LA MIA VITA IN ROSA

MA VIE EN ROSE

BELGIO 1997
Ludovic è un bambino di sette anni che si sente bambina, al punto da dichiarare che, da grande, diventerà una ragazza. Presi dai soliti problemi quotidiani e da altri tre figli, il padre Pierre e la mamma Hanna sul momento non danno peso alla cosa, giudicandola uno scherzo infantile. Ludovic però ama identificarsi con la magica Pam, eroina di un serial televisivo, si comporta come lei, e alla festa organizzata dai genitori si fa vedere con abiti femminili. Così cominciano le preoccupazioni e l'incertezza sulle cose da fare. Le sedute con una psicanalista producono effetti molto relativi. Ludovic continua ad atteggiarsi da femminuccia, rimanendo molto tranquillo mentre ad essere tesi e nervosi sono i genitori in contrasto tra loro sui comportamenti da tenere. Hanna vuole essere comprensiva e disponibile, Pierre è meno accomodante e si lascia andare a scatti d'ira piuttosto forti: alla sua fragilità contribuisce anche l'incerta situazione che vive in ambito professionale. Lo studio dove lavora sta passando un momento delicato e lui avrebbe bisogno di proporsi con una situazione familiare solida e serena. Ludovic, che portava i capelli a caschetto come una ragazzina, viene rapato quasi a zero ma la situazione non migliora. Le chiacchiere dei vicini si fanno più insistenti e parlano di scandalo e di pericolo. Quando Pierre viene licenziato, la famiglia si trasferisce a Clérmond Ferrand. Qui Ludovic conosce Christine, una bambina che si vuole vestire da ragazzo. Fanno a cambio di vestiti, Hanna li vede, prende a schiaffi Ludovic, poi sviene. Si risveglia e dice che Ludovic sarà sempre il suo (e il loro) bambino. Qualunque cosa accada.
SCHEDA FILM

Regia: Alain Berliner

Attori: Michèle Laroque - Hanna, Jean-Philippe Écoffey - Pierre, Georges Du Fresne - Ludovic, Daniel Hanssens - Albert, Laurence Bibot - Lisette, Gregory Diallo, Erik Cazals De Fabel, Anne Coesens, Hélène Vincent - Elisabeth, Marie Bunel, Jean-François Galotte - Jeannot, Cristina Barget, Julien Rivière, Caroline Baehr

Soggetto: Chris Vander Stappen, Alain Berliner

Sceneggiatura: Chris Vander Stappen, Alain Berliner

Fotografia: Yves Cape

Musiche: Dominique Dalcan

Montaggio: Sandrine Deegen

Durata: 88

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Produzione: CAROLE SCOTTA

Distribuzione: CECCHI GORI DISTRIBUZIONE

CRITICA
"Opera-prima di Alain Berliner, 'La mia vita in rosa' è un film che potrebbe affrontare alla radice il tema del 'diverso'. In apparenza innocente, intenzionata ad affrontare con semplicità il muro del pregiudizio, La mia vita in rosa è invece un'opera ambigua che evita di arrivare al nocciolo del problema. Favola per favola, la forza vincente della fantasia si esprime allora assai meglio in film come 'Frigidaire' di Giorgio Fabris, dove la diversità è la poesia che si oppone al consumismo". (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana')

"Qualcuno l'ha già ribattezzato 'Piccoli trans', e la battuta va pure bene, ma consiglieremmo al pubblico di non prendere sottogamba questo film intelligente e ispirato che si conquistò una bella fetta di applausi, nonché un premio, allo scorso festival di Cannes. Sono proprio bravi i nuovi registi belgi, sia che sperimentino il realismo 'rubato alla vita' come i fratelli Dardennes di 'La promessa', sia che affrontino in toni da commedia il tema importante dell'identità sessuale come l'Alain Berliner di 'La mia vita in rosa'. (...) Non era facile trattare un argomento così delicato nel paese dell'emergenza pedofila, ma il trentenne Berliner sfodera una grazia ammirevole nell'intrecciare satira di costume e fughe oniriche, commedia e dramma: ne esce il ritratto, universale, di un mondo adulto senza vergogna con il manifestarsi di un'identità sessuale ritenuta 'trasgressiva'. Se 'Beautiful Thing' mostrava in una chiave più romantico-adolescenziale la scoperta dell'omosessualità, La mia vita in rosa si ferma prima: senza ipotecare il futuro di Ludovic, il film spinge il pubblico a guardarsi dentro, a interrogarsi sui veleni del pregiudizio sessuale. Ma in una cornice aerea, quasi 'magrittiana', che offre l'occasione a Berliner e ai suoi bravi attori di recapitare il messaggio in modi ironici o addirittura comici, specie quando la naturale 'femminilità' di Ludovic insidia le sicurezze virili dei grandi". (Michele Anselmi, 'L'Unità', 4 aprile 1998)

"Berliner si prende tutto il tempo necessario a esporre le situazioni e illustrare le reazioni dei personaggi, interpretati molto bene da Jean-Philippe Ecoffey e Michèle Laroque, con l'effetto che lo spettatore ha l'impressione di partecipare in diretta agli eventi. Non è un piccolo merito riuscire a sposare toni seri, umorismo e pudore, alternando senza squilibri la commedia col dramma. Però 'La mia vita in rosa' fa di più. Per spiegarlo, il regista ha preso a prestito una frase di Picasso: 'Dove c'è del grigio, io metto del rosa'. Ecco: la cosa davvero singolare del su film è la capacità di sospendere le situazioni tra sogno e realtà, a partire dal mondo di bambola che Ludovic si è creato. Da buon belga, Alain Berliner flirta con la particolare tradizione surrealista del suo Paese, quella dei Magritte e dei Delvaux che nei loro dipinti colgono il momento in cui sogno e realtà sfumano i confini al punto di renderli indistinguibili. Ma non stupisce neppure apprendere che tra i titoli di culto del regista c'è 'Edward mani di forbice' di Tim Burton non a caso una delle più belle favole sulla diversità che il cinema ci abbia regalato". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 15 aprile 1998)

"Originale e gradevole commedia che arriva dal Belgio, paese cinematograficamente oltremodo parsimonioso e lontano quasi quanto Marte, che con grande senso dell'ironia spiega come le regole imposte dall'ipocrisia borghese siano superiori ai sentimenti. Il candido protagonista in miniatura si chiede come fanno i grandi a recitare anche fuori dal set". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 8 luglio 2001)