TRE STAGIONI

THREE SEASONS

USA 1999
Alcune storie si intrecciano per le strade della Saigon di oggi, in parallelo col fluire delle stagioni. Una giovane dalla voce aggraziata e melodiosa commuove col proprio canto un vecchio maestro che vive isolato dal mondo. La ragazza, che raccoglie fiori di loto, viene ricevuta dal vecchio senza però poterlo vedere. Alla sua presenza, intona ancora il canto e poi lui le chiede di aiutarlo a scrivere i ricordi degli anni giovanili. La ragazza poi va in città a vendere i fiori, senza però molto successo. In una seconda occasione, il vecchio decide di rivelarsi: le sue mani sono state deturpate dalla lebbra. Il canto della ragazza accompagna la morte del maestro. Un conducente di risciò vede una prostituta uscire da un grande albergo. Se ne innamora, comincia a seguirla e ad accompagnarla fino a casa. Lei, dapprima sorpresa e spaventata, finisce col lasciarsi conquistare dalla sincerità del giovane. Un bambino, in una notte piovosa, viene derubato della valigetta con gli oggetti da vendere ai turisti. La ritroverà all'alba. Un reduce americano è in città per cercare la figlia, nata da una relazione durante il periodo di guerra e mai vista. Il ritrovamento significa riacquistare la pace con se stesso.
SCHEDA FILM

Regia: Tony Bui

Attori: Don Duong - Hai, Zoe Bui - Lan, Harvey Keitel - James Hager, Mguyen Ngoc Hiep - Kien An, Minh Ngoc - Camionista, Nguyen Huu Duoc - Woody, Tran Manh Cuong - Maestro Dao

Soggetto: Tony Bui, Timothy Linh Bui

Sceneggiatura: Tony Bui

Fotografia: Lisa Rinzler

Musiche: Richard Horowitz

Montaggio: Keith Reamer

Scenografia: Wing Lee

Costumi: Ghia Ci Fam

Effetti: Russell Berg, David Watkins

Durata: 113

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Produzione: KLIOT JASON, VICENTE JOANA, TONY BUI

Distribuzione: MIKADO FILM (1999)

NOTE
- E' IL PRIMO FILM AMERICANO GIRATO NEL SUD-EST ASIATICO DOPO LA GUERRRA DEL VIETNAM IN LINGUA VIETNAMITA E ATTORI VIETNAMITI.
CRITICA
"Come ci si sente a scoprire il proprio paese natale attraverso una macchina da presa dopo tanti anni di ricordi più o meno mitizzati e di immagini riflesse (deformate) dalla cultura d'adozione? La risposta, che meriterebbe ben altre indagini, è il tono incantato, elegiaco, astratto, quasi ingenuo, di questo film".
(Fabio Ferzetti, "Il Messaggero", 1 ottobre 1999).