La monaca di Monza

ITALIA 1986
La giovane spagnola Virginia de Leyva, monaca in un convento di Monza - signora temuta e rispettata di un feudo - nell'esercizio della sua signoria, incontra dapprima le impacciate lusinghe dell'amministratore del feudo, e in seguito la passione violenta di un nobile dissoluto, la cui residenza confina col monastero. E' il giovane Giampaolo Osio, temerario e provocatore, uso a risolvere le questioni personali a suon di spada e d'archibugio. In un primo momento riluttante e combattuta, Virginia diviene ben presto preda dello spregiudicato amante, che trascina nell'ignobile tresca anche le due converse addette alla "signora", non risparmiando a lei nessuna umiliazione e coinvolgendola in delitti e misfatti fino all'abiezione, aiutato in questo dal confessore consigliere Don Paolo. Quando lo scandalo giunge a conoscenza delle autorità religiose, viene istituito un processo; in seguito al quale Virginia sarà murata viva per tredici anni, per la condanna spietata in uso in quel secolo crudele.
SCHEDA FILM

Regia: Luciano Odorisio

Attori: Myriem Roussel - Virginia De Leyva, Alessandro Gassmann - Gianpaolo Osio, Augusto Zucchi - Don Paolo, Coralina Cataldi-Tassoni - Suor Candida, Renato De Carmine - Cardinal Federico Borromeo, Alina De Simone, Laura Devoti, Nicoletta Boris, Berta Dominguez D., Flaminia Lizzani, Almerica Schiavo, Federica Tessari

Soggetto: Gino Capone

Sceneggiatura: Piero Chiara, Carlo Lizzani, Luciano Odorisio, Gino Capone

Fotografia: Romano Albani

Musiche: Pino Donaggio

Montaggio: Enzo Meniconi

Costumi: Enrico Luzzi

Durata: 97

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: GIOVANNI DI CLEMENTE PER CLEMI CINEMATOGRAFICA, RETE ITALIA

Distribuzione: C.D.I. (1987) - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO, CDI HOME VIDEO

CRITICA
"Seguendo una sceneggiatura cui hanno messo mano anche Lizzani e Chiara, il regista Odorisio ('Sciopèn') ha ricostruito la parte centrale, amoroso-criminosa, della vicenda di suor Virginia, in parte obbedendo a un compito romanzescamente illustrativo (pubblicità e sale lasciano intendere che si tratti di un film soft), in parte tentato dall'interpretazione personale e dall'analisi di quello scorcio di società fine Cinquecento. E' già una scelta interpretativa Miryem Roussel (la Madonna del film di Godard) che rende il personaggio di Virginia più inclinato appunto alla dolcezza, che non alla protervia o alla rabbia." ('La Stampa' , 4 dicembre 1987)

"Il film di Odorisio si sofferma a lungo sui convegni amorosi all'interno della cella di suor Virginia, e sui delitti che ne conseguono, ma evita di pronunciare verdetti, né mostra le torture della Santa Inquisizione. Si limita a ricordare, con la voce fuori quadro, la sentenza che condanna Maria Virginia de Leyva, contessa di Monza, figlia di un nobile spagnolo, ad essere murata viva in una cella sino alla fine dei suoi giorni, e mentre una didascalia informa lo spettatore sulla realtà storica che attribuisce un epilogo meno cupo alla vicenda." (Alfredo Boccioletti, 'Il Resto del Carlino', 6 dicembre 1987)

"Tuttavia, il film di Odorisio è rigoroso e gli nuoce una ambigua pubblicità da buco della serratura. Il copione ambizioso scritto da più mani Gino Capone, Carlo Lizzani, Piero Chiara e Luciano Odorisio - ripropone infatti fedelmente la celebre storia degli amori proibiti, delle passioni, degli esorcismi, degli intrighi da convento di suor Virginia Maria. Attento nelle scenografie, nei costumi, nelle ambientazioni quasi da film gotico, il film non specula sulla storia boccaccesca. (...) Le poche scene piccanti sono sempre funzionali al racconto e la vicenda anche di incantesimi e di fremiti d'appendice ha un buon ritmo sostenuto dalla fotografia di luci e di ombre di Romano Albani, dalla valida colonna sonora di Pino Donaggio e dalle capacità espressive del regista Odorisio al quale, tuttavia, si confanno di più i toni agro-dolci dei suoi film precedenti, come 'Sciopèn', o il rigore di 'Educatore autorizzato'". ('Il Corriere della Sera' , 12 dicembre 1987)