Marley

3/5
Kevin Macdonald sulle orme del mito Bob. Con un doc commovente, ma senza guizzi

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GRAN BRETAGNA 2011
Il fascino universale di Bob Marley, il suo impatto sulla storia della musica e il suo ruolo di profeta politico e sociale restano ineguagliati. La sua musica e il suo messaggio trascendono le barriere culturali, linguistiche e religiose, echeggiando ancora oggi in tutto il mondo, con la stessa forza di quando lui era ancora in vita. Solo pochissimi musicisti hanno avuto un impatto così forte sulla cultura e Bob Marley, nonostante la breve vita, è tra questi.
SCHEDA FILM

Regia: Kevin Macdonald

Attori: Bob Marley - Se stesso (immagini di repertorio

Fotografia: Alwin Küchler, Mike Eley

Montaggio: Dan Glendenning

Suono: Glenn Freemantle

Durata: 140

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO MUSICALE

Specifiche tecniche: DCP

Produzione: SHANGRI-LA ENTERTAINMENT, TUFF GONG PICTURES, IN ASSOCIAZIONE CON COWBOY FILMS

Distribuzione: LUCKY RED (2012) - DVD: FELTRINELLI REAL CINEMA (2012)

Data uscita: 2012-06-26

TRAILER
NOTE
- TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI FIGURA ANCHE ZIGGY MARLEY.

- IN PROGRAMMA AL 62. FESTIVAL DI BERLINO (2012) NELLA SEZIONE 'BERLINALE SPECIAL'.
CRITICA
"Piacerà a chi di Marley ha amato la musica e anche l'impegno politico. Li troverà entrambi nel serio, non agiografico, non ruffiano documentario firmato Kevin Mcdonald. Kevin (subentrato a Martin Scorsese e Jonathan Demme, entrambi interessati al progetto) è un autore di fiction tutt'altro che mediocre ('L'ultimo re di Scozia', 'La morte sospesa') e pur soffrendo con ogni evidenza la marcatura stretta della famiglia Marley è riuscito a raccontare l'uomo e il mito (mescolandoli genialmente nel finale)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 29 giugno 2012)

"«Ricorda, c'è solo il bene e il male, non ci sono terze vie. Solo il bene e il male. Se sei il bene sei rasta, se sei il male sei Babilonia.». Non per i capelli, ma per il cinema Kevin Macdonald è rastissimo, e il suo reggumentary è il bene. Già acclamato per 'One Day in September', 'La morte sospesa' e 'L'ultimo Re di Scozia', alle prese con la leggenda Bob Marley se non si supera, rimane in scia: un doc prodotto dal figlio Ziggy, ma non in ginocchio davanti al padre, 'Marley' vien fuori agevolmente (144') da una mole di materiali d'archivio, una teoria di interviste in gran parte inedite, con i crismi dell'opera definitiva. Ma come ne esce Bob? Bugiardo e determinatissimo a sfondare, prolifico (11 figli da 7 mogli in 15 anni...) e politico, 'One Love' e 'uno di noi' (i ricordi dei freak amici d'infanzia), emarginazione e 'Redemption Song', discografia e leggenda. Senza cercare il ritratto tuttotondo, Macdonald ascolta e suggerisce, abbozza e colpisce, per regalare al Rastaman e ai suoi fan un bene prezioso: la verità, oltre Babilonia." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 28 giugno 2012)

"Quella sera del 23 settembre 1980, a Pittsburgh, il sound-check durò più del concerto. Bob Marley sembrava non trovare mai il suono giusto e i Wailers, i suoi musicisti, non capivano il perché di quell'improvviso perfezionismo. Non era da lui. Ignoravano una cosa che solo lui sapeva: era il suo ultimo concerto. Il tumore che da tre anni lo divorava dal di dentro era arrivato quasi dovunque. Doveva affrontare cure molto invasive, che gli avrebbero impedito di suonare e di tenere concerti. Sarebbe morto sette mesi dopo, I'11 maggio del 1981.(...) In circa 150 cinema di tutto il paese si proietta 'Marley', lo splendido documentario biografico di Kevin MacDonald del quale la Lucky Red ha acquisito i diritti per l'Italia. L'idea è originale: anziché una normale tenitura, la Lucky Red punta all'evento: un solo giorno di programmazione, ma con una quantità di copie degna di un blockbuster. (...) Kevin MacDonald è un ottimo regista ("L'ultimo re di Scozia", "State of Play"), un nipote d'arte (suo nonno era Emeric Pressburger, autore assieme a Michael Powell di alcuni capolavori del cinema inglese, come "Scarpette rosse") e uno dei migliori documentaristi su piazza. Inoltre, Marley ha tutto ciò che serve per essere il film «definitivo» su questo musicista che era anche un grande personaggio, geniale e controverso. A differenza di altri lavori precedenti, qui c'è il totale sostegno della famiglia, della vedova Rita e del figlio Ziggy in primis. Quindi da un lato c'era il rischio di un documentario «embedded», di una biografia ampiamente autorizzata - per altro scongiurato, come vedremo. Dall'altro MacDonald ha potuto lavorare su una messe di materiali d'archivio imponente, che rendono il film un viaggio esaustivo nella vita di Bob e nella sua musica. Non si tratta, dicevamo, di un santino. Bob viene raccontato con tutti i suoi difetti, che non erano pochi né particolarmente gradevoli. (...) Alla fine, Marley sembra il ritratto (involontario?) di un genio suo malgrado, di un uomo molto irrazionale nella filosofia e nei comportamenti ma portatore di una rivoluzione musicale che ha avuto pochi eguali nella storia del Novecento. Chiunque sia stato ragazzo negli anni 70 ricorda cosa fosse, allora, il reggae. Senza i giamaicani di Londra - e senza Bob Marley e i suoi Wailers - non sarebbero esistiti i punk, i Clash, i Police, non ci sarebbe stata la svolta «latina» di Bob Dylan. Questo è l'aspetto noto della storia, mentre i momenti più sorprendenti del film riguardano le origini del mito (...)." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 26 giugno 2012)

