Sorelle mai

- Regia:
- Attori: - Giorgio, - Elena, - Sara, - Zia di Sara e Giorgio, - Zia di Sara e Giorgio, - Gianni, l'amico di famiglia, - La professoressa, - Irene, - Silvia, - La professoressa, - Il preside, - La professoressa
- Sceneggiatura: Marco Bellocchio
- Fotografia: Marco Sgorbati, Gian Paolo Conti - (1999), William Santero - (collaborazione), Matteo Fago - (collaborazione)
- Musiche: Carlo Crivelli, Enrico Pesce
- Montaggio: Francesca Calvelli, Claudio Misantoni - (collaborazione), Stefano Mariotti - (collaborazione per il 2005)
- Scenografia: G. Maria Sforza Fogliani - (2005)
- Costumi: Daria Calvelli - (2004)
- Suono: Gaetano Carito - (presa diretta), Fulgenzio Ceccon - (presa diretta), Alessandro Zanon - (presa diretta), Filippo Porcari - (presa diretta)
- Aiuto regia: Lucilla Cristaldi
- Durata: 105'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Produzione: KAVAC, FARE CINEMA (1999, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008), PROVINCIA DI PIACENZA, COMUNE DI BOBBIO, RAI CINEMA
- Distribuzione: TEODORA FILM (2011) - DVD E BLU-RAY: CG HOME VIDEO; DVD: 01 DISTRIBUTION (2011)
- Data uscita 16 Marzo 2011
TRAILER
RECENSIONE
Bobbio 1999-2008: spaccato intimista di una famiglia borghese. Tre generazioni a confronto: due ottuagenarie (Letizia e Maria Luisa Bellocchio), attaccate alla terra come il polipo allo scoglio, che parlano una diversa lingua, appartengono a un’altra Italia; il nipote Giorgio (Pier Giorgio Bellocchio), che va e viene dal paese, dalle zie si rifugia, da loro sguscia, sogna di fare l’attore, sbaglia amori, affari, coccola la piccola Elena (Elena Bellocchio), figlia di Sara; e Sara (Donatella Finocchiaro), sorella di Giorgio, transfuga a Milano, carriera d’attrice anche lei, non una cattiva madre ma una mamma assente sì, vende la sua parte di casa ed è la prima a tagliare di netto con le origini. In mezzo calore umano e muri, ansie e inquietudini e rabbiosi trionfi, in questo Buddenbrook all’emiliana che Bellocchio ha realizzato con i corsisti di “Fare Cinema”, molta sensibilità e pochi (pochissimi) euro.
Sei episodi in sei anni (dal ’99 si passa direttamente al 2004, e poi anno per anno fino al 2008), per cogliere il lento sfibrarsi di un mondo antico, abbarbicato sulle valli del Monte Penice e le sue tradizioni, legno invecchiato di un fragile albero di famiglia, i cui rami toccano pure chi per nascita non vi appartiene – la maestrina Alba Rohrwacher, nell’episodio più avulso, meno riuscito; l’amministratore Gianni (splendido Schicchi Gabrieli), simbolo della comunità, epifania del suo dissolvimento. Un film di equilibri incerti, di mestiere e d’improvvisazione, estivo e notturno, leggero e crepuscolare, sospeso tra passato (gli inserti da I pugni in tasca, ovvero l’indomito spirito di ribellione) e presente (perfetto il digitale nel dare corpo, grana e colore al tramonto delle illusioni, al momento del raccoglimento), desiderio di fuga e paura di perdersi. Pervaso da una struggente, malinconia. Personale, anzi autobiografico, intessuto dei temi cari al regista – la maternità, la religione, il confronto con le proprie radici, il rapporto tra arte e vita. Non un’opera minore, ma il piccolo film di un grande maestro.
NOTE
- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2011 PER: MIGLIOR REGISTA E MONTATORE.
- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2011 PER: REGISTA DEL MIGLIOR FILM, MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (DONATELLA FINOCCHIARO, CANDIDATA ANCHE PER "MANUALE D'AMORE 3" DI GIOVANNI VERONESI) E MONTAGGIO (FRANCESCA CALVELLI E' STATA CANDIDATA ANCHE PER "LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI" DI SAVERIO COSTANZO).
