Il violinista del diavolo

The Devil's Violinist

2/5
Paganini si ripete: il virtuoso David Garrett reincarna il maudit genovese. Meraviglioso, ma a occhi chiusi...

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GERMANIA 2013
La vita del leggendario violinista e compositore Niccolò Paganini, chiamato un tempo "Il violinista del Diavolo". Si diceva che il suo talento fosse così eccezionale da poter essere solo opera del demonio. Una storia turbolenta sull'amore, sul potere, sull'intrigo e sul fascino della fama. E' il 1830 e Paganini, virtuoso del violino e amante delle donne, è all'apice della carriera, acclamato in tutta Europa. Il suo nome è spesso associato ad amori e scandali, cosa che il suo manager Urbani sta facendo del suo meglio per alimentare. Il celebre musicista, però, non si è ancora mai esibito in Inghilterra; l'impresario inglese John Watson e la sua amante Elisabeth Wells sono disposti a tutto pur di farlo arrivare a Londra e Urbani farà di tutto per accontentarli. Paganini tocca così il suolo britannico e il suo concerto, grazie anche alle critiche della giornalista Ethel Langham, riscuote un successo tale da attirare folle di ammiratori presso l'hotel in cui alloggia. Per ritrovare la tranquillità, il musicista e il manager si rifugiano così presso casa Watson. E' qui che Paganini conosce Charlotte, cantante di talento nonché graziosa figlia del padrone di casa: con lei darà vita a una travolgente storia d'amore malvista da Urbani che, preoccupato che la ragazza possa minare il controllo da lui esercitato su Paganini, inizia a elaborare un diabolico piano...
SCHEDA FILM

Regia: Bernard Rose

Attori: David Garrett - Niccolò Paganini, Jared Harris - Urbani, Andrea Deck - Charlotte Watson, Christian Mckay - John Watson, Joely Richardson - Ethel Langham, Veronica Ferres - Elisabeth Wells, Olivia d'Abo - Primrose Blackstone, Helmut Berger - Lord Burghersh

Sceneggiatura: Bernard Rose

Fotografia: Bernard Rose

Musiche: David Garrett, Franck Van Der Heijden

Montaggio: Britta Nahler

Scenografia: Christoph Kanter

Arredamento: Hans Wagner

Costumi: Birgit Hutter

Altri titoli:

Der Teufelsgeiger

Durata: 122

Colore: C

Genere: BIOGRAFICO DRAMMATICO MUSICALE

Specifiche tecniche: CINEMASCOPE (1:2.35)

Produzione: SUMMERSTORM ENTERTAINMENT, IN CO-PRODUZIONE CON DORFILM, CONSTRUCTION FILM, BAYERISCHER RUNDFUNK ED ARTE IN ASSOCIAZIONE CON BAVARIA FILM PARTNERS, BAHR PRODUCTIONS, FILMCONFECT, SKY, ORF E FILM HOUSE GERMANY

Distribuzione: ACADEMY TWO (2014)

Data uscita: 2014-02-27

TRAILER
NOTE
- DAVID GARRETT È ANCHE PRODUTTORE ESECUTIVO. VERONICA FERRES È CO-PRODUTTORE.
CRITICA
"A utilizzare il cinema per ritrarre un Paganini artista maledetto e dissoluto ci aveva già pensato Klaus Kinski, uno che se ne intendeva, con un film narcisisticamente intitolato 'Kinski Paganini', il suo ultimo film. Ora 'Il violinista del diavolo', senza badare ad allineamenti biografico-filologici (il 33ennne violinista David Garrett interpreta un Paganini già 48enne, e naturalmente i quasi 50 anni del 1830 erano ben diversi da oggi), abbraccia l'idea del virtuoso genovese posseduto dal diavolo. (...) Tanto debole da affidarsi a un losco manager (diremmo oggi) che gli ha comprato l'anima per conto del Maligno. Ma anche tanto vanitoso e capriccioso da prefigurare lo stereotipo della popstar assediata dalle ragazzine in delirio e dalla stampa a caccia di pettegolezzi, che sentenzia «non sono per molti, e non voglio che molti mi conoscano». II film divaga sulla tournée londinese che effettivamente Paganini effettuò all'inizio degli anni Trenta, tra successo e contrasti come per lui d'abitudine, subito prima di ritirarsi definitivamente in Italia. Veramente inutile." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 27 febbraio 2014)

"Paganini si ripete. Dopo le nefandezze del film di Kinski, il leggendario acrobata dell'archetto torna come proto-rockstar in un lavoro del regista di 'Amata immortale' (dedicato invece a Beethoven). Usare un divo pop del violino come David Garrett, interprete carismatico e allergico a ogni etichetta, era una grande idea. Ma il film ci si sdraia sopra cavalcando i parallelismi fra passato e presente con effetti ovvi quanto vistosi. E aggiungendo un sottotesto faustiano (il mefistofelico impresario Jared Harris) che anziché esaltare smorza la parte migliore: l'amore a sorpresa che sboccia tra il virtuoso senza virtù e la virginale figlia del suo ospite londinese (l'intonatissima Andrea Deck). Sicché il prevedibile terzetto degli eccessi - sesso, gioco e Stradivari - vampirizza il kitsch fino a svuotarlo. Un'occasione perduta." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 febbraio 2014)

