PEARL HARBOR

USA 2001
TRAMA CORTA
Il 7 dicembre del 1941, gli aerei giapponesi dell'ammiraglio Ysoroku Iamamoto attaccano a sorpresa le navi della Flotta Americana del Pacifico alla fonda a Pearl Harbor. Due piloti americani, Rafe e Danny, cresciuti insieme come fratelli, vedono la loro amicizia messa a dura prova dall'amore che entrambi provano per una bella e sensibile infermiera.

TRAMA LUNGA
Da piccoli, in campagna, Rafe e Denny, sono grandi amici con la passione per gli aerei e il volo. Da grandi eccoli piloti in divisa e, con la guerra che divampa in Europa, arruolati nel Corpo Aeronautico dell'esercito. Spinto da forti ideali, Rafe accetta di unirsi allo squadrone aereo Eagle composto da volontari americani, canadesi australiani e destinato a combattere in Inghilterra a fianco dei piloti inglesi. Partendo, Rafe si separa da Evelyn, infermiera a sua volta arruolata nella marina militare. I due si amano e Rafe promette di raggiungerla al più presto. Denny e Evelyn vengono trasferiti in una base navale delle Hawai, a Pearl Harbor. Qui li raggiunge la notizia che Rafe è stato dato per disperso in un'azione di guerra. Nel tentativo di consolare il grande dolore di Evelyn, Danny le sta molto vicino e a poco a poco i due si innamorano. Quando il nuovo rapporto sembra ben avviato, Rafe arriva alla base, cerca Evelyn, apprende incredulo la nuova situazione. Ma intanto gli avvenimenti stanno precipitando, e il 7 dicembre 1941 un improvviso e terribile bombardamento giapponese distrugge la base americana. A Washington il presidente Roosevelt, costretto sulla sedia a rotelle, decide alla fine di mettere in atto una contromossa: il bombardamento di Tokyo per mano di una missione estremamente rischiosa. Organizzando la squadra, il colonnello Dolittle sceglie Rafe e Danny con elementi di punta. Mentre il rancore per il tradimento sentimentale non si è ancora placato, l'azione militare va avanti. La fine è vittoriosa ma Danny rimane colpito mortalmente. Evelyn riesce a ricucire il rapporto con Rafe. Gli Stati Uniti escono a testa alta dalla guerra mondiale. Evelyn e Rafe ora sono sposati e il loro bambino scruta verso l'alto.
SCHEDA FILM

Regia: Michael Bay

Attori: Ben Affleck - Rafe Mccawley, Josh Hartnett - Danny Walker, Kate Beckinsale - Evelyn Stewart, Cuba Gooding Jr. - Dorie Miller, Tom Sizemore - Earl Sistern, Cary-Hiroyuki Tagawa - Comandante Genda, Jaime King - Betty, William Lee Scott - Billy, Andrew Bryniarski - Jack Il Pugile, Dan Aykroyd - Capitano Thurman, Alec Baldwin - Generale Doolittle, Mako - Ammiraglio Yamamoto, Scott Wilson - Generale Marshall, Jon Voight - Franklin D. Roosevelt, Colm Feore - Ammiraglio Kimmel, Peter Firth - Capitano Della West Virginia

Soggetto: Randall Wallace

Sceneggiatura: Randall Wallace

Fotografia: John Schwartzman

Musiche: Hans Zimmer

Montaggio: Chris Lebenzon, Roger Barton, Steven Rosenblum, Mark Goldblatt

Scenografia: Nigel Phelps

Effetti: Industrial Light & Magic (ILM), Skywalker Sound

Altri titoli:

PEARL HARBOUR

Durata: 183

Colore: C

Genere: AZIONE

Produzione: TOUCHSTONE PICTURES - JERRY BRUCKHEIMER FILMS

Distribuzione: BUENA VISTA - BUENA VISTA HOME ENTERTAINMENT DVD

Data uscita: 2001-06-01

TRAILER
NOTE
OSCAR MIGLIORI EFFETTI SONORI (2002).
CRITICA
"Fra i molti commenti, molti citavano 'Titanic': la storia d'amore lì si mangiava il racconto del disastro, qui l'intrigo delle passioni dei tre protagonisti relega sullo sfondo la guerra. Una ricetta di marketing, si diceva. Vero, ma fino a un certo punto. Perché tanta enfasi amorosa nasce anche da altri motivi. Per esempio, la paura di urtare i giapponesi per nulla disposti a tornare sul banco degli imputati". (Ranieri Polese, 'Corriere della Sera', 20 maggio 2001)

