L'attesa

- Regia:
- Attori: - Anna, - Jeanne, - Pietro, - Giorgio, - Paolo, - Rosa, - Giuseppe
- Soggetto: Luigi Pirandello - (dramma), Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia, Andrea Paolo Massara, Piero Messina
- Sceneggiatura: Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia, Andrea Paolo Massara, Piero Messina
- Fotografia: Francesco Di Giacomo
- Musiche: Alma Napolitano, Marco Mangani
- Montaggio: Paola Freddi
- Scenografia: Marco Dentici
- Costumi: Maurizio Millenotti
- Suono: Alessandro Rolla - (presa diretta)
- Aiuto regia: Jacopo Bonvicini
- Durata: 100'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Specifiche tecniche: DCP
- Tratto da: liberamente ispirato al dramma "La vita che ti diedi" di Luigi Pirandello
- Produzione: NICOLA GIULIANO, FRANCESCA CIMA, CARLOTTA CALORI PER INDIGO FILM, IN COLLABORAZIONE CON MEDUSA FILM, IN COPRODUZIONE CON FABIO CONVERSI, JÉRÔME SEYDOUX, VIVIEN ASLANIAN, ROMAIN LE GRAND, MURIEL SAUZAY PER BARBARY FILMS, PATHÉ
- Distribuzione: MEDUSA
- Data uscita 17 Settembre 2015
TRAILER
RECENSIONE
Farà storcere il naso a molti critici di casa nostra l’esordio nel lungometraggio di Piero Messina, L’attesa. Già li sentiamo: estetizzante, compiaciuto, arrogante, persino odioso. Potrebbe invece piacere più al pubblico.
Piero Messina mette il talento davanti al film. Da questo punto di vista il regista calatino, classe ’81, è degno allievo di Paolo Sorrentino, un altro che ha più fan tra gli spettatori che critici a favore. Il talento esibito è un esercizio democratico.
Di Sorrentino è stato assistente in una manciata di film (This Must be The Place e La grande bellezza), con lui sembra condividere l’idea di fondo che il cinema sia soprattutto una questione di stile (ma Messina è meno affabulatore e più cartesiano dell’altro).
In effetti L’attesa vive di stratificazioni continue, di immagini il cui contenuto non è mai custodito in un nocciolo interno ma si trova sempre fuori, come un effetto di regia, sul dorso di sovrapposizioni successive (stilizzazione della messa in scena, angoli di ripresa insoliti, maniacale attenzione al dècor, al sound, alle luci, ecc…) che lavorano di continuo la materia ottica grezza, facendo del mostrare – sempre – un evidenziare.
Però che gusto. E poi questo principio di superfetazione, questa grossa ciambella col buco che è il film, ha anche una scusante nella storia che racconta e che si regge su un Assente. Un vuoto in mezzo. Il figlio morto della matrona fatto diventare il fidanzato “lontano” della ragazza straniera, da rimpianto a desiderio. Film di donne e di fantasmi, di crepe e vertigini di cuore, e di manipolazioni, per schermare il dolore, truccare la vita. Ispirato a una novella pirandelliana e ambientato in una villa decadente nell’aspra campagna siciliana (Chiaramonte Gulfi), L’attesa ricorda un po’ il Godot di Beckett e molto L’avventura antononiana, dove la sparizione di Lea Massari era il motore del racconto e la stessa ingegneria poetica del film.
Il cinema di Messina, ancora così acerbo eppure così vivo e insolente e orgogliosamente borghese, sembra strutturarsi attorno a questo Vuoto, lo guarda e ne ha paura, lo costeggia e lo nasconde, ne sta alla larga. E mette continuamente in scena questa dinamica, i drappi di velluto sugli specchi, le finestre chiuse, la processione mascherata e ovviamente le bugie della protagonista. Brava la Binoche, ma che sorpresa Lou de Laage!
Accattivante la colonna sonora (pezzi originali del regista e pezzi celebri, come Missing di XX e Waiting for the Miracle di Leonard Cohen) .
Gli uomini sono sempre muti o di passaggio. Il mondo è delle Madonne e per il loro patire. Così oscenamente bello.
NOTE
- MENZIONE SPECIALE DEL PREMIO SIGNIS, LEONCINO D'ORO AGISCUOLA PER IL CINEMA, MENZIONE FEDIC-IL GIORNALE DEL CIBO ALL'OPERA CHE PROPONE LA SCENA PIÙ SIGNIFICATIVA LEGATA AL CIBO E ALL'ALIMENTAZIONE ALLA 72. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2015).
- CANDIDATO AI DAVID DI DONATELO 2016 PER: MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE E ATTRICE PROTAGONISTA (JULIETTE BINOCHE).
- GLOBO D'ORO 2016 COME MIGLIOR OPERA PRIMA. ERA CANDIDATO ANCHE PER LA MIGLIOR MUSICA.
- NASTRO EUROPEO 2016 A JULIETTE BINOCHE E PREMIO 'GRAZIELLA BONACCHI'-NASTRI D'ARGENTO SIAE PER I NUOVI SCENEGGIATORI A PIERO MESSINA (INSIEME AD ALBERTO CAVIGLIA PER "PECORE IN ERBA" E FRANCESCA MANIERI PER "VELOCE COME IL VENTO" DI MATTEO ROVERE). IL FILM ERA CANDIDATO PER: MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE, SCENOGRAFIA E SONORO IN PRESA DIRETTA.
CRITICA
"Piacerà a chi continuamente invoca l'avvento di nuovi talenti nel provincialissimo panorama italiano. Messina (all'opera prima, ma con un curriculum di documentarista da far paura) probabilmente lo è. Gira benissimo. Fin troppo. Dal suo maestro Sorrentino sembra aver imparato tutto. Tranne una cosa. La scelta di un soggetto che veramente intrighi. Questo non lo è." (Giorgio Carbone, 'Libero', 17 settembre 2015)
"(...) per quanto accolto tiepidamente dalla platea dei giornalisti al Lido, ci è sembrato tutt'altro che disprezzabile. A patto - scrivevamo da Venezia- di entrarci in sintonia facendo la tara ad alcune preziosità d'autore, al ritmo interno piuttosto lento, soprattutto nella prima parte (ma per ragioni contingenti al racconto), alla scarna ed essenziale drammaturgia che vede in scena pochissimi protagonisti che agiscono in una sorta di unità spazio-temporale da cui però origina, in modo centrifugo, la narrazione. (...) Sono da segnalare il rapporto generazionale che spazia tra l'amore-odio e la curiosità tra la veterana Juliette Binoche e la giovanissima e sorprendente Lou de Laage, scelta - parola del regista - dopo un difficilissimo lavoro di casting, un'ambientazione strana e straniante non dimentica dei temi pirandelliani da cui la storia origina (legati anche a ricordi personali dell'autore) e, soprattutto, come dice bene il titolo, il tema dell'attesa, inteso come scardina-mento delle certezze, ricerca di una verità che non può essere detta, ma che, necessariamente, andrà vissuta. Complice un paesaggio lontano dal cliché della Sicilia di Montalbano, il film ha il merito, tra gli altri, di aver avuto il coraggio di affrontare un tema non certo facile, soprattutto per un esordiente: il rapporto tra dicibile e indicibile, tra verità e menzogna, tra realtà e immaginazione, in una storia dove l'attesa del titolo diviene fondamentalmente un atto d'amore." (Andrea Frambrosi, 'L'Eco di Bergamo', 17 settembre 2015)