JEFFREY

JEFFREY

USA 1994
Jeffrey, giovane gay che fa il cameriere e, a tempo perso, anche l'attore, ha deciso di non avere più rapporti per timore di contrarre l'aids. Proprio in questo frangente conosce Steve, tra i due potrebbe nascere un'intesa, ma Jeffrey rifiuta appuntamenti e incontri. Nei giorni successivi, Jeffrey frequenta altri amici che vivono la sua stessa condizione, ascolta i genitori che lo invitano a vivere con tranquillità la sua vita, va in una chiesa cattolica e il parroco gli salta addosso inneggiando all'amore, si presenta alla marcia dell'orgoglio gay, subisce il pestaggio di un gruppo di fanatici, e alla fine capisce di non poter continuare in quella situazione. Contatta Steve, lo invita a cena e gli confida di essersi liberato di ogni timore. Adesso i due possono amarsi e vivere con tranquillità il loro amore.
SCHEDA FILM

Regia: Christopher Ashley

Attori: Nathan Lane, Ethan Phillips - Dave, Victor Garber - Tim, Irma St. Paule - Madre Teresa, Christine Baranski - Anne Marwood Bartle, Michael T. Weiss - Steve, Patrick Stewart - Sterling, Bryan Batt - Darius, Sigourney Weaver - Debra Moorhouse, Olympia Dukakis - Mrs. Marcangelo, Robert Klein - Skip Winkley, Steven Weber - Jeffrey, Kathy Najimy - Accolita

Soggetto: Paul Rudnick

Sceneggiatura: Paul Rudnick

Fotografia: Jeffrey Tufano

Musiche: Stephen Endelman

Montaggio: Cara Silverman

Scenografia: Michael Johnston

Durata: 113

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: NORMALE A COLORI

Tratto da: TRATTO DAL LAVORO TEATRALE DI PAUL RUDNIK

Produzione: WORKIN' MAN FILMS - THE BOOKING OFFICE

Distribuzione: BIM (1997) - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO

NOTE
REVISIONE MINISTERO MARZO 1997
CRITICA
Il film resta a metà strada, senza scegliere le priorità, ma diverte per le satire sui sexy quiz tv e sulle sedute psico-sessuali di gruppo, una condotta da una Sigourney Weaver in partecipazione straordinaria da predicatrice. Per il resto è una storia "omo", talvolta ferocemente autoironica ("sono la mamma di una transessuale lesbica non operata"), ma uguale a tante altro etero, con pause "brechtiano sofisticate" in cui si parla diretti al pubblico in sala. (Corriere della Sera, Maurizio Porro, 4/3/97)