PERDUToAMOR

ITALIA 2003
Il percorso di crescita di Ettore Corvaja a partire dalla sua infanzia. La prima fase della storia si svolge in Sicilia, fra i primi mesi del 1955 e l'inverno dello stesso anno, quando Ettore cresce con la gioia di vivere e l'insegnamento di un colto aristocratico del paese, Nella seconda fase siamo in pieno boom economico, quando Ettore, ventenne, ha completato i suoi studi ed ha compiuto le scelte che indirizzeranno la sua vita. Nella terza fase, infine, ritroviamo Ettore a Milano: qui si affaccia, in punta di piedi, nel mondo della musica con l'ambizione di scrivere. Improvvisamente entra a far parte di un gruppo esoterico che gli apre nuovi orizzonti.
SCHEDA FILM

Regia: Franco Battiato

Attori: Corrado Fortuna - Ettore Adulto, Donatella Finocchiaro - Mary, Anna Maria Gherardi - Augusta, Lucia Sardo - Nerina, Ninni Bruschetta - Luigi, Manlio Sgalambro - Martino Alliata, Luca Vitrano - Ettore Bambino, Gabriele Ferzetti - Tommaso Pasini, Nicole Grimaudo - Raffaella, Rada Rassimov - Clara Pasini, Angelica Cacciapaglia

Soggetto: Franco Battiato

Sceneggiatura: Manlio Sgalambro, Franco Battiato

Fotografia: Marco Pontecorvo

Musiche: Franco Battiato

Montaggio: Isabelle Proust

Scenografia: Francesco Frigeri

Costumi: Flora Brancatella, Gabriella Pescucci

Altri titoli:

PERDUTO AMOR

Lost Love

Durata: 87

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Produzione: L'OTTAVA E SIDECAR

Distribuzione: WARNER BROS. ITALIA

Data uscita: 2003-05-16

NOTE
- REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI

- NASTRO D'ARGENTO 2004 A FRANCO BATTIATO COME MIGLIOR REGISTA EMERGENTE.

- PREMIO 'GUGLIELMO BIRAGHI' 2004 A CORRADO FORTUNA, CHE HA RICEVUTO IL PREMIO ANCHE PER LA SUA INTERPRETAZIONE IN "MY NAME IS TANINO" DI PAOLO VIRZI'.
CRITICA
"Esordio semi-autobiografico di Franco Battiato, 'Perduto amor' soffre uno scompenso tra prima e seconda parte. In Sicilia funziona tutto. Si avverte la potenza di meravigliose suggestioni (colori, corpi, parole di provenienza lontana insegnate dal mentore Gabriele Ferzetti, i disagi in famiglia, il Festival di San Remo, il passaggio di un transatlantico stile 'Amarcord'). E' l'infanzia di Ettore ma potrebbe essere quella di tutti noi. Impressionante. A Milano Battiato sceglie una strada più sociologica, il film si raffredda e diventa una gratuita esibizione di colleghi (De Gregori riflette sul potere catartico della musica, Morgan loda John Cage, Moltheni cita l'avvento del cantautore hippie Antoine). Divertenti le epifanie nichiliste di Manlio Sgalambro, autore della bellissima chiusa, e bravo anche Corrado Fortuna (Ettore 20enne). Insomma, nonostante la seconda parte, 'Perduto amor' è un'esperienza bizzarra e mai tediosa. Caro Battiato, non riponga la cinepresa". (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 16 maggio 2003)

"Il primo film diretto dal cantante Franco Battiato si chiama come una delle sue cose più belle, che a sua volta evoca un verso della vecchia canzone 'Solo me ne vo per la città' ('Dove sei, perduto amor?'), ed è pieno musica, oltre che delle filosofie tipiche di Battiato. Ci sono Francesco De Gregori, Alberto Radium, Maurizio dei 'New Dada, mentre Battiato stesso fa una minima apparizione. (...) L'esistenza di Battiato, il cui personaggio è interpretato da Corrado Fortuna ('My name is Tanino') vitale e bravo, corre parallela all'evoluzione e alla persona esperienza musicale. Battiato può piacere moltissimo oppure può irritare per il suo essere un po' smorfioso, per il suo manierismo molto accentuato: il film piacerà senz'altro ai suoi fans e ai curiosi della musica". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 16 maggio 2003)

"I personaggi, tantissimi, sono affollati in un'equilibrata sinfonia corale, dalla quale emerge la figura della madre. Così come emergono i numerosi e divertenti camei, tra tutti quello di Maurizio dei 'New Dada' che interpreta oggi il se stesso di quarant'anni fa, mentre la sua compagna Cristiana è abbigliata da cassiera e confessa di averlo sempre amato, che dimostrano uno dei paradossi di questo film: il colto, sofisticato Battiato che si concede languidi sussulti per le canzoncine anni Sessanta di cui è lussuriosamente infarcita la colonna sonora. Una singolarità che riflette il paradosso più generale, ovvero quello di essere il più ingenuo dei filmaker, alle presa con la sua opera prima, ma allo stesso tempo un artista maturo e più che consapevole. L'approccio è volutamente candido e disarmante, come di chi se ne frega delle convenzioni cinematografiche e privilegia il racconto di pensiero. Questo forse irriterà il pubblico più affezionato al racconto tradizionale e forse anche i cinefili che non digeriscono queste incursioni in territorio altrui. Eppure Battiato riesce in un compito non facile: piaccia o meno, inventa un suo linguaggio, e non usa trucchi per nasconderlo". (Gino Castaldo, 'la Repubblica', 17 maggio 2003)

"Non è un film tradizionale, ma fatto a strappi, a contaminazioni, a ricordi, spesso legati a un hit musicale; non sembra nemmeno un film, non possiede una logica di racconto in causa effetto. E' più che altro la summa di emozioni, di momenti assoluti, mirando molto alto, dando alla cinepresa un compito difficilissimo. Diviso in tre parti, dalla Sicilia in sole alla Milano in ombra, con Corrado Fortuna, il Tanino di Virzì, e Donatella Finocchiaro nella coppia edipica figlio-madre, l'opera va dichiaratamente chiusa alla scoperta di sé, ma non rinuncia ai vezzi dei debutti, alla sincerità del neofita. (...) E' proprio la cadenza poetica del racconto quella difficile da inseguire, se non appoggiandosi ai troppi refrain e flashback che non riescono però a diventar materia dei sogni". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 17 maggio 2003).

"Battiato affronta il cinema (sono parole sue) come fosse '... una lezione di cucito, tanta ed essoterismo: uno smarrimento d'esperienza'. La fisiognomica è ottima (cast doc), la Sicilia sincera, l'amore per le cose una stagione che sapiente viene e sapiente va. Ma dal surfismo al grande schermo il salto non pare davvero necessario: il Sofisticato Divulgatore aveva raggiunto in musica la vagheggiata era del Cinghiale bianco". (Alessio Guzzano, 'City', 22 maggio 2003)