Last Days

USA 2005
Blake non potrebbe chiedere di più dalla vita. Ha soldi e successo, ma ciò non basta a placare i suoi turbamenti interiori, aggravati anche dal fatto che tutte le persone che lo circondano vogliono qualcosa da lui, che siano soldi o aiuti di vario genere. Blake decide allora di andare a fare un giro da solo in un bosco, poi, sempre da solo, va in un locale dove suona una nuova canzone. Infine, mentre amici, discografici e un investigatore privato lo stanno cercando freneticamente, va nella serra di casa sua dove trova finalmente riposo...
SCHEDA FILM

Regia: Gus Van Sant

Attori: Michael Pitt - Blake, Lukas Haas - Luke, Asia Argento - Asia, Scott Patrick Green - Scott, Nicole Vicius - Nicole, Ricky Jay - Ispettore, Ryan Orion - Donovan, Adam Friberg - Vecchio Friberg, Andy Friberg - Vecchio Friberg, Thadeus A. Thomas - Venditore Pagine Gialle, Chip Marks - Taglialegna, Giovanni Morassutti - Band Fun, Harmony Korine - Uomo in discoteca, Kim Gordon - Discografico

Soggetto: Gus Van Sant

Sceneggiatura: Gus Van Sant

Fotografia: Harris Savides

Musiche: Rodrigo Lopresti

Montaggio: Gus Van Sant

Scenografia: Tim Grimes

Arredamento: Sarah E. McMillan

Costumi: Michelle Matland

Effetti: Illusion Arts Inc.

Durata: 85

Colore: C

Genere: DRAMMATICO MUSICALE

Produzione: GUS VAN SANT E DANY WOLF PER HBO FILMS, PIE FILMS INC.

Distribuzione: BIM

Data uscita: 2005-05-13

NOTE
- GIRATO A GARISON, NEW YORK, IL FILM E' ISPIRATO AGLI ULTIMI GIORNI DI VITA DI KURT COBAIN, LEADER DEI 'NIRVANA' E GRANDE MITO DELLA MUSICA ROCK.

- PRESENTATO IN CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005).

- NELLA VERSIONE ORIGINALE TRA LE VOCI AL TELEFONO C'E' ANCHE QUELLA DI GUS VAN SANT.
CRITICA
"Apri Libération alle pagine del festival e ti imbatti in una specie di prosa d' arte che Vincenzo Cardarelli avrebbe volentieri ospitato su 'La Ronda'. Firmata da Gérard Lefort con la lacrima sul viso, è la descrizione del film 'Last Days' di Gus Van Sant. Vale a dire passione e morte di Kurt Cobain (1967-1994) nella ricostruzione, con il nome cambiato e appena leggermente trasposta, delle ultime ore di una vita bruciata dalla droga. Non c' è che dire: un articolo suggestivo, intessuto di ricami, quasi più toccante del film che rispecchia. Di fronte al quale lo spettatore qualunque, pur rispettandone il rigore stilistico, esita a commuoversi, magari pensando che prima di prender parte alla tragedia di un divo rock che si autodistrugge sarebbe il caso di fare qualcosa per i bambini morenti di fame in varie parti del mondo. Senza contare, se vogliamo aggiungere una punta di malizia, che un film come 'Last Days', costato una cifra vicina allo zero, una volta adottato dallo snobismo internazionale diventa un affare. Ma lasciamo a ciascuno il diritto alla propria sensibilità." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 14 maggio 2005)

"Indagando con l' anima sugli ultimi due giorni della vita del rockettaro Blake, mentite spoglie di Kurt Cobain, Gus Van Sant chiude con un film estremo, di intensi silenzi, esistenzialmente contagioso, in cui filma l' invisibile sofferenza di un delirante fantasma, la mirabile trilogia iniziata con 'Gerry' ed 'Elephant', su una generazione inadatta a questo mondo. Non è un' inchiesta biografica sul leader dei Nirvana suicidatosi nel '94, è un' ipotesi sull' inferno delle sue ultime ore, fra strani amici, lunghi silenzi, visioni, improvvisi assalti di musica. Girato in una casa nel bosco con lentissimi movimenti ispirati da una volontà forte di capire il Perché, 'Last Days' è un poema che ci riguarda, uno sguardo sul vuoto. Michael Pitt è perfetto, selvaggio." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 14 maggio 2005)

"Gus Van Sant continua a dirci dei disagi di una certa gioventù metropolitana: dopo 'Belli e dannati', 'Genio ribelle' e, di recente, 'Elephant', sulla strage di Colombine. Oggi, con l'occasione di Kurt Coubain, la rock star dei Nirvana, ne parafrasa con altro nome il personaggio e ci descrive gli ultimi giorni che precedettero la morte: in una villa di campagna, non rispondendo al telefono, estraniato dal suo lavoro fino al punto da non toccare più la sua chitarra. Come già in 'Elephant', mostrando senza dare spiegazioni. Con il rischio, però, di privilegiare il solo documento. Come dimostra anche la recitazione atona e spesso mugolante di Michael Pitt, il protagonista." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 21 maggio 2005)

"Violando ogni regola della narrativa classica, il regista tenta il quasi - impossibile; riprodurre, come in un monologo interiore, le voci e i suoni che assediano il cervello del protagonista prima della fine ineluttabile, in una atmosfera di morte sprigionata anche dalla Natura che lo circonda. "(Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 20 maggio 2005)