CRITICA
"'Oggi fare un film è impossibile, se non pensi al botteghino. Ancor più, se sei giovane'. J'accuse firmato Marco Bellocchio, che domani porta in sala 'Sorelle mai'. (...) Una sorta di 'Buddenbrook' all'emiliana, che porta sul grande schermo in formato famiglia la natia Bobbio, attraverso tre generazioni chiamate a un confronto pubblico e privato, con i pugni ancora in tasca. (...) Italia mia, ovvero la rappresentazione del potere qui e ora secondo Bellocchio, è in standby." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 15 marzo 2011)
"'Sorelle mai' di Marco Bellocchio nasce dall'esperienza del regista alla scuola Fare cinema di Bobbio, dai seminari a cui partecipano attori, attrici, giovani talenti di regia. Nel corso di quasi dieci anni, tra il '99 e il 2008, Bellocchio li ha coinvolti in questo racconto, un lavoro sul tempo, di improvvisazione e messinscena, e un emozionante gioco di specchi sul cinema. Ci sono Donatella Finocchiaro (Sara), Alba Rohrwacher, i figli del regista, Piergiorgio (Giorgio) e Elena, che vediamo crescere, da bimbetta a ragazzina smaliziata. Le due zie, Maria Luisa e Letizia sono le sorelle del regista, come Gianni Schicchi Gabrieli l'amministratore di famiglia è un amico di antica data. Ma 'Sorelle mai', (...) non è un 'documentario': è una ricerca, un viaggio nell'immaginario tra passato e presente, nel salotto buono apparecchiato per il pranzo, appare il 'fantôme' di Lou Castel, il giovane 'nauseato' dei 'Pugni in tasca'. Insieme a altre fantasmagorie bellocchiane, il melodramma, Verdi, il teatro, la dolcezza melanconica dell'uomo in frac» che si dissolve nelle acque del fiume." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 15 marzo 2011)
"Un bel film di Marco Bellocchio con il suo ritorno in Val Trebbia, a Bobbio dov'è nato e dove la sua famiglia ha ancora le radici. Una rivisitazione, dopo un primo documentario nell'80 intitolato appunto 'Vacanze in Val Trebbia', l'aveva già tentata nel 2006 con un mediometraggio, 'Sorelle'. Oggi lo completa e vi costruisce attorno sei storie i cui protagonisti sono seguiti lungo l'arco di dieci anni, dal '99 al 2008. Non sono però staccate, in mezzo vi passa il tempo, gli attori-personaggi crescono e mutano anche d'aspetto, ma il clima e le intenzioni del regista non mutano perché si tratta sempre di accompagnare l'evoluzione, all'interno di una stessa famiglia (i Mai, che appunto si richiamano ai Bellocchio) di due zie, di un fratello, di una sorella e della figlia di quest'ultima, proposta dall'infanzia all'adolescenza. (...) Con una narrazione piana, senza mai fratture di stile, all'insegna di un realismo intento ad ogni svolta a farsi documento. Propiziandone la nota autentica con la presenza, in molti personaggi, degli stessi membri della sua famiglia, le brave zie, il fratello Pier Giorgio, Elena, la bambina che cresce. Affiancati, ma senza mai note stonate, da interpreti come Donatella Finocchiaro o come Gianni Schicchi Gabrieli cui, pur sempre nelle cifre della cronaca, è affidata la pagina finale, tutta mestissima poesia." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 15 marzo 2011)
"Non è da tutti trasformare un'esercitazione scolastica in un film d'autore. Marco Bellocchio c'è riuscito, con i rischi che un'operazione di questo tipo comporta, e il risultato è adesso sotto gli occhi di tutti. (...) Work in progress, dunque. E non è detto che non debba assumere altre forme negli anni a venire, visto che all'origine c'è il lavoro fatto ogni estate con gli allievi del corso 'Fare cinema' che il regista tiene a Bobbio. (...) Ogni personaggio apre nuove possibilità di svolgimento a una storia complessa e 'multipla', e nello stesso tempo funzionale alla sua origine 'didattica'. Perché ogni personaggio, ogni situazione, ogni singola scena sono tutti possibili spunti di lavoro per un ipotetico 'fare cinema' (come appunto si chiamano i corsi estivi); sono idee di