Urlo

Howl

USA 2010
Nel 1957 l'America puritana viene scossa dalla pubblicazione di un'opera letteraria e l'esistenza del giovane Allen Ginsberg, futuro maestro della letteratura mondiale, che si ritrova improvvisamente al centro di un processo, è messa a dura prova. Infatti il suo poema 'Howl', che ha declamato per la prima volta dinanzi al pubblico il 7 ottobre di due anni prima alla Six Gallery, trova in quell'anno un editore. Si tratta della City Light Books di proprietà del poeta Lawrence Ferlinghetti, un coraggioso estimatore dell'arte. L'America reagisce scandalizzata e in breve tempo tutte le 520 copie stampate vengono requisite dalla polizia e autore e editore di vedono accusati di oscenità. Il processo, destinato a rimanere impresso nella memoria collettiva e a consacrare il giovane poeta alla gloria, segna l'inizio della cultura underground. In un processo pieno di colpi di scena, il procuratore Ralph McIntosh metterà Ginsberg e la sua esistenza dissoluta sotto agli occhi di tutti, mentre l'avvocato difensore Jake Ehrlich, da sempre impegnato nella salvaguardia dei diritti civili, proverà ad aprire gli occhi all'America.
SCHEDA FILM

Regia: Rob Epstein, Jeffrey Friedman

Attori: James Franco - Allen Ginsberg, Todd Rotondi - Jack Kerouac, Jon Prescott - Neal Cassady, Aaron Tveit - Peter Orlovsky, David Strathairn - Ralph McIntosh, Jon Hamm - Jake Ehrlich, Andrew Rogers - Lawrence Ferlinghetti, Bob Balaban - Giudice Clayton Horn, Mary-Louise Parker - Gail Potter, Heather Klar - Fidanzata di Jack, Kadance Frank - Fidanzata di Allen, Treat Williams - Mark Schorer, Joe Toronto - Marinaio, Alessandro Nivola - Luther Nichols, Jeff Daniels - Professor David Kirk, Allen Ginsberg - Se stesso (immagini di repertorio, Nancy Spence Neals - Un'amica, Johary Ramos - Il gigolò

Soggetto: Rob Epstein, Jeffrey Friedman

Sceneggiatura: Rob Epstein, Jeffrey Friedman

Fotografia: Edward Lachman

Musiche: Carter Burwell

Montaggio: Jake Pushinsky

Scenografia: Thérèse DePrez

Arredamento: Robert Covelman

Costumi: Bart Mueller, Kurt Swanson

Effetti: Salvador Simo Busom

Altri titoli:

Howl - L'urlo

Durata: 90

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)

Produzione: ELIZABETH REDLEAF, CHRISTINE KUNEWA WALKER, ROB EPSTEIN E JEFFREY FRIEDMAN PER WERC WERK WORKS, THE MATCH FACTORY, RABBITBANDINI PRODUCTIONS, TELLING PICTURES, RADIANT COOL

Distribuzione: FANDANGO

Data uscita: 2010-08-27

TRAILER
NOTE
- TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI FIGURA ANCHE GUS VAN SANT.

- IN CONCORSO AL 60. FESTIVAL DI BERLINO (2010).
CRITICA
"Scelto come film d'apertura all'ultimo Sundance, 'Howl' è finalmente in Italia ed è il film della settimana. (...) Fermamente ancorato al più noto e forse il più arditamente sperimentale tra gli scritti di Allen Ginsberg (da cui prende anche il titolo, in Italia 'Urlo') 'Howl' ha i suoi due punti forti nelle parole di Ginsberg (prese non solo dalla poesia, ma da decine di interviste rilasciate nel corso degli anni) e nell'interpretazione che James Franco dà del grande poeta di Newark. Lavorando a partire da uno dei pochissimi filmati in cui Ginsberg si vede da giovane - il rivoluzionario 'Pull My Daisy' di Robert Frank (che però non aveva suono in sync), dalle più frequenti apparizioni di quando era anziano e da dozzine e dozzine di registrazioni di 'Howl' (...). Franco (che in 'Milk' era Scott Smith) evoca con naturalezza sorprendente, l'intensità, la dolcezza, la vulnerabilità, unita però a quel lieve senso di imminente pericolo che emanavano dall'aura di Ginsberg. Che lo si veda, nel 1955, in bianco e nero, leggere 'Howl' in un coffee & shop californiano con i muri di mattoni, circondato da giovani entusiasti, mentre si innamora di Jack Kerouac, attraversa l'America con Neal Cassady o, nel 1957, a colori, in una lunga intervista rilasciata dal suo appartamento newyorkese - la voce, l'inflessione, le pause, i sorrisi accennati, i gesti per preparare il tea, l'opacità dello sguardo... ne fanno un Ginsberg verissimo e commovente." (Giulia D'Agnolo Vaillan, 'Il Manifesto', 27 agosto 2010)