"E' il primo documentario sulla leggenda del santo fumatore autorizzato dalla famiglia, che per l' occasione ha aperto i suoi preziosi archivi a Kevin MacDonald, già regista de 'I discorsi del re', oltre che premio Oscar per 'Un giorno a settembre'. Ma 'Marley', già lanciato con grande risalto in Inghilterra come in America e in Italia nelle sale del circuito Uci soltanto oggi prima di mirare al mercato del dvd, tutto è tranne che un'agiografia. Tra sequenze di repertorio e interviste inedite scorre davvero il film della vita del re del re del reggae, su cui credevamo di sapere già tutto. (...) Macdonald non dipinge un santino, ha a disposizione scene di concerto da sballo (è il caso di dirlo) e chicche come la versione gospel di «No woman no cry» con Peter T'osh al pianoforte. Mostra l'ascesa artistica con la formazione del credo di Marley, tra dreadlocks e la fede in Haile Selassie. Solo che invece di raccontare la favola del ragazzo povero che ce l'ha fatta, del ribelle senza pausa che ha messo insieme sul palco i due storici rivali della politica giamaicana (...) scongiurando una ormai inesorabile guerra civile, che ha festeggiato l'indipendenza del Mozambico senza scendere dalla scena nemmeno quando fu invasa dai lacrimogeni, tinge improvvisamente di nero il racconto." (Federico Vacalebre, 'Il Mattino', 26 giugno 2012)

"Non è (...) né un'agiografia né un film concerto, anzi i frammenti musicali usati sono abbastanza pochi rispetto all'indagine sull'uomo Bob Marley (...) e sulla sua formazione, dalla discriminazione per il colore della sua pelle (non era né bianco né nero ma di razza mista poiché figlio di un ufficiale britannico e una donna giamaicana) alla sua presa di coscienza del rastafarianesimo, con la centralità della tradizione africana (la scena iniziale del film è proprio sulle coste del Ghana, nel luogo dove venivano organizzate le navi degli schiavi) e la battaglia pacifica per il cambiamento. (...) Uno dei momenti più emozionanti, il suo grande ritorno a casa da superstar mondiale. (...) Particolarmente timido e riservato, con uno stile di vita abbastanza severo (tanto esercizio fisico, niente alcol e parecchia marijuana) Marley ha avuto 11 figli da 7 donne diverse (...). Il suo grande cruccio, però, rimase quello di non essere stato in grado di mobilitare la popolazione afroamericana e neppure di sfondare sul mercato discografico Usa. Ci riuscirà, solo otto mesi prima di morire, con un'esibizione diventata poi leggendaria al Madison Square Garden di New York nel settembre 1980, quando accetterà di fare da gruppo di spalla, di aprire le serate del tour dei Commodores, di cantare le parole di 'War': «Ciò che mi ha insegnato la vita/Vorrei dividerlo con/quelli che vogliono imparare/che finché i più elementari diritti umani/non verranno garantiti a tutti in egual misura/ci sarà guerra ovunque»." (Flaviano De Luca, 'Il Manifesto', 22 giugno 2012)

"Martin Scorsese da tempo voleva girare un film su Bob Marley, tanto che aveva già iniziato uno studio preliminare. Poi la palla è passata a Jonathan Demme, che avrebbe iniziato l'impresa anche se non si sa a che punto sia arrivato. Allo scorso festival di Berlino però il regista Kevin MacDonald (quello de 'L'ultimo re di Scozia') ha presentato il suo documentario sul grande artista giamaicano, intitolato semplicemente 'Marley'. (...) L'uomo Marley resta un mistero inafferrabile che l'affascinante montaggio di vecchie foto, spezzoni di concerti e interviste riesce a restituire a quell'alone di mito che il musicista si porta appresso sin da quando diventa protagonista della sua stessa avventura umana e artistica. D'altronde la persistenza della notorietà di Bob Marley nel mondo non è paragonabile a quella di un semplice fenomeno di musica pop e forse si comprende meglio alla luce della forza spirituale che l'uomo e l'artista hanno alimentato con assoluta dedizione. Grazie a un archivio vastissimo, messo a disposizione della famiglia, l'evoluzione di Marley, da quando è ragazzino emarginato a quando diventa l'artista più carismatico dell'internazionale reggae, è raccontata con dovizia di immagini e informazioni. Il regista da una parte ricorda quanto le canzoni e la stessa figura di Marley siano entrate nell'immaginario collettivo del nostro tempo." (Ugo Bacci, 'L'Eco di Bergamo', 25 giugno 2012)