"Un film brutto è difficile da fare così come un film bello". Parola del grande regista russo Andrej Končalovskij che oggi ha incontrato i ragazzi di Alice nella Città in occasione della Festa del Cinema di Roma.

Da giovane voleva seguire la carriera da musicista e infatti imparò a suonare il pianoforte, poi la passione per il cinema prese il sopravvento e si iscrisse alla scuola VGIK diretta allora da Michail Romm. 

"Da studente subito dopo gli esami dimenticavo tutto perché di solito si imparano cose inutili", dice Končalovskij, che dà subito un suggerimento ai giovani presenti in sala: "Dovete capire chi volete diventare per essere bravi nella vostra professione. Per farlo dovete imparare sempre di più. L'unico modo per studiare cinema è guardare film classici e i veri capolavori e rubare. Cosa? Un soggetto o un'inquadratura. Molti registi italiani rubano per esempio da Federico Fellini, ma prendono solo la forma e non l'anima e il senso di un film perché non sono talenti".

Eclettico, figlio di una famiglia di intellettuali e fratello del regista N. Michalkov, sceneggiatore per Andrej A. Tarkovskij  (tra cui quella di un capolavoro come Andrej Rublëv , 1969), Končalovskij esordì alla regia nel 1965 con il bel film Pervyj učitel′ (Il primo maestro). Il titolo successivo Storia di Asja Kljacina che amò senza sposarsi (1967) lo fece conoscere a livello internazionale, ma fu pesantemente censurato dal regime comunista che ne bloccò la distribuzione per oltre vent'anni. E proprio il suo difficile rapporto con le istituzioni sovietiche lo spinse a trasferirsi negli Stati Uniti lavorando a Hollywood, dirigendo film come Duet for one (1986) e il divertente Tango & Cash (1989) ed esplorando diversi generi. 

"L'arte è selezione- prosegue il regista-. E' la capacità di togliere quello che non serve: nella pittura sono i colori giusti, nella scultura si tolgono pezzi di marmo che non sono buoni e nella cinematografia bisogna saper scegliere le immagini giuste. Per fare film oggi basta avere in mano un iphone, ma anche da una cosa fatta con poco può nascere un capolavoro. Non è il prezzo del mattone che conta, ma l'idea dell'artista. Ce lo hanno dimostrato i registi neorealisti".

E a proposito di iPhone e di cellulari, il maestro ammonisce i ragazzi: "In questa società la maggior parte di voi per strada, in autobus o in metro, sta fissa con le cuffiette nelle orecchie assorta sullo schermo del telefonino. Queste persone non vedono nulla perché guardano Internet. Se improvvisamente alzeranno lo sguardo rimarranno stupiti nello scoprire che il mondo va avanti e che ci sono tante persone sia belle che brutte. Oggi i film sono fatti di riflessi, di riflessi e di riflessi, non di vita vera".

Quella "vita vera" che, secondo lui, il neorealismo è riuscito a mostrare anche perché era interpretato da attori non professionisti, come molti dei suoi film tra cui Il peccato, il lungometraggio che sta ora preparando sulla vita di Michelangelo. "Non so perché ho scelto questo titolo per il mio ultimo film. Invidio i compositori musicali perché non gli si chiederà mai a Beethoven come mai ha scelto di chiamarla Sinfonia n.5", spiega Končalovskij.

Andrei Konchalovsky - Foto Pietro Coccia

Comprendere quale sia il peccato che allude il titolo è legato alla singola percezione degli spettatori e  per lui è probabilmente il senso di inferiorità che hanno molti grandi geni, il senso di colpa e di inadeguatezza. E poi conclude: "Quando uno guarda un film solo divertente esce dalla sala e subito dimentica ciò che ha visto. Se invece vedi un film che è un'opera d'arte, quando esci non puoi dimenticare quello che hai visto. E' questo tipo di piacere che un artista può regalare allo spettatore. Lo fa diventare un bambino e poi quando esce dalla sala lo fa diventare un po' più saggio. Come si fa nessuno lo può spiegare. Ma auguro a tutti voi di vedere film che poi vi facciano stare in silenzio e che vi facciano riflettere almeno qualche minuto dopo le proiezioni".