"Un terzo di dramma giudiziario, un terzo di biografia, un terzo di cinema d'animazione. Il tutto impacchettato dentro l'iconografia arcinota di una delle epoche più mitizzate (e vendute, in ogni sua forma) del secondo Novecento: la San Francisco fine anni 50, quella che vide nascere e fiorire la controcultura beat in piena Guerra Fredda (con i suoi corollari: incubo atomico, segregazione razziale, puritanesimo monolitico e fiero di sé). (...) 'Urlo' funziona benone finché si comporta come un finto documentario ricostruendo con fedeltà, immaginiamo, sia il processo subito dal poema di Ginsberg (proprio dal poema, il poeta non si presenta nemmeno in aula), sia la lunga intervista parallela in cui il giovane autore illustra con passione i come e i perché biografici e letterari di quel lavoro esplosivo che mescolava omosessualità e rivolta, furti e vita randagia (probabilmente un collage di interviste d'epoca interpretato con controllata adesione da James Franco). Dove invece 'Urlo' lascia davvero a desiderare è nella parte d'animazione. Possibile che per visualizzare le estasi, le angosce, i deliri, i rapimenti sessuali e morali di Allen Ginsberg, non ci fossero immagini meno ovvie e di cattivo gusto? Sembra quasi di vedere una versione off del 'Fantasia' disneyano realizzata 70 anni più tardi! Ineccepibili invece processo e cast, a riprova che il genere giudiziario è una delle macchine spettacolari più infallibili messe a punto dal cinema Usa." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 agosto 2010)

"Tre stili perfettamente armonizzati fra loro. La cronaca in apparenza oggettiva del processo con interventi di accusa, difesa, testimoni; le letture dei suoi versi compiute in pubblico da un giovane Ginsberg alternate a un'intervista immaginaria in cui lo stesso Ginsberg, con qualche anno in più, svela se stesso, le ragioni della sua poesia, le tappe più salienti della propria vita, la madre in manicomio, l'omosessualità, le rivolte. Con la trovata che i versi letti e scanditi purtroppo in italiano vengono visualizzati da una animazione cui ha posto mano anche un noto collaboratore dello stesso Ginsberg, Eric Drooker, interpretando con fantasiosa fertilità visiva i temi e i momenti di quella poetica in cui la violenza più dura sapeva spesso accompagnarsi a lirismi di una quasi impalpabile quiete. Con il risultato di approdare ad un film in cui il documento sa farsi dramma e la cronaca si trasfigura in un'azione in cui i personaggi reali acquistano dimensioni di forte impatto emotivo. Dà volto al principale James Franco che, dopo essere stato James Dean e tre volte Spiderman, qui riesce a ricostruire con forte evidenza e partecipazione decisa le varie fasi attraversate da Ginsberg prima agli esordi poi meno giovane: con una autenticità straordinaria." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 28 agosto 2010)

"Mica male l'idea. In fondo, ci sono diversi motivi interessanti. C'è il poema di Allen Ginsberg, che non è proprio da buttare. Anzi è il testo più bello che ha scritto, così carico di dramma newyorkese, così provocatorio per quella America degli anni Cinquanta, immersa nel perbenismo e nel consumo di massa, ma soprattutto avvolta dall'incubo maccartista. C'è il processo che fu intentato a Lawrence Ferlinghetti: libraio ed editore di San Francisco che pubblicò il libro di Ginsberg. (...) Niente male per farci un film. E' quello che hanno pensato e realizzato Jeffrey Friedman e Rob Epstein (quest'ultimo premiato con due Oscar) affidando la parte di Ginsberg a un eccellente James Franco ('Spider Man' e 'Milk'). Il risultato premia il rigore documentario, ma meno quello cinematografico. 'Howl' si presenta suddiviso in tre momenti che si alternano e interagiscono. (...) Non so quanto fosse voluta, ma la costruzione di 'Howl' - il ritmo interno e il montaggio allucinato - più che alla forma letteraria si ispira a quella cinematografica. (...) Ammirare oggi la bella faccia di James Franco, così fedele al volto di Ginsberg, mentre si confessa in diretta davanti a un registratore, fa l'effetto di uno straniante reperto di archeologia industriale. Lo sentiamo parlare di tutto. E quel tutto è ormai il passato remoto. La voce (leggermente monotona nel doppiaggio) racconta la tormentata vicenda della madre che entra ed esce dagli ospedali psichiatrici, del padre che scrive poesie, dell'attrazione e poi degli innamoramenti per Kerouac, Cassady, Orlovsky. Troppa e insistita omosessualità? Forse. Ma in fondo fu uno dei tratti distintivi della Beat Generation: tutti andavano a letto con tutti." (Antonio Gnoli, 'La Repubblica', 28 agosto 2010)