storie e di caratteri che un film più tradizionale avrebbe tesaurizzato e sviluppato e che invece Bellocchio regala e 'disperde', offrendoli alla fantasia dello spettatore. Come se ognuno dovesse costruirsi la propria trama e la propria storia, privilegiando ora questa ora quella situazione. Un'ipotesi di lavoro, questa, che il misterioso finale con Gianni Schicchi Gabrieli (un altro volto noto della filmografia bellocchiana, a metà tra l'amico di famiglia e l'attore) non fa che confermare e rilanciare. In un film così frammentario è difficile ritrovare la 'scena clou' ma quella in cui tutti i membri della famiglia si ritrovano da un notaio è forse la più significativa di tutto il film. Perché da una parte risolve le disavventure del personaggio di Sara permettendole di tornare a fare la mamma a tempo pieno. E dall'altra, con le gag incrociate tra Giorgio e le zie, 'smonta' la verosimiglianza del racconto e sposta il film dall'autobiografia al piano della pura affabulazione cinematografica." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 16 marzo 2011)
"I pugni in tasca li ha ancora, Marco Bellocchio, ma disegna cinema a mano libera: 'Sorelle mai' è un'(in)fedele autobiografia e, soprattutto, il piccolo film di un grande regista. (...) Inquieta l'alchimia di pubblico e privato, urgente e poetica la messa in scena, più che a Mann piacerebbe a Duchamp: è un sorprendente ready-made." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 16 marzo 2011)
"In attesa di tornare a mordere con un'altra delle sue imprese di stile che, senza essere mai interventi diretti sull'attualità, ci parlano di chi siamo noi oggi (...), Marco Bellocchio va nei cinema sotto il piccolo e combattivo marchio distributivo Teodora con 'Sorelle Mai'. Un filmino quasi privato, un'operina difficile da definire. E una sfacciataggine che soltanto un conclamato maestro può permettersi: portare sugli schermi pubblici un taccuino di appunti personali e familiari. Dentro il quale però ribolle tutta la sua storia di mai addomesticato ribelle. (...) Dietro alle ragioni tecniche dell'usare l'universo domestico per facilitare una dimensione maneggevole e non impegnativa, e anche dietro alla libertà che in questo spirito di leggerezza viene offerta ai suoi discepoli, c'è la personalità e l'impronta forte del maestro. Il suo bisogno di riferirsi al proprio mondo per poter trasmettere qualcosa di utile, la sua incapacità di insegnare nozioni asettiche e distanti dai riferimenti che conosce e gli stanno a cuore. (...) Seguendo un plot, una traccia, che trasferisce sui personaggi sensibilità e pulsioni appartenenti e appartenute a Marco Bellocchio. Soprattutto nel personaggio affidato a suo figlio Pier Giorgio, in costante bilico tra fughe e ritorni all'amato-odiato natio borgo selvaggio. Va da sé che non vedrete un'opera maggiore, ma state certi di vedere comunque un Bellocchio doc." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 19 marzo 2011)
"Probabile Leone d'oro alla carriera 2011, lo splendido settantenne Marco Bellocchio continua a pensare, scrivere e girare film. (...) Un film di famiglia, autobiografico e insieme di blanda finzione, che intreccia, variamente rielaborati, sei episodi girati durante i laboratori che il cineasta piacentino organizza ogni anno a Bobbio, dove, al grido di 'Famiglie vi odio!', ambientò nel lontano 1965 'I pugni in tasca'. L'uomo è cambiato, e con lui lo sguardo sulle dinamiche familiari. (...) Ci sono anche attrici professioniste, come Donatella Finocchiaro e Alba Rohrwacher, che raccolgono gli spunti di improvvisazione e compongono personaggi intonati, nei languori e nelle frustrazioni, al mondo esistenziale del regista. Un sapore cechoviano attraversa il film, sperimentale e curioso, quasi in presa diretta sulla realtà, anche se in Bellocchio quasi mai nulla è lasciato al caso: la bellezza vince su tutto." (Michele Anselmi, 'Il Riformista', 19 marzo 2011)