È così che va il mondo: il cinema da blockbuster gira ormai al ritmo di reboot. Non che questo sia necessariamente un male: se prima il remake era (eccetto alcuni, sporadici casi) sinonimo di robaccia, adesso riprendere un film del passato, rifarlo e magari nel caso delle grandi saghe azzerarle e far ripartire la storia da - quasi - zero può voler dire, spesso, iniettare nuova linfa, nuovi spunti, nuova vita a qualcosa che era morto.

Oggi succede sempre più spesso che i blockbuster, i film da grande distribuzione macina-incassi abbiano un’anima anche bella: è successo con Halloween, passato da Carpenter al nuovo cantore del Male rosso sangue Rob Zombie; con Il pianeta delle scimmie, che dalla sua parabola discendente è sorprendentemente riemerso con due ottimi reboot e sequel; sta per accadere con Alien -che però non ha mai perso smalto-, e l’11 giugno, dopo ventidue anni, prepariamoci a tornare sull’isola Nublar. Proprio lì, dove tutto è iniziato, il giovane Colin Trevorrow ha deciso di ambientare Jurassic World, che a quanto pare sarà un sequel diretto di Jurassic Park, ignorando quindi (pratica comune, in questi casi) i due seguiti.

Il T-Rex di Jurassic Park (1993)
Il T-Rex di Jurassic Park (1993)
Il T-Rex di Jurassic Park (1993)
Il T-Rex di Jurassic Park (1993)

Di un quarto film se ne parlava già pochi mesi dopo l’uscita del primo diretto da Spielberg: fu lui stesso, nel giugno del 2002, ad ammettere di avere alcune idee in mente per le quali avrebbe voluto Joe Johnston, regista del capitolo 3, nuovamente alla regia. Sam Neill, protagonista del capostipite, sarebbe dovuto tornare a vestire i panni del suo Alan Grant, ma l’idea svanì cosi come altre (ad esempio, far migrare i dinosauri verso la terraferma o far tornare i personaggi del primo film); ma da allora, si è ininterrottamente lavorato ad una pre-produzione che è finita solo pochi mesi fa.

La sceneggiatura, riscritta più volte, pare però aver trovato la sua migliore forma raccontando del parco, che nei primi anni aveva calamitato milioni di visitatori. Il mondo però si è ormai abituato anche ai dinosauri riportati in vita grazie ai progressi della scienza e della genetica, così per far crescere l’affluenza gli scienziati creano un Indominus Rex (in origine, Diabolus Rex), dinosauro geneticamente ibridato da varie specie: le ripercussioni, manco a dirlo, saranno terrificanti.

L'Indominus Rex di Jurassic World
L'Indominus Rex di Jurassic World
L'Indominus Rex di Jurassic World
L'Indominus Rex di Jurassic World

Continuare a girare intorno all’idea originale di Chrichton vuol dire inevitabilmente girare sempre intorno alla stessa idea di trama: solo la bravura del regista, e il numero di twist narrativi della storia, possono far la differenza. In passato, lo stesso Spielberg con Il mondo perduto (1997), secondo capitolo del fortunato franchise, non riuscì che a girare un film denso con più di un’ombra di deja-vu: giocando con gli stereotipi del genere e con i processi di accumulazione narrativa, Spielberg pigiò l’acceleratore sul versante horror per un film che era dichiaratamente nato per la pressione dei fan e da un libro, sempre di Chrichton, scritto già con la sicurezza di una sua trasposizione su grande schermo. Forse nel Mondo perduto la dimensione narrativa dei preistorici predatori era più approfondita: di certo, il film uscì meglio del terzo, Jurassic Park 3, arrivato nel 2001 e diretto da  Johnston (oggi celebre per aver firmato uno dei più bei cinecomics tratti dalla Marvel, Captain America: First Avenger), ma il processo di consunzione sembrò automatico, e la formula parascientifica non bastava più.

Oggi il cinema è profondamente cambiato rispetto a soli dieci anni fa: riuscirà Jurassic World  - interpretato da una splendidamente sofisticata Bryce Dallas Howard, da sempre raffinata interprete di storie intense ed originali; e da un beffardo Chris Pratt, novello Indiana Jones del cinema d’avventura grazie al suo ruolo perfetto in Guardians of the Galaxy, che sarà Owen Grady, raptor whisperer, studioso del comportamento degli animali preistorici – a restituire la magia a una saga che, a distanza di due decenni, sa ancora suscitare con forza travolgente quel senso di meraviglioso che solo il vero cinema ha?

(da La Rivista del Cinematografo - n. 6 Giugno 2015)