"In realtà fu Tartini a scrivere la sonata 'Il trillo del diavolo', suggeritagli in sogno (si racconta) da un demone. Tuttavia le partiture spericolate, i salti di registro, l'incredibile virtuosismo di esecutore nonché l'intera sua personalità di dissipato giocatore, amatore e consumatore di droghe e alcool, fanno di Niccolò Paganini un ideale 'Violinista del diavolo', quale lo romanza il regista Bernard Rose nella sua fiaba faustiana. A essere poco diabolico è David Garrett che lo incarna: un musicista tedesco di bellezza languida e romantica, che riempie le platee internazionali mescolando classico e rock. Causa la sua scarsa espressività di attore, seguiamo Paganini nello scorcio finale di una tormentata esistenza, fra tournée turbolente e soprassalti artistici e sentimentali, senza molta convinzione. Ma quando suona, bisogna ammettere che il violinista Garrett (anche arrangiatore della colonna sonora) si impone per fascino e passione." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 27 febbraio 2014)

"Paganini finora non ha avuto fortuna con il cinema. Quella fama di posseduto dal demonio che da solo si era costruita grazie anche ai suoi terribili virtuosismi quando suonava il violino ha finito per metterlo al centro addirittura di film horror a partire persino dal titolo, 'Paganini horror', diretto in Italia nel'89 da Luigi Cozzi o firmati, sempre nell'89, da qualcuno come Klaus Kinski che con la sua vita e i suoi film aveva quasi sempre cercato di riferirsi a lui proprio come a una figura demoniaca. Con il film di oggi, tedesco e inglese, gli è andata un po' meglio, almeno dal punto di vista musicale, anche se il titolo, della versione italiana, tiene a mettere apertamente il diavolo in primo piano definendo appunto Paganini 'Il violinista del diavolo'. Quella del diavolo, comunque, nel corso della vicenda, è la figura più contraddittoria e sbiadita perché come unico riferimento, senza ricorrere a nessuna magia, ha quello del manager del violinista che, pur tentando di comportarsi un po' come Mefistofele con Faust e pur sciorinando battute ambigue e toni sospesi, finisce per attribuirsi solo la parte di un valletto pronto a ordire trame vendicative. Figura più logica invece, e anche più plausibile quella dello stesso Paganini seguito dai suoi esordi difficili fino ai più entusiastici trionfi europei, poi però coinvolto in una storia d'amore appassionata con la figlia di un suo impresario londinese che comunque non andrà a buon fine, procurandogli anzi, per le mene del valletto-manager, l'imputazione di corruttore di minorenni. Tutte queste figure hanno trovato il loro posto in un testo che l'inglese Bernard Rose (autore non a caso di film intitolati 'La casa ai confini della realtà' e 'Terrore dietro lo specchio') ha poi diretto in cifre (per lui) estranee al fantastico e con i modi invece di una biografia molto tradizionale non lontana da quelle solite proposte dalla TV. In questa ottica la regia si è mossa privilegiando gli sfondi nebbiosi di una Londra settecentesca e tentando di rievocarvi in mezzo il personaggio del protagonista i cui virtuosismi con il violino ha poi avuto il merito di affidare a un violinista esperto, il notissimo David Garrett che riesce a percorrere quasi tutto il film con le musiche di Paganini, anche le più impervie, osannate nella finzione da spettatori volutamente atteggiati, per entusiasmi frenetici, come i fans contemporanei di certe rockstars sulla cresta dell'onda. Fra l'altro è lui stesso a interpretare con virtuosismi autentici il grande violinista, di cui esegue le musiche molto meglio di quando poi, recitando, interpreta il personaggio. Ci si può però consolare ascoltando il DVD in cui esegue da tempo i divini concerti per violino di Mozart, il K218 e il 271, molto più affascinanti e coinvolgenti di tante composizioni di Paganini." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo - Roma', 27 febbraio 2014)

"'Niccolò Paganini? II Jimi Hendrix della sua epoca'. Parola del collega David Garrett, che porta sul grande schermo il virtuoso genovese ne 'II violinista del diavolo' (...). Il film è un polpettone in costume, con le luci rubate a un'esposizione di mobili, le inquadrature a 'Un posto al sole' e i dialoghi a Harmony, ma Garrett, un belloccio da 2,5 milioni di dischi venduti tra classica e crossover, mette a posto lo spartito: come Clint Eastwood, ha solo due espressioni (con il violino e senza), eppure con il suo Stradivari dà a Paganini quel che era di Paganini, il talento. Musica per le vostre orecchie: basta chiudere un occhio. Almeno uno." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 27 febbraio 2014)

"Paganini in versione rockstar, pur calato nella sua epoca, per mostrarci quanto sia ingestibile, allora come oggi, il talento nel quotidiano. Tra donne, denaro sperperato e stupefacenti, Paganini si affida ad un impresario che gli fa firmare un contratto capestro: fama eterna in cambio della sua anima. Il violinista del diavolo, appunto, ben impersonato dal musicista David Garrett. Sentirlo suonare vale il prezzo del biglietto; per il resto, siamo dalle parti del melò tv." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 27 febbraio 2014)

"Spiacerà a chi da decenni aspetta una biografia di buon livello del grande strimpellatore. Questa «story» diretta da Bernard Rose (responsabile una ventina d'anni fa di una delle più brutte versioni di 'Anna Karenina') riesce a essere peggio persino di quella puttanata gigante che fu il 'Kinski Paganini' con Deborah Caprioglio. Nemmeno l'attore è azzeccato. David Garrett strimpella certo più convincentemente dei suoi predecessori, ma senza violino è un uomo morto (insomma un interprete molto così così)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 27 febbraio 2014)