Passion

SVIZZERA 1982
Finanziato da un esigente produttore, il regista polacco Jerzy e la sua "troupe" stanno girando - in una località svizzera - "Passion", un film centrato soprattutto su "Tableaux vivants"' riproducenti quadri di autori celebri. Ma Jerzy ha mille problemi tecnici, massimo quello della più perfetta resa delle luci: da ciò la sua irritazione permanente e la sua eterna ricerca. In più, nella relativa quiete dell'ambiente locale, l'uomo è attratto da due donne: la pia, matura ed esperta Anna, padrona dell'albergo e la giovanissima Isabelle, balbuziente ma pugnace operaia della fabbrica di Michel, marito dell'altra, uomo dispotico e sordo alle istanze sociali. Così, mentre il regista tenta di fare riprese soddisfacenti dei suoi gruppi in posa, Isabelle agita le compagne e finisce con il farsi licenziare. Jerzy lusinga Anna per improbabili successi cinematografici, proponendole anzi una parte nel film, mentre, il produttore smania per la pochezza e onerosità del lavoro compiuto. Jerzy fa finalmente l'amore con la virginea proletaria, mentre il suo assistente tenta vie più commerciali e, dopo vari tentativi a vuoto, si vede arrivare un'offerta: la "Metro" acquisterà il film tanto faticoso da condurre in porto. La "troupe" partirà per la California; Jerzy, invece, metterà in moto la sua vetturetta verso la Polonia.
SCHEDA FILM

Regia: Jean-Luc Godard

Attori: Isabelle Huppert - Isabelle, Hanna Schygulla - Hanna, Michel Piccoli - Michel Boulard, Jerzy Radziwilowicz - Jerzy, il regista, László Szabó - Laszlo', il produttore, Magali Campos - Magali, Myriem Roussell - Myriem, Serge Desarmauds, Jean-François Stévenin, Patrick Bonnel, Ági Bánfalvi, Barbara Tissier, Sophie Loucachevsky

Soggetto: Jean-Luc Godard

Sceneggiatura: Jean-Luc Godard, Jean-Claude Carrière - non accreditato

Fotografia: Raoul Coutard

Montaggio: Jean-Luc Godard

Scenografia: Jean Bauer, Serge Marzolff

Costumi: Christian Gasc, Rosalie Varda

Altri titoli:

Godard's Passion

Le travail et l'amour

Durata: 86

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: EASTMANCOLOR

Produzione: ARMAND BARBAULT, CATHERINE LAPOUJADE, MARTINE MARIGNAC PER FILM ET VIDÉO COMPANIE, FILMS A2, JLG FILMS, SARA FILMS, SONIMAGE, TÉLÉVISION SUISSE-ROMANDE (TSR)

Distribuzione: MASTERMEDIA (1984) - GENERAL VIDEO, SAN PAOLO AUDIOVISIVI

NOTE
- PRESENTATO IN CONCORSO AL FESTIVAL DI CANNES (1982) DOVE RAOUL COUTARD HA RICEVUTO IL PREMIO DELLA GIURIA TECNICA.

