IL SIGNORE DEL CASTELLO

JE SUIS LE SEIGNEUR DU CHATEAU

FRANCIA 1989
Il proprietario di un castello francese, Jean Brèaud, vedovo con un figlio decenne (Thomas), che molto ha sofferto per la perdita della madre, assume la signora Vernet, moglie di un disperso in Indocina, in qualità di governante. La donna arriva con un ragazzetto (Charles) coetaneo dell'altro ma, mentre tra il castellano e la Vernet si stabiliscono subito rapporti di simpatia, tra i due ragazzi cominciano le ostilità. Charles è buono, ma fiero, l'altro è altezzoso e considera il nuovo venuto più che un salariato, un suddito e lo accoglie scagliandogli in camera un grosso sasso; seguirà un corvo sanguinante, cacciato sotto le coltri. Poichè non sopporta di esser umiliato, nè che si irrida suo padre, scomparso o morto che sia, una notte Charles fa una escursione nel bosco, chiaramente per provocare Thomas, che in fondo è un tipo fragile, malgrado la sua burbanza sprezzante. Thomas lo segue, si sente smarrito e impaurito fra le rocce, per ritrovarsi in precaria situazione su di un tronco che sovrasta un torrente, dove finisce con il cadere. Charles lo salva e crede di aver messo le cose in chiaro, ma il perfido avversario non ci sta e, appena tornato al castello dall'ospedale (si è solo distorto una caviglia) offende Charles, dicendogli che la Vernet sta circuendo suo padre e mira con i baci ai suoi soldi. Sul nuovo venuto pende poi la minaccia del collegio (dove ambedue i ragazzi debbono entrare fra breve), poichè il "padroncino" già pregusta la gioia di vessazioni a non finire per Charles. Data la situazione creatasi, Madame Vernet decide di tornarsene a casa propria con il figlio. Thomas mette nella valigia di questi una busta con alcune migliaia di franchi, tanto per sdebitarsi, ma una volta di più per ferire l'altro. Mentre la madre consente, sia pure a malincuore, che Charles tenga per sè quell'inatteso denaro, purchè mai più si parli della famiglia Brèaud, il castellano, che ama Madame Vernet, incarica Thomas di riferirlo a lei, aggiungendo che li attende ambedue la domenica successiva con il treno del pomeriggio. Ma Thomas non dirà nulla in tempo, lo farà in ritardo. La Vernet rientra comunque con il figlio al castello: fra i due adulti ormai è l'amore, mentre i ragazzi si battono a duello con armi vere trovate in soffitta. Questa volta è Thomas ad avere la meglio, prima della partenza per il collegio. Ma Charles non ci andrà mai: egli si getta in mare dove affoga, mentre sulla spiaggia battuta dal vento Thomas, con qualche lacrima negli occhi abitualmente gelidi, invano chiama il suo compagno risucchiato via dalle onde.
SCHEDA FILM

Regia: Régis Wargnier

Attori: David Behar - Charles Vernet, Dominique Blanc - M.Me Vernet, Pascale Le Goff, Jean Rochefort - Jean Breaud, Regis Arpin - Thomas Breaud, Federic Renno

Sceneggiatura: Régis Wargnier, Alain Le Henry

Fotografia: François Catonné

Musiche: Sergei Prokofiev

Montaggio: Geneviève Winding

Scenografia: Jean-Jacques Caziot

Costumi: Elisabeth Tavernier

Durata: 88

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA

Tratto da: LIBERAMENTE ISPIRATO AL ROMANZO "I'M THE KING OF THE CASTLE" DI SUSAN HILL

Produzione: ODESSA FILM, A.A.A. PRODUCTIONS/YANNICK BERNARD

Distribuzione: ACADEMY PICTURES (1990) - PANARECORD

CRITICA
"Due bambini bravi a recitare (uno, Regis Arpin dai chiari occhi glaciali, fumosi e crudeli, persino bravissimo), per un film-quartetto tratto da un romanzo di Susan Hill, ambientato negli Anni Cinquanta, in cui gli adulti si amano e i futuri adulti si odiano, in cui differenze di classe, privazioni affettive, simmetrie e vocazioni a comandare o servire sono analizzate con sottigliezza antiquata ma intelligente, efficace. (...) Guardare i bambini come adulti, dotati delle stesse passioni e della stessa ferocia ma privi dei freni sociali e di quell'esperienza che rende meno brucianti le sensibilità, narrativamente non è certo nuovo. Lo studio delle psicologie infantili è tuttavia molto ben condotto: in particolare per la mescolanza di paura, odio, desiderio di essere accettato e di compiacere il più forte, che induce il figlio della governante a ripudiare e insultare sua madre; mentre il figlio del castellano è riscattato da un eccesso di schematismo nero dalla bravura dell'interprete. Jean Rochefort e Dominique Blanc sono come sempre eccellenti attori, ma personaggi secondari." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 18 Agosto 1990)

"Tra lenzuola insanguinate che volano dalle scale e sfide nei boschi fatati, intensi scorci paesaggistici e valzerini inebrianti, 'Il signore del castello' si propone come una partitura musicale che lusinga e allarma: gli interpreti adulti (Jean Rochefort e Dominique Blanc) disegnano con la giusta freddezza le sfumature della passione e della vedovanza, lasciando ai due stupefacenti bambini (Regis Arpin - Thomas e David Behar - Charles) il compito di dirci l'inferno che si annida nelle menti di quei dodicenni che, odiandosi, inseguono l'amore. Avviso per i genitori: 'Il signore del castello' non è esattamente un film per ragazzi, per cui, nel dubbio, consiglieremmo 'L'isola del tesoro' con Charlton Heston (sarà tradizionale ma fa crescere meglio)." (Michele Anselmi, "L'Unità", 13 Giugno 1990)

"Wargnier conosce l'arte di tagliare la suspense descrittiva della pagina in immagini sintetiche e in dettagli rivelatori, inserendonsi in una tradizione cinematografica che fa del paesaggio l'eco di tormenti inconsci (potrà venire in mente Murnau come il 'Picnic ad Hanging Rock' di Peter Weir). Nelle inquadrature c'è sensualità e metafora. Tra gli attori giovanissimi si avverte un acting che sembra andare oltre le istruzioni del regista, tra gli adulti Rochefort è impeccabile, la Blanc pilota il mediocre fascino per raggiungere momenti di sorprendente seduzione." (Silvio Danese, 'Il Giorno', 18 Agosto 1990)