Mon colonel

BELGIO 2006
Nel 1995, a Parigi, l'ex colonnello Duplan viene ritrovato morto in casa sua, colpito da un colpo di arma da fuoco alla testa. La giovane tenente Galois, incaricata dal Ministero della Difesa di risolvere il caso e trovare l'assassino, riceve in forma anonima un diario accompagnato dalla frase: "Il colonnello è morto a Saint-Arnaud". La lettura riporta Galois al 1957, quando il colonnello Duplan era ancora un giovane ufficiale di stanza in Algeria durante la Guerra d'indipendenza. Guy Rossi, un ragazzo intelligente con una formazione giuridica alle spalle, era il suo aiutante di campo e nel suo diario racconta come in quegli anni, sedotto e intimidito dal carisma di Duplan, fosse diventato una sorta di fantoccio nelle sue mani. Seguendo il racconto della sua trasformazione da giovane tranquillo in uno spietato torturatore, Galois si trova davanti le atrocità di crimini di guerra commessi con il tacito assenso delle autorità civili, per le quali nessuno ha mai pagato. Tranne, quarant'anni dopo, lo stesso Duplan.
SCHEDA FILM

Regia: Laurent Herbiet

Attori: Olivier Gourmet - Colonnello Duplan, Robinson Stévenin - Guy Rossi, Cécile de France - Tenente Galois, Charles Aznavour - Padre di Rossi, Bruno Solo - Commissario Reidacher, Éric Caravaca - René Ascencio, Guillaume Gallienne - Sottoprefetto, Georges Siatidis - Capitano Roger, Thierry Hancisse, Jacques Boudet - Senatore, Wladimir Yordanoff, Bruno Lochet - Maresciallo Schmeck, Hervé Pauchon, Philippe Chevallier - Preside, Samir Guesmi - Ali, Franck Pitiot - Caporale Arnoul, Christophe Rouzaud, Olga Grumberg

Soggetto: Francis Zamponi

Sceneggiatura: Constantin Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg

Fotografia: Patrick Blossier

Musiche: Armand Amar

Montaggio: Nicole Berckmans

Scenografia: Ramdane Kacer, Alexandre Bancel

Costumi: Edith Vesperini

Altri titoli:

The Colonel

Durata: 110

Colore: B/N-C

Genere: DRAMMATICO STORICO GIALLO GUERRA

Specifiche tecniche: 35 MM, SCOPE

Tratto da: romanzo di Francis Zamponi

Produzione: KG PRODUCTIONS, ARTE FRANCE CINEMA, WAMIP FILMS, LES FILMS DU FLEUVE, RTBF

NOTE
- PRESENTATO IN CONCORSO ALLA I^ EDIZIONE DI 'CINEMA. FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA' (2006).
CRITICA
"L'assassinio di un ex colonnello riporta a galla le sue responsabilità nella guerra d'Algeria e il rapporto con l'attendente, avvocato sedotto dalla logica militare. Per la prima volta un film francese (scritto da Costa-Gavras ma diretto dall'esordiente Laurent Herbiet) guarda in faccia al tabou della tortura, con una secchezza e un'oggettività esemplari." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 18 ottobre 2006)

"'Mon colonel' è un film che si ispira al motto popolare 'parlo a nuora perché suocera intenda', nel senso che con l'aria di evocare eventi di mezzo secolo fa induce a riflettere sulla realtà di oggi. Sarebbe già un bel merito se il regista Laurent Herbiet avesse circoscritto il suo discorso alla guerra di Algeria. Un tema pressoché tabù nel cinema francese, tant'è vero che il compianto Gillo Pontecorvo subì un lungo ostracismo per aver osato parlarne; e che solo tangenzialmente è apparso in film dei primi anni ' 60 come 'Il piccolo soldato' di Godard o 'Muriel' di Resnais. Qui il regista, forte di un romanzo dello scrittore pied noir Francis Zamponi pubblicato nel '97 da Actes Sud, entra finalmente nel pieno dell'argomento utilizzando in una cornice a colori lo strumento del ricordo in bianco e nero. (...) Il pensiero corre con reverenza al più illustre degli scrittori franco-algerini, Albert Camus, che visse quel conflitto come una tragedia personale e condannò come 'un errore sanguinoso' il terrorismo arabo e definì la repressione 'cieca e imbecille'. Anche oggi la formula della civile convivenza sarebbe quella semplicissima suggerita dall'autore di 'La peste': 'Non esercitare né subire il terrore'. Ma in questo modo si scontentano amici e nemici; e si viene anche presi in giro, come Camus quando Sartre negando la possibilità di un 'colonialismo riformato' lo definì 'un realista dal cuore tenero'. E se il mondo, alla luce di ciò che si vede in Mon colonel avesse davvero bisogno di cuori teneri?" (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 18 ottobre 2006)

