La donna senza testa

La mujer sin cabeza

FRANCIA 2008
Veronica è al volante della sua macchina quando, in un momento di distrazione, urta qualcosa. Nei giorni seguenti si comporta in modo strano, come se si sentisse estranea ai luoghi e alle persone che le sono intorno finché, all'improvviso, confessa a suo marito di aver investito qualcuno con la macchina. I due tornano sul luogo dell'incidente ma trovano solo il cadavere di un cane. Quando sembra che questo brutto episodio sia chiuso e la vita sia tornata alla normalità, viene trovato un cadavere...
SCHEDA FILM

Regia: Lucrecia Martel

Attori: María Onetto - Verónica, Claudia Cantero - Josefina, César Bordón - Marcos, Daniel Genoud - Juan Manuel, Guillermo Arengo - Marcelo, Inés Efrón - Candita, María Vaner - Lala, Pía Uribelarrea, Alicia Muxo

Soggetto: Lucrecia Martel

Sceneggiatura: Lucrecia Martel

Fotografia: Bárbara Álvarez

Montaggio: Miguel Schwerdfinger

Scenografia: María Eugenia Sueiro

Costumi: Julio Suárez

Altri titoli:

The Headless Woman

Durata: 87

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM (1:2.35)

Produzione: EL DESEO D.A, S.L.U., SLOT MACHINE, TEODORA FILM, R&C PRODUZIONI, NISARGA SRL (AQUAFILMS)

Distribuzione: TEODORA FILM (2009)

NOTE
- IN CONCORSO AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).
CRITICA
"Come in 'La cienaga' e 'La Nina santa', la talentuosa Martel scava nel cuore arido della borghesia argentina con l'occhio clinico di chi scopre abissi di colpevolezza o di indifferenza in un solo sguardo. La donna "senza testa" del titolo, 'La mujer sin cabeza', è una signora ancora piacente, l'aria trasognata e delusa di chi ha avuto tutto ma non abbastanza, che in apertura investe qualcosa - o qualcuno? - su una strada di campagna. È un attimo, l'auto ha un sobbalzo, poi un altro, lei rallenta, si ferma, respira a fondo, sempre in primo piano, lotta contro se stessa ma non scende, non si volta nemmeno, riparte. Basterebbe questa scena a dire la forza della Martel. C'è tutto: l'inerzia, la viltà, la passività, il disprezzo segreto di sé e degli altri. Nei giorni successivi Veronica è quasi catatonica, ma forse ha davvero investito solo un cane. La vita va avanti, Veronica ha un marito, una figlia, un lavoro, uno o forse più amanti. E quando finalmente cede e si confida, nessuno la crede: ma figurati, eri stanca, ti sei sbagliata, non è successo proprio niente. Il problema, paradossalmente, è che la Martel è così brava che 'La mujer sin cabeza' gira un po' in tondo e ogni scena aggiunge un tassello a un quadro chiaro fin dal principio. Specie per chi già conosce il suo gusto crudele per la borghesia stagnante, le famiglie espanse e soffocanti, le acque torbide come i rapporti in cui sguazzano i suoi personaggi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 maggio 2008)

"Grande prova dell'attrice Maria Oneto, bisogna dirlo, ma anche grande rarefazione narrativa, ai limiti dell'afasia, e grande presunzione nel pensare che una bella inquadratura sia, di per sé, racconto."(Alberto Crespi, 'L'Unità', 22 maggio 2008)

"Un film che implode e vive in continuità con le altre due opere di Martel sui sensi di colpa degli argentini, troppo chiuso nello sguardo di Veronica, quanto 'La Nina Santa' era ariosa metafora della società marcia e spensierata, che passa accanto ai cadaveri della dittatura e volta la testa dall'altra parte." (Mariuccia Ciotta,
'Il Manifesto', 22 maggio 2008)

"L'argentina Lucrecia Martel vuole continuare a essere la portabandiera dell'intimismo da festival. Una distinta signora investe qualcosa (un cane?) con la sua auto e lo shock la rende come svanita, assente, lontana dalle cose e dalle persone del suo ambiente. La metafora della crisi femminile di mezza età e della incomunicabilità della famiglia borghese contemporanea raccontata come un giallo dell'anima, ma senza sforzi d'innovazione emotiva o stilistica." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 maggio 2008)

"Restando sempre incollata ai primi e primissimi piani della protagonista, la Martel tesse intorno a lei un'atmosfera di impalpabile malessere, di leggera 'distorsione' rispetto alla realtà che ricordano i film sulla schizofrenia della classe media di John Cassavetes, da 'Volti' a 'Una moglie'. Nessuno dei suoi registra niente di insolito naturalmente, ma forse è il quadro complessivo a essere anormale, falsamente pacificato e sempre sull'orlo di una crisi di nervi, come sembra indicare l'ultima scena sfocata e sgranata di familiare
'serenità'." (Emanuela Martini, 'Il sole 24 Ore', 22 maggio 2008)