Mister Chocolat

Chocolat

2.5/5
La storia del primo artista nero di Francia è interessante, ma paga un approccio didascalico e l'ansia di fare del personaggio una bandiera

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FRANCIA 2015
L'incredibile storia del clown Chocolat, dal circo al teatro, dall'anonimato alla fama. Primo artista nero della scena francese, grazie al duo formato con Footit, Chocolat riscuoterà grande successo nella Parigi della Belle Époque, prima che la fama, i soldi facili, il gioco d'azzardo e la discriminazione condizioneranno l'amicizia tra i due e la carriera del pagliaccio. Il film ripercorre la storia di questo straordinario artista.
SCHEDA FILM

Regia: Roschdy Zem

Attori: Omar Sy - Chocolat, James Thiérrée - Footit, Clotilde Hesme - Marie, Olivier Gourmet - Oller, Frédéric Pierrot - Delvaux, Noémie Lvovsky - Madame Delvaux, Alice de Lencquesaing - Camille, Olivier Rabourdin - Gemier

Soggetto: Gérard Noiriel - libro

Sceneggiatura: Cyril Gély, Roschdy Zem - adattamento, Olivier Gorce - adattamento

Fotografia: Thomas Letellier

Musiche: Gabriel Yared

Montaggio: Monica Coleman

Scenografia: Jérémy Duchier

Costumi: Pascaline Chavanne

Effetti: Georges Demétrau, Hugues Namur

Durata: 119

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: ARRI ALEXA XT, ARRIRAW (2.8K) (1:2.40)

Tratto da: liberamente tratto dal libro "Chocolat clown nègre - L'histoire oubliée du premier artiste noir de la scène française" di Gérard Noiriel

Produzione: MANDARIN CINÉMA, GAUMONT, KOROKORO, M6 FILMS

Distribuzione: VIDEA (2016)

Data uscita: 2016-04-07

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DI: CANAL+, CINE+, M6.
CRITICA
"La storia vera e un po' romanzata (...) è divertente e completa di chiaro scuri. Gira tra le quinte dei teatri prevedendo ogni nodo sociale prossimo, prime l'integrazione e l'emarginazione. Il «quasi amico» Omar Sy è un clown perfettamente consapevole (...) ed è merito suo, del suo impasto rabbioso d' illusioni, e del partner straordinario James Thiérrée, gran nipote di Chaplin, se il film tiene in pugno emotivamente, senza peccare mai di lacrima facile, ed è un non banale ritratto della società al bivio: certi che si chiami Belle Époque?" (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 7 aprile 2016)

"Storia straordinaria, film così così. (...) Da questa parabola esemplare (...) si potevano trarre film assai differenti. La Gaumont, che non bada a spese, ha scelto un curioso ibrido tra il film in costume, con sfarzose ricostruzioni d'epoca, un 'buddy movie' all'americana (amicizia fra tipi diversi), e una variante razziale della classica presa di coscienza. (...) Ma a Roschdy Zem, attore-regista di origini nordafricane, preme soprattutto la famosa presa di coscienza. E qui il film si fa goffo e prevedibile, anche se ci sarebbero tutti gli elementi per fare un appassionante affresco sulla cattiva coscienza della Belle Époque intrecciata alla tumultuosa nascita della moderna industria culturale. Sullo schermo Chocolat e Footitt sono il famoso Omar Sy, star di 'Quasi amici', e il meno noto ma non meno travolgente James Thiérrée, figlio di Victoria Chaplin e identico a suo nonno Charlie, da cui ha ereditato il genio mimico. Il meglio del film poggia sulle loro spalle, specie all'inizio (...). Ovvio che prima o poi il candido Chocolat si renderà conto degli stereotipi che veicola suo malgrado. Ma qui il film anziché giocare di invenzione e finezza, cade nei più abusati cliché. (...) Zem (...) cerca di conciliare spettacolo e denuncia. Ma proprio per questo non convince." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 7 aprile 2016)

"Benché siano molto recenti gli studi che hanno riportato a galla questa figura dimenticata, numerosi sono stati in passato gli omaggi presenti nel cinema. A partire da quello di Gene Kelly in 'Un americano a Parigi' (Vincente Minnelli, 1951). Punto di forza del film dovrebbe essere l'energica presenza di Omar Sy (...). Ma, indebolita e anzi annullata la sua forza comica deviata a favore di un pesante melodramma ottocentesco, ne risulta una pseudo biografia patetica e più o meno edificante priva di reale scavo, di approfondimento. E che, se l'intenzione era quella di restituire identità a una vicenda umana e artistica caduta nell'oblio, non fa neanche un gran favore alla memoria di Chocolat." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica, 7 aprile 2016)

"Della storia del primo artista nero d'Oltralpe resta un detto tuttora diffuso («etre chocolat» si usa per dire rimanere con un palmo di naso), ma del film diretto da Roschdy Zem , oltre all'indubbio talento del protagonista, resta ancora meno. Forse perché il reale valore dell'impresa sta dietro e non davanti lo schermo (...)." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 7 aprile 2016)

"(...) un biopic dal sapore assai 'mainstream' il cui livello è elevato solo dal talento di Omar Sy, protagonista muscolare di una parabola umana interessante purtroppo qui poco e male sfruttata. Peccato, perché gli spunti storico/sociologici erano tali da meritare una cornice narrativa ed espressiva più sofisticata, specie alla luce di una Francia contemporanea che con le controversie post colonialiste sta facendo conti amarissimi ogni singolo giorno." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 7 aprile 2016)

"Tocca a Omar Sy portare sullo schermo questa storia edificante e discretamente confezionata, pur senza particolari picchi emotivi." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 7 aprile 2016)

"Una pellicola biografica che ha tutti gli ingredienti per emozionare (...). «Mister Chocolat» è un ritratto senza nostalgie dell'epoca e di un mondo romantico, anche dello spettacolo, che non c'è più; e una storia d'amicizia commovente. Zem compie un'operazione a più livelli di lettura, coniuga intrattenimento e riflessione, vede se stesso attore nel protagonista e crea un gioco di specchi tra i due artisti entrambi sentono condizionamenti esterni pesanti, non sono liberi di essere se stessi e sono facce della stessa medaglia. Se per Sy è una conferma, in un ruolo più sfaccettato, la (ri)scoperta è lo svizzero James Thiérrée (...) nei panni di un Footit misurato e intenso. Sempre perfetta l'incantevole Clotilde Hesme (...)." (Nicola Falcinella, 'l'Eco di Bergamo', 7 aprile 2016)