"A pochi giorni dalla scomparsa di Gillo Pontecorvo arriva in concorso a Roma una specie di mosca bianca: un film francese sulla guerra d'Algeria. Di più: un film che non la prende alla larga (come fecero in passato il Godard de 'Le petit soldat', subendo pesanti censure, e il Resnais di 'Muriel'), ma guarda le cose in faccia grazie a un espediente semplicissimo. Dovendo rappresentare un periodo rimosso da generazioni di francesi, 'Mon colonel' gioca infatti su questa distanza dividendo il racconto in due: passato e presente, Algeria e Francia, bianco e nero e colore. (...) Tratto da un romanzo del pied noir (cioè francese d'Algeria) Francis Zamponi, classe 1947, diretto dal 45enne Laurent Herbiet, sceneggiato da Costa Gavras, che è invece del 1933, 'Mon colonel' porta il segno di questo sguardo transgenerazionale che ridà forma al passato pensando al presente. Sono attualissime le allusioni alle leggi speciali e all'uso della tortura, o quel sergente che strappa brutalmente il velo alle algerine per poterle fotografare. E' invece sepolto in un lontano passato il conflitto forse più interessante (e meno raccontato) fra i tanti esibiti dal film. Quello che oppone gli algerini lealisti ai militari francesi e pensiamo alla scena efficacissima dell'ex-combattente algerino che protesta per il cannoneggiamento del suo negozio con un paio di battute che meriterebbero un film a parte ('Sono stato in Indocina! Ho fatto Montecassino!'). Ma non è questo il cuore di 'Mon colonel', che insiste invece su come i politici, assegnando poteri speciali ai militari, se ne lavarono le mani preparando la tragedia. Il resto, le torture, le esecuzioni sommarie, gli attentati, il linciaggio di un vecchio algerino innocente, i tormenti del giovane Rossi, non sarà nuovissimo per chi sa la Storia, ma didatticamente è senz'altro molto efficace, e dio sa se oggi c'è bisogno di promemoria. Specie se rigorosi e antispettacolari come questo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 18 ottobre 2006)

"Gli archetipi del film sono meno ovvii e recenti. Si va da 'Z, l'orgia del potere' a 'RAS: niente da segnalare' di Yves Boisset, fino a 'L'honneur d'un capitaine' di Pierre Schoendoerrfer, mai apparso in Italia. Con 'Mon colonel' siamo nel 1957 della repressione francese dell'insurrezione algerina, che torna attuale quando un generale in pensione (un formidabile Olivier Gourmet) viene ucciso dopo aver dato in tv un'intervista, dove ammetteva quello che tutti sapevano, ma nessun alto ufficiale aveva ancora ammesso: che la tortura era tacitamente consentita proprio dall'antifascista governo francese. (...) Ispirato dalle polemiche suscitate dalle memorie del generale Ausaresses, 'Mon colonel' avvince non per quel che proclama,ma per quel che suggerisce. Politicamente schierato per l'indipendenza dell'Algeria (dunque, oggi, dell'Irak, dell'Afghanistan...)è meno schematico quando descrive i tipi umani. L'ufficialetto è infatti solo un disadattato. Invece il colonnello - mezzo Dénoix de Saint-Marc e mezzo Argoud- è intelligente, coraggioso e lucido, oltre che adamantino antifascista. Si deduce che, se questo è il Male, ha fascino. Escludendo che Costa-Gavras non si accorga del significato del film, ora si è certi che, nonostante 'Amen', resta un autore importante." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 18 ottobre 2006)