettangolo verde, Maradona è stato raccontato spesso e volentieri anche dal cinema.

Ultimo in ordine di tempo il nostro Paolo Sorrentino, che sta lavorando a È stata la mano di Dio, prodotto da Netflix, sorta di romanzo di formazione in gran parte autobiografico che non può prescindere dalla figura del Pibe de Oro.

Nel 2008 ci fu Maradona di Kusturica, documentario del regista due volte Palma d'Oro a Cannes, Festival che nel 2019 ospitò un altro documentario sulla leggenda argentina, Diego Maradona di Asif Kapadia, disponibile su Netflix.

E proprio su Netflix è possibile trovare altri due lavori sul fuoriclasse, Maradonapoli di Alessio Maria Federici e la docuserie in 7 puntate Maradona in Messico, che racconta l'arrivo nel 2018 di Maradona a Culiacán, nel territorio del cartello di Sinaloa, per sedere sulla panchina e salvare la squadra locale dei Dorados. E forse anche se stesso.