"La prima mezz'ora del film alterna il dramma del triangolo d'amore con i deliberati preparativi dell'ammiraglio Yamamoto per l'attacco alla flotta americana a Pearl Harbour. (...) L'attacco, avvenuto il 7 dicembre 1941, è un capolavoro di tecnica ed effetti speciali: 40 minuti di esplosioni, bombardamenti, voli radenti e mitragliate, navi squarciate, scene di terrore. Bay ha usato sette aerei Zero giapponesi ancora in circolazione e ne ha ricreati 300 al computer. Così come ha realizzato con effetti speciali ben 150 scene. Con un'ora di meno 'Pearl Harbour' sarebbe stato un gran bel film di guerra, anche con i numerosi errori storici di cui lo si accusa. E che in effetti non mancano". (Silvia Bizio, 'la Repubblica', 23 maggio 2001)

"La novità più rilevante, dal punto di vista cinematografico, è che quello diretto da Michael Bay è un film postmoderno, malgrado il suo tono vecchio-stile, le frasi retoriche e le battute.'Pearl Harbor' è post-moderno perché, più che di regia, è un film di produzione e perché mischia i generi equilibrandoli e compensandoli con la bilancia: il dramma sentimentale e la commedia, il film di guerra e il 'disaster movie', il film medico e la soap opera televisiva. (...) Si tratta, insomma, di un perfetto esempio della 'estetica Jerry Bruckheimer' dal nome del produttore di filmoni come 'The Rock', e 'Armageddon' diretti, del resto, dal regista e coproduttore Bay. Gli effetti speciali, e non, sono ovviamente formidabili. Gli americani sono tutti belli, buoni e patriottici. Ma la morale della favola è vecchia come quella dei film di John Wayne: la guerra degli americani è cosa buona e giusta, che si vince con la fede nella causa e il sacrificio individuale". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 1 giugno 2001)

"Le vicende amorose sono qualsiasi, il resto del film è prologo, oppure epilogo con l'entrata in guerra e il bombardamento di ritorsione su Tokio. La stilizzazione d'epoca risulta così famigliare, così perfetta, da sembrare un'imitazione di imitazioni, non una ricostruzione della realtà. I costumi anni Quaranta di Michael Kaplan sono magnifici, però la bella infermiera Kate Beckinsale sembra un'illustrazione di Norman Rockwell o la ragazza del manifesto balneare in 'Barton Fink' dei Coen, come i bei piloti protagonisti Ben Affleck e Josh Hartnett sembrano pubblicità delle sigarette o copertine di rivista di fitness. Più che un inno alla poetica della distruzione, un'epopea del valore e della patria, il film pare un omaggio del cinema a se stesso". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 1 giugno 2001)

"La tragedia di 'Pearl Harbor' raccontata come un folle mix di 'Titanic', 'Guerre Stellari' e 'Independence Day'. Curioso? No, desolante. Un 'teen ager movie' ambientato nella fase più famosa della Seconda Guerra mondiale. Il primo film di una nuova èra, l'èra del cinema inodore e insapore, delle immagini che non lasciano il segno. Per chi non sa, e non vuole sapere nulla, né di Pear Harbor né della guerra. In cifre: zero al regista, dieci all'ufficio marketing". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 1 giugno 2001)

"Le parti più riuscite sono i flash in bianco e nero di documenti d'archivio (..).L'attacco aereo è spettacolare, ma la pachidermica superficialità del film può sfuggire soltanto a chi confonde il cinema con lo spottismo tv". (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale', 1 giugno 2001)

"Sul piano dello spettacolo, 'Pearl Harbor' è una vetrina del peggio e del meglio di Hollywood: mentre le scene d'azione lasciano a bocca aperta per il loro allucinante realismo, sul piano dei contenuti non siamo neppure al cinema di papà. Fra lacrime e fanfare, questo è il cinema del nonno. Solo che quando il nonno si godeva sullo schermo la storia di due piloti e una ragazza, per esempio 'Arditi dell'aria' (1937), i protagonisti erano Clark Gable, Spencer Tracy e Mirna Loy. Occorre spiegare la differenza che passa tra queste meravigliose icone e i meschini Ben Affleck, Josh Hartnett e Kate Backinsale?". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 2 giugno 2001)

"Sul piano del film catastrofico le sequenze dell'attacco nipponico a Pearl Harbor sono buonissime (...) Se si volesse essere pignoli si potrebbe riconoscere che alle immagini manca l'orrore dell'inizio di 'Salvate il soldato Ryan' e la pietà, il senso della natura profanata di 'La sottile linea rossa' di Terrence Mallick. Sul piano storiografico 'Pearl Harbor' ha una sua dignità. Niente panzane". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 1 giugno 2001)