Una macchia rosa

ITALIA 1969
Un giovane documentarista, Giancarlo, torna da un viaggio in India portando con sé Mary, figlia di alcuni amici di suo zio, e un abbondante materiale fotografico sul quale comincia a lavorare di malavoglia. A Roma, infatti, si sente spaesato: lo irritano il traffico caotico e le inutili preoccupazioni degli amici di un tempo. Il suo vero disagio però è dovuto al fatto che non gli riesce di mettere a fuoco l'esperienza compiuta, di dare un senso al suo viaggio. Cercando una risposta alla propria inquietudine va a trovare lo zio, ma inutilmente. Durante un week-end con due amici, lo raggiunge la notizia che sua sorella, Valeria si è uccisa. Dopo aver allontanato tutti, compresa Adele - l'attrice con la quale era fidanzato - Giancarlo, con la sola compagnia di Mary, si dedica con impegno al suo lavoro: la risposta che cercava è in quei volti di indiani segnati dalla fame, in quella foto di un cadavere affidato al Gange, coperto di una veste rosa che ne cela il volto, l'età, il sesso, simile a quella di altri milioni di indiani che il fiume accoglierà domani, in una successione senza fine.
SCHEDA FILM

Regia: Enzo Muzii

Attori: Giancarlo Giannini - Giancarlo, Leopoldo Trieste - L'attore, Delia Boccardo - Livia, Valeria Moriconi - Valeria, Ginevra Benini, Orchidea De Santis, Stefanella Giovannini, Carlo Leva, Harold M. Null, Ivan Ricci

Soggetto: Enzo Muzii

Sceneggiatura: Tommaso Chiaretti, Enzo Muzii, Ludovica Ripa di Meana

Fotografia: Luciano Tovoli

Musiche: Shawn Phillips

Montaggio: Gerardo Bortolan

Scenografia: Carlo Leva

Aiuto regia: Ludovica Ripa di Meana

Durata: 98

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA, KODAKCOLOR, EASTMANCOLOR

Produzione: ANNA MUZII PER FRAIA FILM

Distribuzione: INC - ITAL NOLEGGIO CINEMATOGRAFICO (1970)

CRITICA
"Il film, per la povertà dei mezzi espressivi non riesce a rendere in modo convincente e motivato la crisi spirituale del protagonista. Di rilievo alcune immagini documentaristiche". ('Segnalazioni Cinematografiche', vol. 68, 1970)

"[...] E' anche questo un film stilizzato, in cui toni e volumi sono squisitamente filtrati sino all'essenza, un film che nei suoi momenti più puri ha la diafana grazia policroma del vetro soffiato. E, non per caso, anche la cadenza psicologica del racconto, l'arco dell'avventura attraverso la quale passa il personaggio, in certo modo coincidono [...]. Il film, sempre stupendo di grana e meditatissimo in ogni sequenza [...] [ha] lo sbaglio, secondo me, di aver dato troppo posto al personaggio del protagonista [...] che in fondo non è né originale né interessante [...]". (Filippo Sacchi, 'Epoca', 12 luglio 1970).