IL SOCIO INVISIBILE

ITALIA 1939
Un giovane uomo d'affari, ammogliato con prole, non riesce nelle sue combinazioni perché non trova credito. Quando gli capita l'offerta di un finanziere piuttosto imbroglione, perché si assuma il nome e la responsabilità di una speculazione alquanto losca, il giovane inventa l'esistenza di un suo socio. Questo socio a poco a poco, attraverso le abili fantasie dell'autore, ottiene - specialmente per la sua misteriosa invisibilità il credito del mondo finanziario e la fiducia dei risparmiatori. In breve il giovane si arricchisce. Ma la sua stessa creazione diviene il suo incubo. Tanto più che egli, una volta ricco abbandona la vita onesta e familiare per stringere relazione con la moglie del banchiere imbroglione. Giunto all'estremo della propria pazienza, vedendosi sempre preferito negli affari e altrove alla personalità suggestiva del suo socio inesistente, egli tenta di spiegare la verità; ma non è creduto. Allora finge la propria morte e, dopo avere incendiato gli uffici della sua società, si allontana con la famiglia verso una nuova vita.
SCHEDA FILM

Regia: Roberto Roberti

Attori: Licia D'Alba, Guglielmo Sinaz, Felice Romano, Egisto Olivieri, Clelia Matania, Clara Calamai - Moglie Di Prado, Mariella Lotti - Un'Educanda, Evi Maltagliati - La Diva, Carlo Romano - Prado, Sergio Tofano - L'Affarista In Borsa, Erminio Spalla - Il Colonnello Gradasso, Gemma Bolognesi, Jone Romano - La Direttrice, Giulio Alfieri, Vasco Creti, Mario Gallina, Fedele Gentile, Nicola Maldacea, Guido Celano, Virgilio Riento - Il Maggiore

Sceneggiatura: Guido Rispoli, Roberto Roberti

Fotografia: Massimo Terzano

Musiche: Umberto Mancini

Scenografia: Gustavo Abel, Alfredo Manzi

Durata: 85

Colore: B/N

Genere: DRAMMATICO

Tratto da: TRATTO DAL ROMANZO "IL MIO SOCIO DAVIS" DI GENNARO PRIETO

Produzione: SCALERA FILM

Distribuzione: SCALERA FILM

CRITICA
"Si potrebbe definire "Il socio invisibile" una farsa pirandelliana-formula che ha per lo meno il merito della novità-. (...) Il guaio della faccenda è proprio di essere pirandelliana: senza l'obbligo pirandelliano di andare verso il dramma. (...) ma purtroppo il film va malinconicamente a rotoli, sommerso in una inutile confusione. (...) Carlo Romano risulta in ogni modo il migliore della troupe. (...)". (Guglielmina Setti, "Il Lavoro", 2/4/1939).