- E' STATO CANDIDATO AL PERMIO CÉSAR PER: MIGLIOR FILM, REGIA E FOTOGRAFIA.
CRITICA
"Non commettete l'errore di fare ciò che normalmente fate rivolgendovi al 'concierge' del vostro albergo. Non chiedete, cioè, al gestore dell'Hòtel Godard la chiave (di lettura) del suo film. Fareste la figura dei mentecatti. Al massimo e sghignazzando, Godard vi additerebbe un quadro alle proprie spalle, dove le chiavi sono una, nessuna o centomila. Tanto vale che saliate da soli scale sempre faticose, che percorriate corridoi oscuri e che tentiate, porta dopo porta e con meritoria pazienza, di trovare la camera vostra (o almeno, fuor di metafora, il filo della storia). Ma no, non si deve cercarlo (e, con ciò, cadere nella trappola che l'astuto albergatore ha preparato per gli incauti o i fiduciosi). Se la cosa però vi incuriosisce, scoprirete così con una occhiata gente che fa freneticamente l'amore, un padre che tranquillamente sfoglia con la sua bimbetta un libro di figure, la petulante e fumosa riunione di un collettivo femminile di fabbrica, o ancora qualcuno che dà schiaffi, due che recriminano, la grande sala dove si gioca alle 'belle statuine' e così via. Una storia, dunque, non c'è proprio, soltanto brandelli di vita quotidiana, filacce di sentimenti, accenni a cose futili, mozziconi di gesti e lacerti di umanità. O pupazzi immoti (fra parentesi: coloro che sembrano più vivi, sono forse gli statuari personaggi dei 'quadri'). Non incastri logici, ma accostamenti incongrui o pretestuosi. Per di più - ed è una tragedia - una alluvione di parole, una mareggiata di citazioni e tanti rigurgiti di frasi più o meno storiche e, frequentemente, solo godardiane: pensieri magari mutuati da Pascal o da Oscar Wilde (si fa per esemplificare), ma anche assurdamente fioriti sulle labbra del nevrotico regista Jerzy e di molti altri come lui (...). Tutto il film è inflazionato da espressioni apodittiche, da profondissimi pensieri ed assiomi e da una inarginabile, quanto fastidiosa logorrèa. A volte si vedono perfino labbra che si aprono e chiudono ritmicamente, senza udire suono di sorta. Vogliamo dire che sia cinema? Sempre alla ricerca di un filo e di un senso - che siano logici nel contesto drammatico - forse troviamo lo spunto sociale (...). C'è lo spunto amoroso, anzi ce n'è più d'uno. (...)'Passion' è un film sostanzialmente ostico e spigoloso; marcia così, con scarti improvvisi e bruschi strappi, con trappole facili e curiosi rattoppi, a volte con innegabili folgorazioni (le uniche - il colore e anche il taglio luminoso - giusto nei quadri richiamanti a Rembrandt ed agli altri, ai tempi loro problematizzati del pari, ma senza le magie e l'ausilio dell'elettronica). E' un film che è fondato sulla inconsistenza di un autentico racconto, anzi sul disprezzo di esso ('bisogna viverle le storie, prima di inventarle'). Inoltre, considerato che 'in un film non esistono leggi' (citiamo sempre la bibbia godardiana) eccovi dunque non un mosaico (nel quale ogni tassello rispecchia la logica compositiva), bensì un 'collage' caleidoscopico, ma zeppo di vetrini anche scialbi e scagliosi, che galleggiano sulle acque torrentizie di una affabulazione, così saccente da provocare in noi una reazione di rigetto. I registi impegnatissimi che vogliono 'provocare' sono estremamente à la 'page': loro (ed i tanti portatori d'acqua e di incenso che hanno al seguito) non possono dunque scandalizzarsi se non tutti si accodano. (...) Chi si azzarderebbe ad affermare che a un Godard fa difetto il talento? Fatto si è, tuttavia, che in 'Passion' di sudore ce ne avrà anche messo, ma di sangue sicuramente no. In un artista, ogni ricerca merita attenzione e rispetto, sempre, beninteso, che sia onesta, discreta e sofferta e non già assistita dal consueto 'battage' intellettualoide, scomodando magari Voltaire, Pascal e Leopardi (i cui detti celebri si trovano anche nei cioccolatini) o - il che è ben peggio - come si fa fare alla candida operaia, ricorrendo all' 'Agnus Dei': ignobile 'patacca' di natura spirituale (e bruttissima 'foglia di fico') per contrabbandare e coprire le stravaganze sessuali dell'irrequieto Jerzy. A proposito di 'patacche' (e questa volta proprio sul piano commerciale): nel film del regista Jerzy, riescono con 'Passion' a bidonare quegli sprovveduti della 'Metro'. Dei veri citrulli, questi Americani. Infatti, hanno sempre negato a Jean-Luc Godard quella bazzecola che è l' 'Oscar'. Il tema del film è molto serio. Il personaggio principale (un regista) è un emblema dell'uomo. L'uomo vive in un mondo caotico, ora condizionato dal lavoro (un film che non conclude mai) ora dall'arte, ora dall'amore, ora dai problemi sociali, anche dalla religione e da svariate esigenze. Il suo lavoro non conclude perché non c'è la luce adatta, ossia non c'è soluzione per la vita dell'uomo, non c'è spiegazione, tutto è assurdo, senza un barlume di speranza. E' il più nero pessimismo, eccetto che quell'aereo il quale lascia un'insistita scia bianca nelle prime sequenze voglia indicare una via di uscita. Godard non fa che presentare una congerie caotica di fatti e di sensazioni, senza nulla approfondire. E questo dispiace. Il tema è serio, ma il modo di trattarlo è superficiale e fatuo. E questa fatuità è confermata dal linguaggio che tutto afferma e contemporaneamente tutto nega: si gioca allo scetticismo assoluto; è tutta una danza di fantasmi sul baratro del nulla." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 99, 1985)