I cinghiali di Portici

Rugby e minori a rischio nell'opera prima di Diego Olivares. Con uno sguardo pudico che non fa sconti

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ITALIA 2003
Un gruppo di ragazzi, ospiti di una struttura per il recupero di minori a rischio alla periferia di Portici, affronta, del tutto casualmente, il suo primo campionato di rugby. Uno sport che nessuno di loro ha mai praticato prima, su un pezzo di spiaggia alla periferia della città. Tutto comincia per seguire sia pur in maniera svogliata la passione per il rugby di Ciro, un operatore capitato lì dalla Sicilia con un passato da giocatore di buon livello. Ma in un posto così, non resta molto altro da fare che mettersi a giocare e la squadra dall'improbabile nome - " I cinghiali di Portici" - affronterà il campionato con la forza dei suoi giovani giocatori determinati ad affrontare la vita "sportivamente".
SCHEDA FILM

Regia: Diego Olivares

Attori: Ninni Bruschetta - Ciro, Carmine Borrino - Raimondo, Carlo Caracciolo - Angioletto, Vito Colonna - Mimmo, Michele Gente - Rocco, Carmine Paternoster - Rosario, Vincenzo Pirozzi - Tony, Claudio Russiello - Agostino, Pasquale Sangiovannni - Enzo, Donato Saviano - Massimo, Stefano Severino - Severino, Antonia Truppo - Monica, Alessandra Borgia - Anna, Gigio Morra - Vitiello

Soggetto: Diego Olivares

Sceneggiatura: Diego Olivares

Fotografia: Cesare Accetta

Musiche: Zabrinski

Montaggio: Giogiò Franchini

Scenografia: Antonio Farina

Costumi: Lilla Angelotti

Durata: 87

Colore: C

Genere: SOCIALE

Produzione: DONATELLA PALERMO PER ASP E VIP MEDIA

Distribuzione: ISTITUTO LUCE

Data uscita: 2006-07-07

NOTE
- HA COLLABORATO LA COMUNITA' "IL PIOPPO" DI SOMMA VESUVIANA E LA SOCIETA' SPORTIVA "ARZANO RUGBY".
CRITICA
"Un film aspro, ma non grezzo; partecipe, ma non pietistico; realistico, ma non sociologico. 'I cinghiali di Portici', scritto e diretto da Diego Olivares, magari non diventerà un cult-movie, ma certo non meritava la censura di mercato che lo fa uscire solo oggi e appena in due sale in tutta Italia a circa tre anni e mezzo dall'esordio al Torino Film Festival. Nel raccontare la parabola di un gruppo di ospiti coatti di una comunità di recupero per tossicodipendenti, spinti da un operatore carismatico a formare una valida squadra di rugby, l'autore riesce, infatti, a tenere in pugno ritmo e personaggi, a non trascurare un'idea di stile e a comunicare emozioni scevre di paternalismi assolutori. Lo sforzo più riuscito riguarda l'assemblaggio di un cast che amalgama attori, rugbisti e giovani reduci da dure esperienze di piccola delinquenza e grande emarginazione, riuniti a suo tempo nella comunità 'Il Pioppo' e portati a fondersi perfettamente nell'anima del film ben al di là della pantomima didascalica. (...) Olivares, sostenuto da fotografia e montaggio di sperimentate qualità, non cerca di abbellire i versanti sgradevoli della storia, a costo di farla sembrare a tratti ripetitiva e compiaciuta; quello che conta, però, è la sospensione di ogni (pre)giudizio esterno e la conseguente valorizzazione - integralmente cinematografica - di un percorso che potrebbe cambiare i destini di alcuni protagonisti, così come accompagnarli a un impatto devastante con la disillusione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 8 luglio 2006)

"Il primo film di Diego Olivares, dopo qualche corto e un documentario, ha il pregio della chiarezza di ambizioni. L'impalcatura drammaturgica è ricca di risonanze: film dove lo sport ha il valore di cartina di tornasole delle risorse umane e della capacità di resistenza di una comunità di persone disagiate. (...) Qui si tratta di una comunità di recupero per "minori a rischio", tossici o microcriminali. Il pensiero corre a un classico della grande e fragile stagione del "nuovo cinema" anni Sessanta, l'inglese "Gioventù, amore e rabbia" dove il riscatto dei ragazzi di un carcere minorile passava per la sfida podistica agli allievi di una scuola esclusiva e aristocratica. Originale è però l'adattamento che Olivares fa del topos che lo ispira. (...) Nell'agonismo s'esprimono tutte le sfumature possibili della tenacia e della lotta applicate a una dimensione precaria, temporanea, destinata a finire. E nel rispetto di uno sguardo senza illusioni, non ci saranno "momenti di gloria" per i ragazzi di Portici." (Paolo D'Agostini, "La Repubblica", 14 luglio 2006)