Un padre, una figlia

Bacalaureat

4/5
Il dilemma morale secondo Mungiu. Che guarda a Kieslowski, tra questioni di principio e compromessi

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BELGIO 2016
Romeo Aldea, un medico che vive in una piccola città di montagna in Transilvania, ha cresciuto la figlia Eliza con l'idea che al compimento del diciottesimo anno di età lascerà la Romania per andare a studiare all'estero. Il suo progetto sta per giungere a compimento: Eliza ha ottenuto una borsa di studio per frequentare una facoltà di psicologia in Gran Bretagna. Le resta solo da superare l'esame di maturità, una mera formalità per una studentessa modello come lei. Ma il giorno prima degli esami scritti, Eliza subisce un'aggressione che mette a rischio la sua partenza. Adesso Romeo è costretto a prendere una decisione. Ci sono diversi modi per risolvere il problema, ma nessuno di questi contempla l'applicazione di quei principi che, in quanto padre, ha insegnato a sua figlia.
SCHEDA FILM

Regia: Cristian Mungiu

Attori: Adrian Titieni - Romeo, Maria-Victoria Dragus - Eliza, Lia Bugnar - Magda, Malina Malovici - Sandra, Vlad Ivanov - Ispettore Capo, Gelu Colceag - Presidente di Commissione d'esame, Rares Andrici - Marius, Petre Ciubotaru - Vice Sindaco Bulai, Alexandra Davidescu - Madre di Romeo, Emanuel Parvu - Pubblico Ministero Ivascu, Lucian Ifrim - Albu Marian, Gheorghe Ifrim - Agente Sandu, Adrian Vancica - Gelu, Orsolya Moldován - Csilla, Tudor Smoleanu - Dottor Pandele, Constantin Cojocaru - Fabbro, Liliana Mocanu - Sig.ra Bulai, David Hodorog - Matei, Eniko Benczo - Sig.ra Mariana, Claudia Susanu - Donna delle pulizie, Petronela Grigorescu - Madre della ragazza, Robert Emanuel - Padre del ragazzo, Mihai Giurit?An - Guardia del corpo, Andrei Morariu - Soldato, Kim Ciobanu - Indiziato, Claudiu Dumitru - Indiziato, Mihai Coroian - Indiziato, Valeriu Andriuta - Indiziato, Dionisie Vitcu

Sceneggiatura: Cristian Mungiu

Fotografia: Tudor Vladimir Panduru

Montaggio: Mircea Olteanu

Scenografia: Simona Paduretu

Arredamento: Anca Perja

Costumi: Brândusa Ioan

Altri titoli:

Family Photos

Fotografii de familie

Baccalauréat

Graduation

Photos de famille

Durata: 128

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 2K, SCOPE

Produzione: CRISTIAN MUNGIU, PASCAL CAUCHETEUX, GRÉGOIRE SORLAT, VINCENT MARAVAL, JEAN-PIERRE E LUC DARDENNE, JEAN LABADIE PER MOBRA FILMS, WHY NOT PRODUCTIONS, LES FILMS DU FLEUVE, FRANCE 3 CINEìMA

Distribuzione: BIM

Data uscita: 2016-08-30

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DI: THE ROMANIAN NATIONAL CENTER FOR CINEMATOGRAPHY, EURIMAGES; CON IL CONTRIBUTO DI: CANAL+, FRANCE TEìLEìVISIONS CINEì+, WILD BUNCH, ORANGE, CATENA, CARLSBERG, GROUPAMA ASIGURĂRI.

- PREMIO PER LA MIGLIOR REGIA (EX AEQUO CON "PERSONAL SHOPPER" DI OLIVIER ASSAYAS) AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016).
CRITICA
"(...) ammirevole 'Bacalaureat' di Cristian Mungiu, dove gli esami di fine liceo (il bacalaureat del titolo) della diciottenne Eliza (Maria Dragus) diventano lo spunto per una riflessione accorata e malinconica sui sogni e la moralità di tutto il Paese. (...) Mungiu (...) porta lo spettatore a riflettere sulla vischiosità di certe situazioni e comportamenti. Ne esce un quadro di pessimismo diffuso, dove i sogni di rinnovamento (...) si sfarinano di fronte a ostacoli e pressioni, e gli ideali che si vorrebbero trasmettere alle nuove generazioni dimostrano di reggersi su basi fragilissime." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 20 maggio 2016)

"Sullo sfondo di un Paese ancora sfaldato nonostante la ritrovata democrazia, il regista mette in scena un'intensa odissea urbana ottimamente scritta e costruita con lunghi piani sequenza durante i quali i personaggi, e il pubblico con loro, trovano il proprio ritmo." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 20 maggio 2016)

