In fabbrica

ITALIA 2007
Omaggio al lavoro e alla professionalità degli operai italiani di ieri e di oggi, che attraverso le loro testimonianze dirette, sullo sfondo di vecchie e nuove immagini di repertorio, ci raccontano il lavoro, le aspirazioni, le sconfitte e le speranze che hanno animato la coscienza operaia del Novecento.
SCHEDA FILM

Regia: Francesca Comencini

Soggetto: Francesca Comencini, Michele Astori

Fotografia: Valerio Azzali - immagini Brembo

Montaggio: Massimo Fiocchi

Durata: 74

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: RAI CINEMA, OFFSIDE

NOTE
- MATERIALE D'ARCHIVIO: ARCHIVIO AUDIOVISIVO MOVIMENTO OPERAIO DEMOCRATICO, ARCHIVIO NAZIONALE DEL CINEMA D'IMPRESA DI IVREA.

- RICERCHE TECHE RAI: GIANCARLO BIONDI E LAURA DEMETRI.

- PREMIO CIPPUTI COME MIGLIOR FILM SUL MONDO DEL LAVORO ALLA 25MA EDIZIONE DEL TORINO FILM FESTIVAL (2007)
CRITICA
Dalle note di regia: "Ho fatto questa ricerca negli archivi cercando di non essere animata dalla nostalgia. Secondo me la nostalgia è un'ossessione, un rovello, un sentimento dominante nel nostro paese, ed è il contrario della memoria. La nostalgia è un modo di scagliare il passato contro il presente. Ci consente di sfuggire al dovere di pensare il nostro tempo, di agirlo. Non so bene quando sia nata questa forma ossessiva del nostro pensiero, eppure ho la sensazione che la sua comparsa abbia a che vedere proprio con le fabbriche, l'industrializzazione, il cambiamento totale della realtà del nostro paese in pochi anni. Tuttavia un senso di nostalgia ha accompagnato tutto il mio lavoro in questo documentario. Eppure ho cercato di combatterlo. Credo che sia giusto guardare al passato ma che si debba cessare di rimpiangerlo. Spesso esso viene usato contro il presente. (...) Si usa il passato per brandirlo come un vessillo sacro contro un presente che si suppone più scadente, ma in realtà questo passato non lo si conosce, e, in fondo, lo si disprezza, disprezzando il presente."

"Gli spezzoni assemblati sono scelti con cura, mostrano gli operai e anche i registi che li hanno documentati, un lavoro completo sulla memoria e sulla coscienza della documentazione filmica. Un lavoro su materiali forti, che tiene a bada la nostalgia e attiva la coscienza presente. Francesca Comencini rispolvera la memoria e ne crea dell'altra. Entra in una fabbrica moderna a intervistare gli operai. Sceglie una fabbrica che funziona, c'è tanta luce, è tutto pulito, ci lavora gente giovane, fanno 3 turni di 8 ore, sono tutti in camice e guanti, la catena di montaggio (contestata negli anni '70) è ridotta al minimo e ci sono le isole di montaggio. C'è il premio per incrementare la produzione, è il toyotismo, applicato che incoraggia il senso di responsabilità dell'operaio. C'è una ragazza che viene dal sud, i soldi le bastano, vive da sola, possiede una casa tutta sua, un'altra ha pure una figlia. C'è un operaio nero, felice e fiero del suo lavoro: 'mi piace fare l'operaio, ho una filosofia del lavoro tutta mia'. Francesca Comencini ritrova le stesse dinamiche, lo stesso orgoglio operaio dell'inizio del film, risveglia l'utopia di una fabbrica possibile, cambiati i luoghi, gli operai resistono fieri. Ma di fabbriche che funzionano, non ce ne sono tante, questa è l'unica dove è potuta entrare." (Rita Di Santo, 'Il Manifesto', 30 novembre 2007)