London River

- Regia:
- Attori: - Elisabeth, - Ousmane, - Macellaio, - Imam, - Taglialegna, - Fratello di Elisabeth, - Pastore, - Ispettore, - Ispettore, - Poliziotta, - Ali, - Jane, , , , , , ,
- Sceneggiatura: Rachid Bouchareb, Olivier Lorelle, Zoé Galeron
- Fotografia: Jérôme Alméras
- Musiche: Armand Amar
- Montaggio: Yannick Kergoat
- Scenografia: Jean-Marc Tran Tan Ba
- Costumi: Karine Serrano
- Effetti: Laboratoire GTC
- Durata: 87'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Specifiche tecniche: 16 MM STAMPATO A 35 MM (1:1.85)
- Produzione: TESSALIT PRODUCTIONS, ARTE FRANCE, 3B PRODUCTIONS, THE BUREAU
- Distribuzione: BIM (2010)
- Data uscita 27 Agosto 2010
TRAILER
RECENSIONE
Sarà, ma viene in mente Cry me a River. Quello scelto dal regista beur Rachid Bouchareb è il Tamigi, lungo cui scorre l’eco fragorosa degli attentati a Londra del 7 luglio 2005. A evocarla, in presa diretta, due genitori, agli antipodi per cultura, religione, razza: il musulmano Ousmane (Sotigui Kouyaté, ieratico, peterbrookiano, premiato a Berlino 2009 e scomparso qualche settimana fa) e la cristiana signora Sommers (Brenda Blethyn, alle prese con nuovi Segreti e bugie), uniti dalla speranza di ritrovare in vita i figli, divisi dalla risacca ideologica e sfocati dal tappeto afro-arabo-paki-anglosassone su cui il regista li fa rotolare. Senza fretta, prendendosi in 87′ le pause del caso, senza clamore, affidando alla tele-visione le news piuttosto che il pathos, senza, comunque, sottrarsi all’esemplarità minuta, all’affresco chimerico della convivenza, del multiculturalismo, del minimo comune umano über alles. Finirà in codice binario, lungo due rive non intersecabili, che stigmatizzano, forse, l’inutilità del cinema alla questione, al netto della bilanciata commozione dispiegata da Bouchareb. Che nel successivo Hors la loi (Cannes 2010) avrebbe tirato i remi in barca, rassegnandosi alla fiction nazionalpopolare. Sì, Cry me a river…
NOTE
CRITICA
"Se la sceneggiatura rischia ogni tanto la prevedibilità, è l' interpretazione dei due attori a rendere vivo e palpitante il film, ognuno riuscendo a rendere credibile e appassionante la figura del genitore angosciato, senza eccedere in gratuiti sentimentalismi ma giocando tutto sui difficili toni del levare." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 11 febbraio 2009)
"Brenda Blethyn sembra sorreggere il film sulle sue spalle, ma Sotigui Kouyaté, alto e magrissimo, è struggente come un albero ferito e senza foglie." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 11 febbraio 2009)
"'London River' è il primo film di questa Berlinale ad aver ricevuto dalla stampa un sonoro e unanime applauso, e non stupirebbe se alla fine vincesse uno degli Orsi in palio. E' in fondo un film politico, presentato a colpo sicuro nel Festival più sensibile in materia, ma per questo spesso, e mai come quest'anno, tanto povero di star di Hollywood." (Salvatore Trapani, 'Il Giornale', 11 febbraio 2009)
"Sfidando l'istinto, diciamo la debolezza, a eludere la vera domanda di oggi ('sappiano cercare e assecondare in pace, nella lotta sanguinosa tra estremismi culturali, economici e religiosi, l'incontro, l'intesa, tra culture e religioni diverse nel nome della convivenza e dell'umanità?'), 'London River' del franco algerino Rachid Bouchareb è una storia inventata ed esemplare intorno agli attentati terroristici alla metropolitana di Londra del 2005. Bouchareb coinvolge con una sorta di realismo pilotato interamente dalle emozioni degli attori, la Brenda Blethyn di 'Segreti e bugie' e lo straordinario attore.musicista africano Sotigui Kouyatè." (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale', 11 febbraio 2009)