"(...) qui lo scontro è molto poco amoroso - diviene il centro a cui si aggregano relazioni specchio dell'intera società. (...) Mungiu fa parte di quei registi che costruiscono il film contro il protagonista. E non perché questi (...) sia peggio di chi lo circonda. La figlia, la moglie, l'amante, il ragazzo della figlia nella sfera personale e i diversi rappresentanti delle istituzioni in quella pubblica (...) sono «mostruosi» fino alla repulsione. (...) film (...) controllatissimo (ma non è sempre sinonimo di riuscita il controllo) nel quale Mungiu ritorna dopo l'estasi maniaco-settaria di 'Al di là delle colline' a un movimento narrativo più simile a quello di '4 mesi, tre settimane 2 giomi', il film che lo ha lanciato. Scrittura millimetrata, nessun vuoto, un crescendo pensato per condannare il protagonista colpevole di essere caduto anche lui nella corruzione. (...) una variazione compiaciuta sulla necessità del castigo (come in 'Al di là delle colline'). Un totalitarismo moralista che però con la morale non ha nulla a che fare." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 20 maggio 2016)

"È incredibile quante cose riesce a raccontarci Mungiu in questo «morality play», denso e impeccabile: un matrimonio in crisi, il contrasto generazionale, la pervasiva forza del compromesso, la corrosa Romania postcomunista e un protagonista (l'ottimo Adrian Titieni) che rispecchia in tutte le sfumature di grigio la fragile complessità della natura umana." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 20 maggio 2016)

"Cristian Mungiu è di un'altra categoria. I cinefli modaloli si offenderanno (pazienza), ma il romeno è un regista pazzesco, con una solidità e una profondità che pochi possono eguagliare. Ha 48 anni e ha diretto solo quattro lungometraggi, più numerosi corti e un'intensa attività di produttore. Ma quando sceglie la storia, è come se prendesse un bisturi e dissezionasse il suo paese - la Romania post-Ceausescu - con la precisione e la crudeltà del grande artista. (...) Mungiu ha l'ampiezza di sguardo del grande romanziere e la semplicità di stile del grande regista." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 20 maggio 2016)

"Mungiu ci infila in una trappola angosciante, bracca il protagonista, racconta la difficoltà di una generazione che aveva creduto nell'arrivo della democrazia e oggi è paralizzata dai compromessi e dalle piccole viltà. In questa visione desolata e potente, lo stile spoglio è arricchito e reso ancor più opprimente dall'uso dello schermo panoramico." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 20 maggio 2016)

"(...) buone notizie dalla Romania, con 'Bacalaureat' di Cristian Mungiu (...). Aderenza ai personaggi, introspezione psicosociale e felicità di scrittura filmica 'Bacalaureat' rifugge l'esibizionismo e il fumo negli occhi, ma non la sostanza del grande cinema." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 20 maggio 2016)

"(...) film, asciutto ed essenziale, costruito, come dichiara il regista, nel segno dell'«importanza di realtà e realismo» (...)." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 20 maggio 2016)

"I protagonisti di Cristian Mungiu (...) sono obbligati a confrontarsi con un mondo che esclude regole e principi per far valere piccole o grandi sopraffazioni davanti alle quali le legittime aspirazioni sono destinate a spegnersi. (...) Il racconto è solido ma l'impressione di déjà vu è vagamente molesta." (Andrea Martini, 'Nazione-Carlino-Giorno', 20 maggio 2016)

"Mungiu non alza la voce ma mostra la connivenza, il contagio, le pressioni che esercitiamo senza volere anche sui nostri cari, la rete di interessi che avvolge persone e paesi in un assolutorio 'cosi fan tutti'. Niente di nuovissimo forse. Ma che attori, che sguardo, che capacità di dire e non dire, alludere e far pensare." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 29 agosto 2016)

"Personaggi complessi, moralmente ambigui, in un bel ritratto, cinico e pessimista, di un paese. Applausi." (A.S., , 'Il Giornale', 31 agosto 2016)

"Veterano di premi sulla Croisette, l'ancor giovane regista rumeno sembra non sbagliare un colpo anche quando decide di ammorbidire i toni narrativi e registici del suo cinema. È questa, infatti, la grande differenza dalle opere precedenti ('4 mesi, 3 settimane, 2 giorni' e 'Oltre le colline'), che ricordiamo durissime e sconvolgenti. L'incisività tuttavia non muta e il coltello è inflitto nella piaga di una nazione percepita come corrotta, statica, invivibile. Dolente e corrosivo, il terzo lungometraggio di Mungiu si è meritato il premio alla regia a Cannes. Da non perdere." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 1 settembre 2016)