The Zero Theorem - Tutto è vanità
The Zero Theorem

- Regia:
- Attori: - Qohen Leth, - Bainsley, - Joby, - Bob, - "Management", - Dott.ssa Shrink-Rom, - Dottore, - Dottore, - Dottore, - Clone, - Bonnie, - Lacy
- Sceneggiatura: Pat Rushin
- Fotografia: Nicola Pecorini
- Musiche: George Fenton
- Montaggio: Mick Audsley
- Scenografia: David Warren
- Arredamento: Gina Stancu
- Costumi: Carlo Poggioli
- Effetti: Nick Allder, Adrian Popescu, Felix Lepadatu
- Durata: 107'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Specifiche tecniche: DCP
- Produzione: ASIA & EUROPE, ZANUCK INDEPENDENT IN ASSOCIAZIONE CON PICTURE PERFECT CORPORATION, FILM CAPITAL, EUROPE FUNDS, ZEPHYR FILMS LIMITED
- Distribuzione: MINERVA PICTURES (2016)
- Data uscita 7 Luglio 2016
TRAILER
RECENSIONE
“Zero è uguale al 93,789 per cento. Zero deve essere uguale al cento per cento”. In una Londra di un futuro non precisato, Qohen Leth (Christoph Waltz) vive dentro una chiesa abbandonata. Disturbato ed eccentrico genio del computer, ha difficoltà a relazionarsi con il prossimo. La sua esistenza è condizionata dall’angoscia, nell’attesa di una telefonata che, ne è sicuro, gli darà finalmente le risposte che aspetta da tempo. Intanto, però, deve venire a capo del nuovo progetto affidatogli da Management (Matt Damon), The Zero Theorem, destinato a fornire la soluzione del mistero sul senso della vita: oltre ad un progressivo esaurimento nervoso, Qohen dovrà “sopportare” anche le incursioni della bella e disinibita (?) Bainsley (Melanie Thierry) e del giovane figlio-prodigio di Management, Bob (Lucas Hedges).
Sovraccarico, imperfetto e libero, il film di Terry Gilliam – in concorso a Venezia otto anni dopo I fratelli Grimm e l’incantevole strega – rimanda gli occhi e il pensiero a Brazil, ma la riflessione è spostata di trent’anni in avanti. Ai nostri giorni, che nel futuro rappresentato dal film trovano un’iperbole riproduttiva spaventosa: la connessione è amplificata, i rapporti umani distrutti. Non a caso, Qohen parla in prima persona plurale e allontana da sé qualsiasi tipo di contatto con il prossimo: il passo successivo è un buco nero. Lo stesso che Qohen sogna in maniera ricorrente, lo stesso che – ma è solo un’ipotesi – ci potrebbe ingoiare tutti una volta risolto il Zero Theorem. La perfezione è la fine, la virtualità – unico modo in cui Qohen riesce ad avvicinarsi a Bainsley – semplicemente un surrogato. Dove alla fine, ancora una volta soli, potremo palleggiare con il sole.
Disperato, bellissimo.
In concorso a Venezia nel 2013, trova finalmente una distribuzione in sala.
NOTE
- MENZIONE SPECIALE DEL FUTURE FILM FESTIVAL DIGITAL AWARD ALLA 70. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2013).
CRITICA
"Chi sarà mai il regista che inizia il suo film con l'immagine dell'universo, del caos primordiale? Ma è lui, l'unico, Terry Gilliam, che (...) con il suo 'The Zero Theorem' (...) vorrebbe dimostrare che tutto è uguale a zero, una possibile risposta alla domanda sul «senso della vita» che divertiva coi tanto i Monty Python delle origini. (...) Ricordiamo 'The Crimson Permanent Asurance' il suo episodio del 'Senso della vita' quando era tra i Monty Python, la geniale scena degli impiegati anziani e malmessi dell'agenzia di assicurazioni che si distaccavano in volo dal loro ufficio diventato un vascello di pirati a sintetizzare inaspettatamente la nuova schiavitù del lavoro e la via d'uscita. Qui con un vasto dispiegamento di costruzioni sbalorditive si mostra una società del «futuro» che impone la separazione tra gli individui e favorisce i contatti solo virtuali. E ancora una volta ognuno dovrà dare le sue risposte, se non si perderà nella fantasmagorica costruzione dell'avvicendamento delle scene dove costruzioni e personaggi si fondono. (...) Il divertimento puro di questo film allontana istanze moralistiche, va al nocciolo delle cose, a dispetto dello sguardo che vaga da un'invenzione all'altra, troppo humour per cedere alle banalità, al volgare trucco virtuale." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 7 luglio 2016)
"Grazie al genio di Terry Gilliam, un grande attore come Christoph Waltz riesce, per una volta, a svincolarsi dal personaggio di malvagio psicopatico che rischia di diventare la sua condanna." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 7 luglio 2016)
"Vi deve piacere Terry Gilliam e molto, perché il suo cinema, spesso sopra le righe, non è facile da digerire. D'altronde, come don Chisciotte, l'autore lotta, da sempre, contro i mulini a vento della confusione esistenziale cercando di esplorare temi alti, in modo quasi ossessivo. Ma, in alcuni momenti, viene il mal di testa." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 7 luglio 2016)
"Il protagonista è un altro psicotico solitario della serie Terry Gilliam. Cupo, schizzato, agorofobo (...). Spiacerà a chi credeva ancora nel genio visionario di Gilliam, nonostante i flop a ripetizione. Ma i fan han da mettersi il cuore in pace. Terry è proprio bollito. E fa bollire anche i suoi attori (persino Waltz gira a vuoto)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 7 luglio 2016)
"Terry Gilliam ritorna al futuro. Con 'The Zero Theorem' il regista americano ex Monty Python realizza un seguito ideale del suo capolavoro di fantascienza distopica 'Brazil' (1985). (...) Come tutti i film di Gilliam anche 'The Zero Theorem' è saturo fino all'inverosimile di stimoli grafici, provocazioni intellettuali (l'idea che per la corporation il lavoro debba essere affrontato come 'ludus'), ridondanze (c'è un abuso della cover della hit dei Radiohead 'Creep') fino ad arrivare a un finale che potreste trovare contemporaneamente stimolante o estenuante nelle sue infinite e cervellotiche chiavi di lettura. Rimane sicuramente la grande mano di un genuino visionario del 900 bravo in questo caso a maneggiare uno zero budget infinitamente più povero rispetto a Brazil, punta di diamante della sua filmografia. Bravissimo Waltz nell'essere respingente come eroe di una pellicola più da contestare che da amare (marchio di fabbrica di Gilliam)." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 13 luglio 2016)
"Visionario, disturbante, filosofico, 'The Zero Theorem' è paradigmaticamente un'opera a tema che apre più alle domande che non alle risposte, caratteristica sicuramente positiva. Per appassionati alla sci-fi impegnata." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 14 luglio 2016)