"'London River' di Rachid Bouchareb è una provocatoria opera di rottura. Qui, a ben vedere, l'autore fa di tutto per sparire dietro i personaggi e il tema del film, comoda stampella a cui appendere operazioni tutto sommato indolori, smussando angoli e asperità. Brenda Blethyn, l'indimenticabile protagonista di 'Segreti e bugie', presta il suo fisico pesante e il suo volto sensibile da donna comune al personaggio di Mrs. Sommers, una vedova che lascia gli asini e le insalate della sua fattoria sull'isola di Guernsey per precipitarsi a Londra sulle tracce della figlia studentessa, sparita dal giorno dell'attentato. Lo ieratico Sotigui Kouyaté, attore di Peter Brook, due metri d'altezza e una testa tutta treccine, è il padre di un altro ragazzo disperso che arriva invece dalla Francia. (...) Un manifesto per il multiculturalismo. Ma con un carico di buoni sentimenti (e di buona volontà) così programmatico e poco realistico che rischia di non convincere nemmeno i suoi sostenitori." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 febbraio 2009)
"Nato in Francia da genitori algerini, il regista fu pesantemente contestato a Cannes per 'Hors-la-loi', che ricostruiva il massacro di Setif. (...) Tanto era brusco e poco compiacente per le ragioni degli altri in quel film, tanto è conciliante e buonista in questo, ambientato a Londra nei giorni successivi all'attentato del 2005. (...) Brenda Blethlyn (in 'Segreti e bugie' ritrovava una figlia nera, data in adozione) e Sotigui Kouyaté (che ha lavorato in teatro con Peter Brooks) si fanno guardare, ma si sente la mancanza di un copione che non abbia come primario obiettivo il dibattito sulla tolleranza." (Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio', 28 agosto 2010)
"'London River' (...) è un ulteriore tassello del grande puzzle che sta costruendo sul dialogo/scontro tra culture costrette a convivere, considerato dal regista alle basi del colonialismo e, in fondo, delle nostre società multietniche. Bouschareb è conosciuto in Francia per aver raccontato con due dei tre film all'attivo, 'Indigènes e il recente 'Hors-la-loi', la mai sanata questione algerina, provocando reazioni opposte tra l'opinione pubblica francese, che hanno anche portato, come all'ultimo festival di Cannes, gente in strada a manifestare contro il regista e la gendermerie in assetto antisommossa attorno alla Croisette. Segno che sotto il tappeto la polvere e le tensioni sono tante." (Ilario Lombardo, 'Avvenire', 27 agosto 2010)
"Il film è molto ben modulato, ed è diretto in modo da non cedere al sentimentalismo. L'esperto cineasta ha quel surplus emotivo e quella sensibilità 'stereofonica' che tra le mani di un cineasta bianco europeo diventa spesso 'mono', perché sa meno bene uscire dalla paura 'islamista' e ha meno sensi di colpa. Dunque Bouchareb sa far commuove i due pubblici, e anche nell'attimo giusto, quando, a 5 minuti dalla fine, provoca una ben congegnata reazione lacrimogena. Ma nello scontro tra i fatti storici e la fantasia, tra cronaca vera e ideologia si producono non incanti ma disincanti, e fantasmi inquietanti e velenosi appaiono. (...) Il cinema civile di una volta (Costa Gavras e Rosi, Petri e Losey...) affondava la lama dove non poteva, azzuffandosi con la storia ufficiale e l'informazione embedded pur cedendo spesso alla 'lingua spettacolare'. Non se la prendeva con chi sta in basso ma con chi sta in alto. E non fu mai scritto né realizzato con i soldi e con la supervisione censoria del potere, siano singoli stati o Ue." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 27 agosto 2010)