The constant gardener - La cospirazione
The Constant Gardener
- Regia:
- Attori: - Justin Quayle, - Tessa Quayle, - Sandy Woodrow, - Sir Bernard Pellegrin, - Marcus Lorbeer, - Arnold Bluhm, - Miriam, - Ispettore Deasey, - Sir Kenneth Curtiss, , , , - Karl, - Karl, , - Ana, - Birgit, , - Crick, - Kioko, - Giornalista, - Guido Hammond, - Maude Donohue, - Moglie di Journo, - Ufficiale immigrazione, , , , - Dottor Joshua Ngaba, - Harry Woodrow, - Ufficale obitorio, - Ghita Pearson, - Arthur Hammond, - Jonah Andika, - Guardia, - Tim Donohue, - Journo, - Porter Coleridge, - Gloria Woodrow, , - Wanza Kiluhu, - Mustafa, - Grace Makanga, , , , - Giornalista, - Mike Mildren, - Esmerelda, , - Segretaria di Birgit
- Soggetto: John le Carré
- Sceneggiatura: Jeffrey Caine
- Fotografia: César Charlone
- Musiche: Alberto Iglesias
- Montaggio: Claire Simpson
- Scenografia: Mark Tildesley
- Costumi: Odile Dicks-Mireaux
- Effetti: Robert Yeager, Adrian de Wet
-
Altri titoli:
Der Ewige Gärtner
- Durata: 129'
- Colore: C
- Genere: THRILLER
- Specifiche tecniche: 35 MM
- Tratto da: romanzo "Il giardiniere tenace" di John Le Carré (Arnoldo Mondadori Editore, 2001)
- Produzione: FOCUS FEATURES, POTBOILER PRODUCTIONS LTD., SCION FILMS LIMITED
- Distribuzione: BIM (2006)
- Data uscita 3 Marzo 2006
TRAILER
RECENSIONE
Dopo l’assassinio della moglie Tessa, giovane attivista per i diritti umani, il mite diplomatico Justin Quayle apre gli occhi sulla realtà, cui finora ha preferito la cura delle piante del suo giardino. La donna stava raccogliendo le prove di un enorme scandalo: in Kenya, malati usati come cavie per testare un nuovo medicinale. Solo contro tutti, Justin trova il coraggio di affrontare un complotto internazionale. Adattamento di un romanzo di John Le Carré, Il giardiniere tenace celebra il matrimonio fra la testimonianza politica, la storia di spie alla 007, con l’azione che salta da un continente all’altro, e la love-story (melo)drammatica. Oggi, un gran numero di film pretende a contatti inequivocabili con la realtà: vuoi nella dichiarazione – sempre più frequente – “tratto da una storia vera”, vuoi nello stile della rappresentazione. Ed è precisamente lo stile della messa in scena (meglio, della messa-in-quadro e della messa-in-serie) il problema del film di Meirelles. Il cineasta mira alla contaminazione della fiction con la forma documentaristica, traduce l’urgenza della denuncia in atteggiamenti da “cinema diretto”, cinepresa a spalla, pedina il realismo. Nello stesso tempo, però, si lascia andare a esercizi di stile (stacchi improvvisi, salti temporali, qualche immagine rasente la soglia del subliminale) che richiamano l’estetica del videoclip, senza celare le ambizioni formali. Se la cosa funzionava nel precedente City of God, dramma survoltato sulle favelas di Rio, qui la mescolanza di realismo e stilizzazione finisce per fagocitarsi, poco a poco, la denuncia di una realtà miserabile, somma dello strapotere delle multinazionali, della corruzione dei governi post-coloniali, delle condizioni di vita dei sudditi; rendendo il tutto un po’ artificioso e irritanti alcuni dei momenti di maggiore tensione drammatica (quel bambino che insegue l’aereo…). Ipersensibile ed elegantemente stanco, Fiennes interpreta come sempre se stesso; affascinante il fantasma di Rachel Weisz, che ha vinto il Golden Globe per la migliore non-protagonista.
NOTE
- GOLDEN GLOBE 2006 A RACHEL WEISZ COME MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA.
- OSCAR 2006: MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA (RACHEL WEISZ). ALTRE NOMINATIONS: MIGLIOR SCENENGGIATURA NON ORIGINALE, MIGLIOR MONTAGGIO E MIGLIOR COLONNA SONORA.
CRITICA
"Girato con qualche sovrabbondanza, ma con un'ambientazione dal vero che in una sola panoramica abbraccia i verdi campi da golf dei britannici e le baraccopoli dei dannati della terra, il film di Meirelles è l'unico che abbia coinvolto emotivamente il pubblico alla pari con il favorito 'Good Nighit, and Good Luck'. Basterà per contendergli il Leone?." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 10 settembre 2005)
"Il film non è nulla di speciale, ma rimangono molto interessanti l'intervento di tipo documentaristico compiuto dal direttore della fotografia César Ciarlone sul paesaggio e sulla popolazione africana e l'effetto sociale della vicenda." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 10 settembre 2005)
"Adattando il gran romanzo di Le Carrè (Mondadori), il brasiliano Meirelles intreccia con molta abilità epoche e livelli narrativi come già faceva in 'City of God'. Lo stupore e il dolore privati di Ralph Fiennes aggiungono concretezza personale all'indignazione per gli abusi delle multinazionali, sostenute dall'alto in Africa come in Europa. Il prima e il dopo-delitto si mescolano trascinati da un flusso di immagini sempre molto seducenti che fondono l'effetto-verità di riprese mobilissime, stile documentario, a un senso smagliante dei colori. Morale: l'Africa non è mai stata più bella e più atroce. Un occhio alla denuncia, uno allo spettacolo (la moglie è l'incantevole Rachel Weisz) , 'The Constant Gardener' è solo un film di genere . Ma nel suo genere è raro trovare di meglio." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 3 marzo 2006).
"Passato senza echi all'ultima Mostra veneziana, 'The Constant Gardener - La cospirazione' (tratto dal romanzo di un ormai senile John Le Carré) racconta con indignata partecipazione il complotto di una multinazionale farmaceutica ai danni del popolo africano. Interpretato da un Ralph Fiennes al di sotto della sua classe e diretto dal brasiliano Fernando Meirelles che aveva dato ben altra prova di sé nell'avvincente 'Cidade de Deus', il film si barcamena tra le parole d'ordine terzomondiste, i volteggi documentaristici sulle favelas e una love story alquanto convenzionale. Del resto con un occhio (troppo) puntato sulla denuncia e l'altro (troppo) affascinato dallo spettacolo, il quadro non poteva che risultare strabico: come dimostrano le numerose finezze stilistiche (panorami cartolineschi, ritmo sovreccitato, musica etnica a base di percussioni, riprese con la camera a mano, montaggio ellittico tempestato di flashback) che a poco a poco fagocitano il film e lo rendono farraginoso, prevedibile e ordinario." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 4 marzo 2006).
"Nello stile della rappresentazione, meticcio quanto la storia che racconta, Meirelles sposa la fiction con la forma documentaristica, traducendo l'urgenza della denuncia in atteggiamenti da 'cinema diretto'. Nello stesso tempo, però, si lascia andare a esercizi di stile, come nel precedente 'City of God'. Senza rendersi conto che la mescolanza di realismo e stilizzazione si fagocita, poco a poco, la denuncia di una realtà miserabile, somma dello strapotere delle multinazionali, della corruzione dei governi post-coloniali, delle condizioni di vita dei sudditi; rendendo il tutto un po' artificioso e irritanti alcuni dei momenti di maggiore tensione drammatica. E poi, diciamolo: vedere volti di star mischiati a volti di bambini africani affamati produce quell'effetto di 'abiezione' di cui parlava Serge Daney. Anziché dare visibilità agli 'invisible children', le star vi si sovrappongono, li sostituiscono, finiscono per cancellarli." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 3 marzo 2006)